ROMA – È stata distrutta dal fuoco l’antica città tibetana di Gyalthang nello Yunnan, una meraviglia un tempo chiamata Dukezong e ribattezzata ufficialmente Shangrilà nel 2001. Scrive Ilaria Maria Sala sulla Stampa:
Il rogo, che si pensa abbia avuto origine in un piccolo albergo nelle stradine del centro storico, è durato più di otto ore e per il momento la responsabilità sarebbe stata attribuita a un «probabile» guasto nel sistema elettrico.
La città, parte della prefettura di Dequan nella regione Himalayana, è una delle principali mete turistiche della zona giacché si trova in un’area montana di grande bellezza e di cultura tibetana assai più facile da raggiungere per i visitatori di quanto non sia il Tibet propriamente detto, reso di difficile se addirittura non impossibile accesso dal perdurare delle forti tensioni politiche.
L’incendio è iniziato alle 1.30 di notte e per oltre otto ore i 2000 vigili del fuoco accorsi non sono riusciti a domare le fiamme: a complicare il loro lavoro, infatti, è stata l’architettura tibetana tradizionale con le sue strette viuzze in pietra ai bordi delle quali sorgono case quasi interamente in legno. In un inverno come questo, particolarmente secco per l’altipiano tibetano, le fiamme hanno trovato le condizioni ideali per divorare le antiche dimore, alcune delle quali risalenti al XV secolo. Del resto negli ultimi tre mesi ci sono stati almeno altri quattro incendi di una certa entità in zone himalayane tibetane, proprio a causa delle avverse circostanze climatiche.
Secondo l’agenzia di stampa cinese «Xinhua» le case distrutte a Shangrilà sarebbero più di duecento, ma non sono state diffuse notizie riguardanti eventuali feriti o persone morte in seguito al disastro.
Svanisce in fumo dunque un’antica città che conservava fra le mura delle sue abitazioni la memoria di un’architettura rara e preziosa, così come è andato in fumo anche parte di un mito molto più recente che aveva sedotto viaggiatori e turisti e aveva assicurato notevoli guadagni agli albergatori e agli operatori interessati a soddisfare il sogno di esotismo di vacanzieri cinesi e stranieri.
La decisione di cambiarne il nome ufficiale da Gyaitang Zong a Shangrilà, in riferimento al romanzo di James Hilton del 1933 «Orizzonti Perduti» e al successivo film di Frank Capra del 1937, ha infatti rapidamente messo la città nel circuito turistico dei «luoghi da vedere prima di morire», su un’onda orientalista ed esotizzante piuttosto indifferente alla realtà. Fin dalla sua comparsa nell’immaginario dei lettori di Hilton e degli spettatori di Capra, infatti, questa fantasia mezza tibetana ha goduto di un successo enorme e duraturo, accresciuto nel 1973 con il remake del film interpretato tra gli altri da Liz Taylor.
Hilton però, nel suo sognante romanzo, non forniva alcun dettaglio geografico preciso rispetto a dove si trovasse l’himalayana Shangrilà, il cui mistero topografico è parte integrante del fascino nostalgico di questo «orizzonte perduto». Non di meno, innumerevoli viaggiatori avevano cercato di identificare la città che avesse potuto ispirare lo scrittore, fino a quando Pechino ha deciso di mettere fine agli indugi e ribattezzare Gyaitang Zong Shangrilà.
Oggi che l’intero centro della città vecchia è stato inghiottito delle fiamme, Shangrila è davvero diventata un orizzonte perduto.