G8, Bersani-Renzi, DataGate e Beppe Grillo: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 19 Giugno 2013 - 08:19 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Intesa al G8 sui paradisi fiscali.” Il conto amaro della storia. Editoriale di Sergio Romano:

“La notizia proviene dal Qatar, vale a dire da un piccolo Paese straordinariamente ricco, divenuto in questi ultimi anni la potenza regionale che persegue i propri obiettivi internazionali con maggiore fantasia ed efficacia. I talebani hanno aperto un ufficio sul suo territorio e sono pronti a trattare la fine del conflitto afghano. A Washington e a Belfast, dove Barack Obama partecipa alla riunione del G8, la notizia è confermata. Vi sarà un negoziato e gli americani ne faranno parte insieme al governo di Kabul.
L’annuncio cade nel giorno in cui gli Stati Uniti e i loro alleati della Nato trasferiscono alle forze afghane il compito di garantire la sicurezza del territorio. In altre parole il negoziato comincia nel momento in cui la parte che si considera vincitrice abbandona un Paese che è in parte occupato dal nemico, in parte continuamente insidiato dai suoi attacchi terroristici. I trattati di pace, generalmente, si negoziano mentre il vincitore tiene saldamente nelle sue mani il controllo del territorio e può in qualsiasi momento interrompere le trattative senza perdere nulla di ciò che ha conquistato. In questo caso, invece, il vincitore negozierà mentre se ne sta andando. Può sempre tornare con i suoi droni e con le altre forze di cui dispone nella regione. Ma la partenza degli americani ha un valore simbolico che peserà sull’andamento del negoziato e sui suoi risultati.”

Una deriva rissosa figlia di un leader senza più strategia. La nota politica di Massimo Franco:

“Beppe Grillo è annunciato venerdì a Ragusa per sostenere il candidato sindaco del Movimento 5 Stelle. Ma, si fa sapere, non farà comizi: «Starà fra la gente». È un cambio di strategia comunicativa figlio probabilmente dei magri risultati elettorali di dieci giorni fa; e soprattutto dell’esigenza di attenuare l’eco negativa di quanto sta succedendo fra i parlamentari grillini a Roma. L’espulsione di Adele Gambaro per le critiche a Grillo dopo la sconfitta alle comunali, e l’altra in incubazione di Paola Pinna, però, non sono figlie dello scontro fra «puri e duri» e «dialoganti». La tensione e il nervosismo interno lasciano trapelare lo sbandamento di una forza senza politica.
Per paradosso, il problema è proprio il suo leader, non abituato a governare le difficoltà; e incline a reagire a qualunque critica esterna ma soprattutto interna, anche la più innocua, come se si trattasse di lesa maestà. Grillo ha vinto troppo presto, e troppo. E l’impressione è che sia rimasto sorpreso e spaventato dal successo ottenuto alle politiche di fine febbraio: un trionfo eccessivo rispetto alle sue capacità politiche. Il fatto che ieri il capogruppo al Senato, Nicola Morra, abbia escluso un referendum su di lui perché altrimenti «vorrebbe dire che è stato incoerente e contraddittorio», fotografa impietosamente la parabola in atto: un’involuzione litigiosa.
Può darsi che il referendum dei seguaci su Grillo non avvenga mai. Eppure si moltiplicano gli indizi di una deriva in fieri.”

Bersani va all’attacco di Renzi «Segretario scelto dagli iscritti». Scrive Tommaso Labate:

“Ovviamente alleggerisce la frase citando la formula «primarie aperte». Naturalmente precisa che «questo è quello che penso io, se poi non va bene alla maggioranza mi adeguerò». Ma il passaggio dell’intervento di Pier Luigi Bersani a Otto e mezzo dedicato all’elezione del prossimo segretario del Pd è di quelli che potrebbero innescare il timer dell’ennesima guerra contro Matteo Renzi. «Io sono perché si lascino aperti i circoli fino al voto, perché ci sia una campagna straordinaria che consenta a chi vuole di tesserarsi fino all’ultimo», scandisce l’ex leader. Ma «visto che dobbiamo scegliere un segretario di partito e non il candidato premier, allora secondo me devono votare solo gli aderenti al Pd».
Li chiama «aderenti», evitando accuratamente la parola «iscritti». Ma il senso è quello. In un colpo solo, insomma, Bersani non solo si oppone al pressing di chi, come Renzi, vorrebbe un voto aperto a tutti. Ma rifila un siluro implicito al «lodo» con cui D’Alema aveva sminato la discussione sull’automatismo tra leadership del Pd e premiership del centrosinistra. Per l’ex numero uno del Nazareno, insomma, la confusione tra i due ruoli non può esserci. Si elegge un segretario e lo dovranno eleggere gli iscritti. Punto.”

Il Brasile in rivolta contro i Mondiali 400 mila in piazza. Articolo di Rocco Cotroneo:

“Sono in tanti, in tutte le grandi città, come il Brasile non ne vedeva da decenni, dal tramonto della dittatura militare e poi impeachment del primo presidente eletto, Fernando Collor (1992). Marciano per ore con calma e allegria, poi le solite frange incappucciate da corteo approfittano di forze dell’ordine poco allenate alla piazza, e passano al vandalismo. Impressionanti le immagini dei Parlamenti statali di Rio de Janeiro e San Paolo invasi, tra molotov, auto bruciate, lacrimogeni e botte di risposta. Suggestivo ma innocuo l’assalto al Congresso nazionale a Brasilia, con centinaia di ragazzi che scalano il tetto, si piazzano tra le cupole disegnate da Oscar Niemeyer per la capitale del futuro, come fossero sul muro di Berlino nel 1989.
È che in Brasile, d’improvviso, un muro sta davvero crollando, ed è quello dell’apatia e della rassegnazione: non è vero che va tutto bene, che il risveglio del gigante addormentato, nuova potenza mondiale, sta facendo bene a tutti. I detonatori della protesta sono relativi: pochi spiccioli di aumento del biglietto dell’autobus; l’aumento dell’inflazione; le spese per i grandi eventi sportivi, la Confederations Cup in corso, poi i Mondiali e le Olimpiadi. Ma c’è molto d’altro. La miccia dei ritocchi a San Paolo è stata paragonata agli alberi di Gezi Park a Istanbul; e simili sono i richiami alle primavere di altre parti del mondo, come la mobilitazione attraverso le reti sociali. Ma i problemi sono molti e seri. Il trasporto pubblico nelle grandi città brasiliane è uno scandalo: caro, inefficiente e addirittura pericoloso. «Prezzi tedeschi e servizi cubani», come era scritto in un cartello.”

La prima pagina de La Repubblica: “Siria, 50 italiani con i ribelli.”

La Stampa: “Usa-taleban, tavolo di pace.” Gli ostacoli che restano sul percorso. Editoriale di Gianni Riotta:

“Ogni studente di politica estera impara presto la massima tragica «Afghanistan, cimitero degli Imperi», perché tra quelle giogaie innevate, valli pietrose e villaggi remoti, fierissime popolazioni di guerrieri hanno respinto nei secoli invasioni di Persiani, Greci, Arabi, Turchi, Mongoli, Inglesi e Russi. Ma ogni mito, prima o poi, perde il magico potere: così l’annuncio che dopo 12 anni di guerra tra la Nato e i talebani si avvia finalmente un negoziato di pace a Kabul, non risolverà d’incanto la difficile situazione del Paese, ma già esorcizza lo spettro del passato. Nessun «Impero», stavolta, verrà sepolto in Afghanistan.

Per oltre due anni, con riserbo e senza riflettori, intorno a Doha, in Qatar, ambasciatori occidentali e arabi ed emissari dei capi talebani hanno intessuto un difficilissimo negoziato, provando a chiudere la guerra aperta con l’invasione Nato del 2001 a caccia di Osama bin Laden, quando, per la prima volta, la storica alleanza della Guerra Fredda si batté in campo. Il portavoce talebano Mohammed Naim anticipa il primo passo, limitare all’Afghanistan le pretese di influenza degli estremisti religiosi, dichiarandosi neutrali negli altri Paesi.”

L’Uomo Albero. Il ‘Buongiorno’ di Massimo Gramellini:

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“Alle sei della sera il coreografo e ballerino Erdem Gunduz è arrivato in piazza Taksim a Istanbul, si è fermato davanti al ritratto del padre della Turchia laica Atatürk ed è rimasto lì. Immobile e muto come un albero. La sua scelta silenziosa ha fatto un rumore pazzesco. Prima di mezzanotte intorno all’Uomo Albero era cresciuta una foresta. Giovani, adulti, vecchi, bambini: tutti immobili e muti, le braccia rilasciate lungo i fianchi ma lo sguardo alto, persino fiero, a testimoniare una resistenza che rifuggiva la violenza, anche quella verbale.”

Datagate, la difesa della Casa Bianca “Sventati oltre cinquanta attentati”. Dall’inviato Paolo Mastrolilli:

“Oltre cinquanta attentati, molti dei quali in Europa, sono stati sventati grazie ai controlli dei programmi denunciati nel «Datagate». Non solo: se questi strumenti di sorveglianza su Internet e i telefoni fossero stati in funzione nel 2001, gli attacchi dell’11 settembre alle Torri Gemelle e al Pentagono non sarebbero mai avvenuti. È drammatica la controffensiva lanciata dal governo americano, dopo le rivelazioni della «talpa» Edward Snowden sullo spionaggio della National Security Agency, e punta a togliere ogni argomento ai critici.

Il teatro della difesa è stato l’House Intelligence Committee, ossia la Commissione sui servizi segreti, che ieri ha tenuto un’audizione sul tema. Il terreno era favorevole all’amministrazione, già a partire dal titolo dell’incontro: «Come i programmi della Nsa rivelati proteggono gli americani, e perché la loro diffusione aiuta i nostri nemici». Repubblicani e democratici d’accordo, per una volta.”

Il Fatto Quotidiano: “Così smantellano la Rai.” I grullini. Editoriale di Marco Travaglio:

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“Fino a due mesi fa, all’indomani della candidatura di Rodotà al Quirinale e del conseguente suicidio del Pd che si riconsegnò nelle mani del suo peggior nemico (Napolitano) e del sottostante governo-inciucio Letta-Berlusconi, tutti i partiti lavoravano indefessamente per il Movimento 5 Stelle. Dopo averlo creato dal nulla, ignorando tutte le battaglie di Grillo e dei suoi ragazzi e rinchiudendosi nel sarcofago in attesa che passasse ‘ a nuttata, l’avevano pasciuto e ingrassato demonizzandolo e facendolo linciare da tv e giornali al seguito. E con le presidenziali e il governo-vergogna l’avevano trasformato nel punto di riferimento della base del Pd in dissenso coi vertici che avevano resuscitato un’altra volta un Caimano morto e sepolto. Poi, proprio mentre l’inciucio confermava platealmente dieci anni di campagne grillesche contro “Pdl e Pdmenoelle”, il nastro s’è riavvolto a ritroso. Complice, certo, la disinformazione e la memoria corta degl’italiani. Ma soprattutto colpa del M 5 S che, da lepre inafferrabile, s’è trasformato in inseguitore trafelato. E ha preso a lavorare indefessamente per i partiti, facendo dimenticare tutte le magagne della politica politicante che a febbraio avevano spinto 9 milioni di italiani a mandarla al diavolo. Un suicidio di massa coronato dalla geniale operazione Gambaro. Intendiamoci: cacciare, o far cacciare dalla “rete”, una senatrice che ha parlato male di Grillo, manco fosse la Madonna o Garibaldi, è demenziale, illiberale e antidemocratico in sé.”

Il Giornale: “Tasse, si apre un varco.” Editoriale di Alessandro Sallusti:

L’immagine dell’Italia rancorosa,invidio­sa e succube è tutta nella faccia e nelle parole di Enrico Mentana. Il direttore del Tg7 ieri sera ha aperto il telegiornale annunciando una presunta retromarcia di Berlusco­ni sulla proposta di rompere i vincoli europei che stanno strangolando i Paesi. Col sorriso di chi la sa lunga, il direttore ha usato espressioni del tipo: Berlu­sconi è sceso a più miti consigli, come sua abitudine a circoscritto la sparata, e cose simili. A cosa Mentana si riferisse non è noto.Non c’è traccia di retromarcia. Semmai ieri Berlusconi ha ribaditoil concetto preci­sando che non è questione di uscire dall’Europa o dal­l’Euro, come qualcuno ha malamente interpretato le sue parole, ma stare dentro a condizioni accettabili, con o senza il consenso della Germania. E dire che ba­stava leggere le agenzie: da Schultz (presidente del­l’Europarlamento non certo amico di Berlusconi do­po la querelle sul kapo) a Mario Draghi (presidente della Banca centrale europea) al premier inglese Ca­meron, e persino Obama hanno invece sostenuto, pur senza citarlo, che la ricetta Berlusconi è percorri­bile e addirittura auspicabile: meno rigore, vincoli più blandi per favorire la ripresa.

Di questo, ovviamente, nei servizi del Tg7 non c’è stata traccia.Ormai Mentana è il megafono dell’anti­berlusconismo militante. I suoi ascoltatori non arri­vano a fine mese? E chi se ne frega,l’importante è dire ogni sera che Berlusconi è un vecchio pazzo. Se non ricordo male il genio Mentana,all’inizio della campa­gna elettorale aveva annunciato: da stasera cambia­mo il modo di presentare i sondaggi perché ormai è chiaro che il Pdl è fuori gioco e la partita è tra il Pd e i centristi di Monti.Complimenti per l’intuito,diretto­re. Tra qualche tempo, non molto credo, una sera ci spiegherà che finalmente, su proposta di Letta, l’Eu­ropa ha accettato che l’Italia sfori i parametri-cap­pio, cosa per altro già avvenuta in passato senza drammi per la Francia e la Germania. Perché così an­drà a finire, perché così pensa la maggioranza degli italiani ai quali Berlusconi ha il coraggio di dare voce.”

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