Germania, trionfo Merkel; Napoli e Roma in testa: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 23 Settembre 2013 - 09:33 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Germania, Merkel stravince. La Stampa: “Trionfo senza precedenti per Angela Merkel al voto ieri in Germania: la Cancelliera fa volare la Cdu-Csu al 42,7%, quota massima dalla riunificazione, ed è vicina alla maggioranza assoluta. La Spd si ferma al 25,6%. Fuori dal Bundestag i liberali, per la prima volta dal 1949. Gli anti-euro sfiorano la soglia del 5%. La Cancelliera, confermata per un terzo mandato, esulta: è un risultato straordinario.”

Merkel, le mani sulla Germania. L’articolo a firma di Alessandro Alvani:

“La strategia di puntare tutto su Angela Merkel ha funzionato: secondo le proiezioni la Cdu/Csu ha ottenuto circa il 42% dei voti alle elezioni di ieri in Germania, sfiorando così la maggioranza assoluta. Un trionfo: l’«Union» supera i sondaggi della vigilia, guadagna oltre l’8% rispetto al 2009 e centra il miglior dato dal 1990. «È un super risultato», ha commentato Merkel. Delusione, invece, nelle file della Spd. I socialdemocratici si fermano al 25,6%: crescono sì del 2,6%, ma devono accontentarsi del secondo peggior risultato nel dopoguerra dopo il tracollo del 2009. Il loro candidato cancelliere, Peer Steinbrück, viene sconfitto persino nel suo collegio elettorale da una candidata della Cdu. Dramma per la Fdp: i liberali, finora partner di coalizione di Merkel a Berlino, crollano al 4,7% (all’incirca dieci punti in meno di quattro anni fa), si fermano sotto lo sbarramento del 5% e restano così per la prima volta fuori dal Bundestag, un evento di proporzioni storiche. Tanto il il leader del partito Philipp Rösler, che ha parlato del momento «più amaro e triste nella storia dei liberali», quanto il capolista nazionale Rainer Brüderle si sono assunti la responsabilità del risultato.”

FenoMerkel. L’articolo a firma di Tonia Mastrobuoni:

“Presidente Monti, cosa pensa di queste elezioni? «La cancelliera è riuscita a dare l’impressione di coerenza, continuità e buonsenso. Ha rassicurato i cittadini tedeschi, che la amano perché è affidabile. Per un Paese che la ama stabilità, se il messaggio principale è che non ci saranno sorprese, ai tedeschi piace».

Sembra che si stia profilando una Grande coalizione con la Spd. Cosa vuol dire per l’Europa? «Io credo che nel caso di una Grande coalizione, in Europa ci possiamo aspettare dei miglioramenti. Finora gli alleati erano i liberali, che tuttavia non sono più la Fdp di vent’anni fa, cioè un partito che ha sempre garantito un pieno sostegno pieno all’integrità europea; la Fdp attuale ha spesso ostacolato le politiche europee. Se ci sarà una grande coalizione mi aspetto degli avanzamenti, nell’integrazione europea. Un altro aspetto molto positivo per l’Europa è che le elezioni saranno alle spalle anziché davanti…»

Sarà una Germania più «morbida»? «Sarà una Germania sempre ferma e con una rotta chiara, ma un po’ più rilassata, anche sulla compatibilità tra il ruolo di leadership in Europa e il rapporto con i cittadini tedeschi. La cosa più interessante di questi ultimi anni di governo Merkel sono stati i passi in avanti sull’integrazione europea, ma senza creare un gap con l’opinione pubblica interna».”

Saccomanni: “Ora verità e non slogan”. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“L’incertezza politica è tale, che il ministro dell’Economia si domanda se abbia senso raschiare il fondo del barile per far fronte alle pretese dei partiti, del centrodestra in particolare. La sua tentazione, confidata al «Corsera», è di salutare tutti quanti: se insistessero a ossessionarlo con le richieste, lui potrebbe dimettersi. Motivo immediato del contendere è l’aumento dell’Iva, che dovrebbe scattare dal 1 ottobre e Saccomanni considera parecchio difficile da evitare. Gradirebbe dalla maggioranza una «tregua» pure sull’Imu, in modo da affrontare la questione nella legge di stabilità. Ma ciò che più amareggia il ministro, palesemente a disagio nel suk della politica, è «il sentirsi dire in privato una cosa, specialmente da Alfano, e ascoltare poche ore dopo in pubblico l’esatto contrario». Il «tecnico» Saccomanni si rende conto che un po’ di gioco delle parti è inevitabile, ma a suo avviso qui si esagera, e lui esasperato non ci sta…”

“Ci lasciano soli a difendere la stabilità del Paese”. L’articolo a firma di Carlo Bertini:

“Avete convinto Saccomanni a ritirare le dimissioni. E come? «Mi sembra che abbia solo fatto capire uno stato d’animo più che comprensibile, perché un ministro tecnico che ha messo in campo la sua credibilità personale coi partner europei soffre a vedere la distanza tra le richieste politiche e la durezza dei numeri».

Non siete in grado di mettere a freno le pretese di partiti che sembra non vedano l’ora di divorziare e andare a votare. O no? «Il Pdl fa le sue richieste come legittimo, ma altra cosa è dire tutti i giorni, “o fate così o cade il governo”. Anche il Pd fa le sue critiche ma non solleva mai minacce. Ma ora basta, perché sembra che il problema della vita del governo sia di chi ne fa parte ed è una cosa offensiva. Dunque ora c’è bisogno di fatti: ci sono scadenze, come la scelta sull’Iva e il rifinanziamento delle missioni all’estero, il 30 settembre, due nodi da sciogliere entro questa settimana. Il rientro al 3% del deficit è un impegno del governo nella sua collegialità, irrinunciabile. La priorità è quella e poi faremo tutti gli interventi nel 2013 compatibili con questo obiettivo».”

Il Papa: “Lavoro, basta con i Ponzio Pilato”. L’articolo a firma di Giacomo Galeazzi:

“Una «trasferta di lavoro» che vale un’enciclica sociale. Francesco conquista la Sardegna mescolando disoccupazione e Vangelo, crisi finanziaria e ricordi familiari. Indossa il caschetto degli operai dell’Alcoa e scandisce l’invocazione «lavoro, lavoro» che si leva dai 350mila fedeli che per l’intera giornata lo acclamano portavoce del disagio dell’isola mentre i fischi sommergono politici e autorità. Tanti pellegrini hanno dormito in strada per esserci, nessuno è rimasto deluso dal «ciclone Bergoglio» che ha entusiasmato la «meglio gioventù» e travolto i «Ponzio Pilato» della classe dirigente: “Difendiamoci dai parolai avidi e dalle facili promesse di vita facile che poi non si compiono». Il lavoro fonte di dignità e vita, contro i gruppi di potere che disinteressandosi al bene comune hanno causato la crisi economica globale. Lavoro per tutti, ma che sia degno, non da schiavi, che tuteli il riposo e il creato. Lavoro è la parola d’ordine del Papa nel suo viaggio a Cagliari, sollecitato dalla drammatica situazione economica dell’isola in cui l’indice di povertà relativa è doppio rispetto al dato nazionale, la metà dei giovani sono senza lavoro e le richieste di aiuto ai centri Caritas aumentano in modo esponenziale e riguardano cibo o denaro per pagare bollette e bombole per scaldarsi. «Francesco non ruba la scena a noi sindacalisti, anzi rafforza le nostre battaglie sull’Alcoa come in mille altri stabilimenti- commenta il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni-. Ora nessuno potrà più dire di non sapere. Il Papa ha l’esperienza delle ingiustizie sociali dell’America Latina e la sua analisi economica è impeccabile. Senza intervenire sulle cause (servizi, burocrazia, infrastrutture, costi dell’energia) non si esce dalla crisi: Francesco rimane l’unica autorità mondiale a contrastare la mostruosa deriva che trasforma il lavoro in merce e semina macerie nelle democrazie nazionali».”

La vittoria storica di Angela Merkel. Il Corriere della Sera: “Elezioni tedesche, storica vittoria di Angela Merkel che supera il 41% e sfiora la maggioranza assoluta: è il terzo mandato per la Cancelliera. Cedono i liberali, le forze anti-euro restano fuori dal Parlamento per pochi voti.”

Angie si lascia andare e ringrazia il marito: «Ha sopportato molto». L’articolo a firma di Paolo Lepri:

“In tutta la vita non ha mai sorriso così a lungo e in modo tanto gioioso. Angela Merkel, 59 anni, era veramente il ritratto della felicità quando ieri sera ha ringraziato i tedeschi della enorme fiducia che le è stata accordata. Desiderava continuare per altri quattro anni un lavoro che fa «volentieri». È stata accontentata. La Germania ha scelto lei, facendo tornare la Cdu, grazie al «traino» della sua leadership, una forza politica senza concorrenti nello scenario nazionale ed europeo. La sua popolarità è destinata a non essere più anche un mistero ma a diventare un fenomeno storico «Siamo davvero entusiasti, è un risultato super», ha detto aspettando pazientemente la fine degli applausi e delle acclamazioni. Giacca blu e pantaloni neri, una collana più sobria di quella «patriottica» indossata il giorno del duello televisivo con il suo rivale socialdemocratico Peer Steinbrück, è entrata quasi in anticipo nella grande sala del Konrad-Adenauer Haus, il quartier generale un po’ avveniristico ai margini del Tiergarten, tutto vetrate ed angoli acuti, dove i cristiano-democratici avevano organizzato la loro serata elettorale. E non arriverà lontana, alla fine della prossima legislatura proprio dal ruolino di marcia di quell’uomo severo che governò la Germania per quattordici anni, dal 1949 al 1963 e a cui la sede della Cdu è dedicata. Prima di Adenauer c’è però Helmut Kohl, che rimase al potere di più, e che forse verrà ricordato nelle enciclopedie del futuro non solo per aver riunito la Germania ma anche per aver scelto proprio la ragazza venuta dall’Est.”

Il guizzo letale di Pipita. Tra le facce di Mario prevale quella sbagliata. L’articolo a firma di Arianna Ravelli:

“Il ragazzo se ne sta seduto in mezzo al campo, un minuto a dondolarsi sui talloni, con tutto il peso del mondo sulle spalle. Il gioco è altrove, come i riflettori. Seguono per esempio quella faccia un po’ così di Gonzalo Higuain, dominata dal nasone che gli vale il soprannome pipita (la pipa), e per nulla rovinata dal maldestro tuffo sul trampolino nelle acque di Capri: è al terzo gol in campionato (quattro in totale), ed è la faccia del protagonista. Una rete bellissima, un guizzo letale che vale il raddoppio del Napoli (e una vittoria in casa dei rossoneri dopo 27 anni), è una di quelle scene cult che aiutano a essere ricordati, un po’ come dire «Mi chiamo Bond, James Bond». Solo che l’allenatore Massimiliano Allegri aveva preparato un altro copione, con attori diversi. «Mario deve decidere se vuole fare la comparsa o il protagonista». Ecco che il ragazzo ai margini, che si dispera a centrocampo sembra aver dato, involontariamente, la risposta. Il fatto è che alla ventiduesima volta Mario sbagliò. La prima da quando è diventato professionista. A forza di analizzare, scomporre, vivisezionare quei benedetti tiri dal dischetto, imparabili perché la freddezza, l’attesa, il passo rallentato, il tiro potentissimo…, è arrivato l’errore su rigore: Reina è bravo a intuire, a Balotelli manca la solita cattiveria, la partita che si poteva riaprire resta con il Milan inchiodato dalla furia allegra degli uomini di Benitez. L’ultimo portiere che era riuscito a fermare Mario si chiama Omar Rossetto, la partita era Lumezzane-Cittadella. Altri tempi. Niente riflettori, allora.”