Giorgio Napolitano “non monita” più e Marco Travaglio si chiede perché

Pubblicato il 26 Gennaio 2014 - 12:01 OLTRE 6 MESI FA
Giorgio Napolitano "non monita" più e Marco Travaglio si chiede perché

Marco Travaglio: perché Giorgio Napolitano non monita più?

L’ormai lungo silenzio, da Capodanno, di Giorgio Napolitano provoca l’attenzione di Marco Travaglio, che parte bene, in polemica con Matteo Renzi, per poi lasciare quel filone di invettiva e entrare nel più complesso campo del bene assoluto rappresentato non dalla magistratura ma dai magistrati.

“Da Capodanno Re Giorgio [Napolitano, presidente della Repubblica] non monita. Non era mai accaduto in quasi otto anni che tenesse la bocca chiusa per 25 giorni di fila.

“Dev’essere successo qualcosa, gli osservatori s’interrogano pensosi. […] Forse la spiegazione è semplice:  i moniti sono diventati inutili perché il potere s’è napolitanizzato col monito automatico. Renzi era partito annunciando che Napolitano poteva continuare a fare il capo dello Stato e – visto che Letta non ha nulla in contrario – anche del Governo, ma il segretario del Pd voleva farlo lui. Poi però, appena incontrato Berlusconi, è corso a informare “il Colle” e non passa giorno senza che mandi la Boschi a riferirgli sullo stato di avanzamento lavori della legge elettorale, non si sa bene a che titolo”.

 

Qui si passa all’altro capitolo:

Giuliano Ferrara, che fino all’altroieri tuonava contro il Quirinale per la mancata grazia al padrone pregiudicato, strepita ogni giorno contro le intercettazioni di Riina con la scusa di “difendere Napolitano” (e naturalmente B.) da non si sa bene cosa, né come, né perché. Ieri il Foglio era tutto un pullulare di corazzieri vecchi (Violante) e nuovi (Sofri) allarmatissimi perché Riina parla e nessuno gli mette la museruola o il silenziatore.

Violante, scrive Marco Travaglio,

“ha campato per anni su un’esternazione di Riina dalla gabbia di un processo nel ’94, quando Totò ‘u Curtu lo nobilitò come eroe e icona dell’antimafia insieme a Caselli e Arlacchi: “I Casella, i Violanta, gli Allacche… sono comunisti che portano avanti un disegno… Il nuovo governo si deve guardare dagli attacchi dei comunisti”. Il nuovo governo era presieduto da B. e Violante, appena costretto a dimettersi dall’Antimafia per una sfortunata intervista a Minzolini, fu ben lieto che Riina parlasse”.

“Notevole pure Adriano Sofri, che solidarizza con i colleghi detenuti e con il presidente della Cassazione Giorgio Santacroce, già commensale di Cesare Previti, che ha mandato in sollucchero Napolitano con l’appello all’amnistia e all’indulto per scarcerarne 30 mila; ma versa una lacrimuccia anche per i poveri mafiosi in isolamento, vittime dello “spirito vendicativo” di chi vorrebbe ripristinare un serio 41-bis dopo le voragini aperte in vent’anni di trattative Stato-mafia.

“L’apoteosi del monito automatico si verifica però a Palermo, dove il presidente della Corte d’appello fortunatamente prossimo alla pensione, Vincenzo Oliveri, parla come se lavorasse a Bolzano. Infatti non dice una parola in difesa dei magistrati siciliani minacciati da Cosa Nostra o addirittura condannati a morte da Riina. In compenso si profonde in ampi inchini e salamelecchi a Sua Altezza Reale: “Abbiamo un debito di riconoscenza nei confronti del capo dello Stato, per cui quando s’è tentato di offuscare la sua immagine con il sospetto di sue interferenze in un grave procedimento in corso qui a Palermo, i nostri giudici li hanno dichiarati da subito totalmente infondati”.

“Riconoscenza per avere delegittimato i pm che indagano sulla Trattativa trascinandoli alla Corte costituzionale? O per aver accampato scuse puerili per non testimoniare al processo? Sospetti di interferenze infondati malgrado le telefonate in cui D’Ambrosio diceva a Mancino che il presidente sarebbe intervenuto su Grasso e aveva scritto al Pg della Cassazione per assecondare le proposte indecenti dell’ex ministro inquisito? E in che senso sarebbe “grave” il processo sulla trattativa? Se i capi delle toghe sono tutti così, sfido io che Sua Maestà non monita più: gli obbediscono prima ancora che dia gli ordini”.