“Gli italiani non si fidano più dei magistrati”, Stefano Zurlo sul Giornale
Pubblicato il 12 Dicembre 2013 - 10:59 OLTRE 6 MESI FA
ROMA – Sono lontani i tempi di Mani pulite: un’indagine di “Ballarò” rivela che il gradimento delle toghe è in netto calo. I cittadini adesso preferiscono imprenditori e religiosi.
Scrive Stefano Zurlo sul Giornale:
Una volta avrebbero stravinto. Oggi invece devono accontentarsi del gradino più basso del podio. I magistrati sono terzi nella scala della fiducia: al top nella scala della fiducia ci sono gli imprenditori, poi gli uomini di Chiesa, quindi le toghe. Ai tempi di Mani pulite la classifica sarebbe stata diversa: le toghe alla Di Pietro erano acclamate come calciatori da copertina. Erano un modello per gli italiani, erano osannati, applauditi in mezzo alla strada, invitati come star a convegni e dibattiti. Nella stagione di Tangentopoli, la folla cominciò a radunarsi sotto le finestre del Palazzo di giustizia di Milano e a scandire i nomi dei pm del Pool con affetto e venerazione: «Di Pietro/Davigo/Colombo/andate fino in fondo». Gli slogan erano tutti per loro e un imputato, forse affetto da una sorta di sindrome di Stoccolma, si presentò addirittura in procura con una maglietta eloquente: Mani pulite team .
L’Italia pendeva dalle labbra dei magistrati e del resto c’è stato un periodo storico, grossomodo quello di Mani pulite, in cui il crocevia della politica italiana era il quarto piano del palazzo di Porta Vittoria, con i suoi lunghi corridoi dechirichiani. I sondaggi davano i politici in caduta libera, esattamente come oggi, e i magistrati in testa alle misurazioni della credibilità, della stima, potremmo dire della fede degli italiani. Risultato: ci fu perfino il boom delle iscrizioni a legge, perché la nuova generazione vedeva nell’ingresso in magistratura la realizzazione di un sogno.
Alla domanda «In chi hanno fiducia gli italiani?»,seguono risposte molto interessanti per documentare l’evoluzione della nostra sensibilità e delle nostre aspirazioni. Al primo posto ecco gli imprenditori, con il 22 per cento. Li tallonano gli uomini di Chiesa con il 19 per cento e poi finalmente i magistrati, al 14 per cento. Le toghe vengono precedute dalla tonache e dalle grisaglie. Dietro, sbucano i giornalisti, all’8 per cento, e poi ancora i sindacalisti che strappano un modesto 6 per cento. I politici, invece, annaspano in fondo con un catastrofico 2 per cento. Del resto la conversazione media, da bar o da scompartimento del treno, prende sempre di mira i politici, ovvero la casta nella sua espressione peggiore, fra scandali, ruberie, sprechi. Gli italiani detestano il Palazzo, ma non premiano più la corporazione togata (…)