Governo in bilico, Pdl, Iva, Serie A: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 30 Settembre 2013 - 09:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Letta: in Aula per la fiducia. La Stampa: “Pdl nel caos, i ministri dimissionari si ribellano: no a un partito estremista Il premier cerca i voti del centrodestra: “Per loro è un momento di svolta”.

Mercoledì in Aula il premier chiederà fiducia fino al 2015. L’articolo a firma di Antonella Rampino:

“Tre decisioni prese in un’ora e venti di colloquio al Quirinale, tra Giorgio Napolitano ed Enrico Letta: verifica in Parlamento, con voto di fiducia, mercoledì mattina prima al Senato e poi alla Camera; discorso per un rilancio dell’azione di governo fino al 2015; e, soprattutto, Letta non si presenterà dimissionario. Del resto, «come faccio a dimettermi io, se non si capisce nemmeno se i ministri si son davvero dimessi?». E questo perché, nonostante il fax che almeno Gaetano Quagliariello giura di aver spedito, le dichiarazioni di dissenso che accompagnano la rinuncia al dicastero sono tante e tali da contraddire sostanzialmente il gesto. Compreso Angelino Alfano che ora dice di sentirsi «diversamente berlusconiano», e chissà cosa vuol intendere.

Tutto come previsto, si dirà, compreso un certo piglio tra presidente e premier nell’affrontare una crisi che, non fosse che mette a repentaglio l’Italia e anche a rischio di nuovo la zona euro e la zona dollaro -come ieri rilanciavano i giornali di tutto il mondo avrebbe non pochi tratti di stramberia. A cominciare da Silvio Berlusconi, che dopo aver tuonato come un’Erinni terremotando il governo, il Parlamento e le istituzioni tutte, ieri a metà pomeriggio -con un comunicato- asseriva di esser pronto «a votare tutto, legge di stabilità, provvedimenti economici…». Ma come, hanno udito sospirare in fine giornata un esterrefatto ed estenuato Giorgio Napolitano, «ora vuol votare tutto? Il problema con Berlusconi è ormai che le sue intenzioni cambiano più volte al giorno…». E anche per non seguire il pendolo berlusconiano, da tempo Napolitano e Letta hanno stabilito di non mutare di una virgola le rispettive agende: si va avanti lavorando per il Paese. Lasciando ad altri, per così dire, il monopolio dell’ammuina.”

“Stabilità? Un imbroglio No ai traditori, si voti”. L’articolo a firma di Mattia Feltri:

“Se il governo cade, come pare inevitabile, sarà soltanto un bene perché la stabilità «è un imbroglio, come era un imbroglio lo spread». L’innovativa analisi è stata offerta ieri sera da Silvio Berlusconi a Studio Aperto , a cui ha concesso un’intervista nella fausta circostanza del suo settantasettesimo compleanno. Durante la Prima Repubblica, ha continuato il capo di Forza Italia, «quando cadeva uno dei governi che duravano in media undici mesi, l’economia funzionava benissimo, aumentava la produttività, il Pil». Gli imprenditori erano felici perché «per tre o quattro mesi, ci dicevamo fra di noi, non c’è più un governo che possa farci danni». E difatti sanno tutti che «il massimo che i governi possano, in un’economica moderna, è non fare troppi danni». Certo, ci sono stati tempi in cui Berlusconi considerava «la stabilità la chiave del successo», come disse in un’indimenticabile conversazione col New Yorker nel 2003; e già durante la campagna elettorale del 1994 prometteva di invertire quell’andazzo primorepubblicano del turn-over. Diventò un motivo di vanto: «Quando sono entrato in carica ho trovato un Paese che non contava niente: il solo fatto che i governi duravano undici mesi in media aveva portato l’Italia a non contare», disse in una delle tante conferenze di fine anno. E l’autorevisione è senz’altro recente, poiché dieci giorni fa, alla inaugurazione della sede di San Lorenzo in Lucina, Berlusconi aveva precisato che «una crisi ora sarebbe destabilizzante e la stabilità è un bene».”

Strappo dei ministri: Forza Italia estremista. L’articolo a firma di Marco Bresolin:

“«In Italia c’è un partito che fa le primarie anche se deve scegliere tra l’acqua naturale e quella frizzante, poi ce n’è un altro in cui si ritrovano in cinque a pranzo e decidono di far cadere un governo. Ecco, io vorrei una via di mezzo». Gaetano Quagliariello spiega così, a un gruppetto di studenti della Luiss che lo fermano nei corridoi del Comune di Piacenza, perché il suo percorso politico e quello della rinata Forza Italia sono ormai destinati a separarsi.

Quella Forza Italia che ormai è «una sorta di Lotta Continua del centrodestra – si lascia scappare la frizione da sotto i piedi il ministro delle Riforme al Festival del Diritto di Piacenza – a cui io non aderirò». E la prima colomba vola via.

Il suo strappo è infatti il primo in ordine di tempo – fatto salvo per le velate critiche al «metodo» lanciate sabato da Cicchitto – e certamente il più rumoroso, anche perché serve a dare coraggio ai colleghi di governo. Quelli che, come lui, sabato hanno firmato la lettera di dimissioni chiedendosi «ma perché?». Poco prima di mezzogiorno, Beatrice Lorenzin, ministro della Salute, scrive nero su bianco quello che Quagliariello sta dicendo a Piacenza durante il dibattito con Stefano Folli del «Sole 24 Ore»: «Continuerò ad esprimere le mie idee e i miei principi nel campo del centrodestra, ma non in questa Forza Italia» che, aggiunge, «spinge verso una destra radicale». Maurizio Lupi usa un po’ più di cautela, ma la sostanza è la stessa («Forza Italia non può essere un movimento estremista in mano a degli estremisti»), anche se il titolare dei Trasporti spera ancora di scorgere la luce in fondo al tunnel. Cerca di richiamare all’appello Alfano, cerca una sponda per rimettere in asse la nave del fu Pdl e controbilanciare la deriva estremista: «Noi vogliamo stare con Berlusconi». E a metà pomeriggio, incalzato anche dall’ex ministro Sacconi, il segretario alza la cresta: «Se prevalgono le posizioni estremistiche, allora sarò diversamente berlusconiano». Cosa voglia dire quell’espressione lo spiegherà poi Quagliariello, che parla senza peli sulla lingua di un’ipotetica scissione: «Per essere diversamente berlusconiani ci si può dividere, ma tenendo un riferimento comune».”

Letta va alla conta, Pdl diviso. Il Messaggero: “Un’ora e mezzo di colloquio tra Napolitano e Letta dopo lo strappo di Berlusconi che ha imposto il ritiro della delegazione ministeriale del Pdl. Il governo andrà alle Camere per la fiducia. Mercoledì ci sarà la conta in Senato, giovedì alla Camera. Berlusconi, però, chiede di andare subito alle elezioni. E il Pdl si spacca, con i ministri decisi a contestare la linea dei falchi del partito. Il premier: con me gli elettori moderati.”

Senato, pronti i voti dei neo-responsabili. L’articolo a firma di Claudio Marincola:

“Quelli che sono a fine giro e sanno già che non saranno ricandidati. Quelli che «sono arrivato in Parlamento solo 5 mesi fa». Quelli che «io metto al primo posto la stabilità e gli interessi del Paese». Quelli che non vengono mai invitati ai talk show e sono stanchi di subire il dictat dei capi. Quelli che se vanno a casa passano dallo stipendio di senatore, (21 mila euro al mese) a un contratto di co.co.co. «e c’è poco da guardare il pelo nell’uovo». Messe insieme queste ragioni, frullate e tradotte in voti garantirebbero da sole il raggiungimento del magic number: 161, quanto basta per la maggioranza (il plenum è 321) . Già in cassaforte ci sono quelli di Pd, (108 ), Scelta civica (20) e Autonomie (10). Considerando i 7 di Sel e i 5 senatori a vita, Monti più i 4 senatori – Renzo Piano, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia e Claudio Abbado – freschi di nomina presidenziale si arriva a quota 150. Che diventano 154 con gli ex Cinque Stelle, i fuoriusciti Alberto Airola, Adele Gambaro , Paolo De Pin e Marino Mastrangeli. Che conferma: «Siamo stati eletti per realizzare un programma politico e di questo programma faceva parte un sistema elettorale diverso dal Porcellum».

A questo punto – eravamo a 154 – per arrivare al break event point manca un soffio. Un soffio per galleggiare da soli, senza il salvagente dei diversamente berlusconiani. Un elenco che già comprenderebbe in teoria oltre a Quagliarello (155), i siciliani Castiglione (156), Torrisi (157), Pagano (158), i campani Compagna (159) e Falanga (160), il calabrese Naccarato (161) e il ministro Sacconi (162). E fermiamoci qui, un passo oltre la soglia ché al conteggio va sottratto il presidente del Senato Piero Grasso (per prassi non vota.) Ma si potrebbero includere almeno altri 3 senatori di Gal (Gruppo autonomie e libertà) pronti a passare il guado. La frattura interna al Pdl, come lascia intendere in serata Bruno Tabacci, abituato a navigare tra latitudini confinanti, è ampia, e «può accadere di tutto». Riferimento forse al gruppo di Comunione e Liberazione dato da alcuni in libera uscita. Ci sarebbero poi almeno altri 4 o 5 dissidenti grillini – Bencini, Battista, Orellana, Bocchino e Campanella – pronti a evitare lo sciogliete le righe pur di cestinare il Porcellum, loro dicono.”

Il Tesoro: per l’Iva non c’erano risorse alternative. L’articolo a firma di Luca Cifoni:

“Potrà non piacere, perché cancella l’incremento dell’Iva ritoccando le accise sui carburanti: ma per il ministero dell’Economia la scelta fatta con il decreto poi non approvato dal Consiglio dei ministri di venerdì è sostanzialmente l’unica possibile. Sempre che naturalmente sia ritenuto necessario impedire il passaggio dell’aliquota ordinaria dell’Iva dal 21 al 22 per cento. In un documento interno datato 25 settembre e dunque redatto a ridosso della riunione che si è svolta a Palazzo Chigi, i tecnici del dicastero hanno passato in rassegna nel dettaglio tutte le ipotesi e le proposte di reperimento delle risorse emerse negli ultimi giorni, sia sul lato delle entrate che su quello delle uscite. Alcune delle quali, anche se nel testo non ci sono riferimenti diretti, erano state avanzate a nome del Pdl dal capogruppo alla Camera Renato Brunetta.

Il punto di partenza è naturalmente la stima già inserita nella Nota di aggiornamento del Def, in base alla quale a fine anno in assenza di altri interventi l’indebitamento netto (ossia il deficit rilevante secondo i criteri europei) arriverebbe al 3,1 per cento: per rientrare al 3 occorre una correzione di 1,6 miliardi. A questa previsione va aggiunto il fatto che da qui a dicembre bisognerà comunque trovare 800 milioni per una serie di spese inderogabili (missioni di pace, Cig in deroga, immigrazione e social card). Per rinviare di tre mesi il passaggio dell’Iva al 22 per cento ed inoltre cancellare anche la seconda rata dell’Imu per abitazioni principali e fabbricati rurali sono necessari ulteriori 3,45 miliardi. Trovare tutti questi soldi è un’impresa improba, anche considerando gli impegni finanziari già presi dal governo Letta.”

Variabile o fisso, ecco come fare. L’articolo a firma di Cecilia Pierami:

“Ecco finalmente la casa dei sogni. E ora? Pagare tutto in contanti è una chimera, e l’alternativa resta una sola: stipulare un mutuo. Ma quale scegliere? Con che banca? «Intanto – spiega Roberto Anedda, direttore marketing di MutuiOnline.it – farei un passo indietro. Sconsiglio di cercare la casa dei propri sogni senza aver prima capito quale cifra può essere erogata dalla banca. Il mercato immobiliare è vasto ed è bene affrontarlo sapendo cosa sia alla nostra portata».

Anedda, come si cerca il mutuo più adatto?

«Fondamentale è confrontare più offerte. Facciamo cadere subito un falso mito: non sempre la propria banca è quella che ci concederà il tasso migliore. Oggi esistono numerose offerte: gli istituti offrono soluzioni talmente disparate che alla fine della pratica di mutuo la differenza potrebbe essere di svariate migliaia di euro».

Come farsi un’idea utile delle varie offerte?

«Difficilmente si ha il tempo per recarsi personalmente nelle varie banche. D’altra parte esistono servizi di broker, come il nostro, che permettono di confrontare le proposte partendo da dati base quali il valore dell’immobile e l’ammontare del finanziamento».

E una volta individuata l’offerta che ci pare più vantaggiosa?

«Si può richiedere il mutuo anche direttamente online, altrimenti occorre recarsi in banca: l’istituto analizzerà il nostro reddito, si informerà sull’immobile da acquistare, sull’ammontare del mutuo e su eventuali altri finanziamenti in corso. Con questi dati la banca può fornire un primo parere sulla fattibilità e condizioni del mutuo anche immediatamente dopo la richiesta inviata online».

Che cosa è bene chiedere una volta in banca?

«Quando si parla di mutuo è importante essere ben informati. Anzitutto sul tasso applicato e su come viene calcolato. Fondamentale è anche sapere quali sono i costi aggiuntivi: per la pratica, per la perizia e per un’eventuale assicurazione aggiuntiva che può incidere sull’ammontare della rata. Altro elemento interessante è l’Isc, che indica in percentuale quanto costa il finanziamento rispetto alla cifra che sarà erogata».”

Roma, un diluvio di gol. L’articolo de Il Messaggero:

“Scende la pioggia ma che fa la Roma? All’Olimpico segna cinque gol magnifici, tanti altri ne manca annichilendo il Bologna e, soprattutto, infila la sesta vittoria in campionato confermando il primato in classifica. E ancora: miglior attacco, migliore difesa e l’impressione che questi giocatori possano progredire ancora per continuare, alla fine di ogni match, a prendersi tutti per mano per salutare la Sud. Impressionante ieri la progressione giallorossa: Florenzi già all’8’, poi Gervinho e quindi Benatia nel primo tempo. Nella ripresa ancora Gervinho e infine Ljajic. Le espressioni di Rudi Garcia valevano il biglietto dell’Olimpico sferzato dalla pioggia: ha esultato ogni volta senza esagerare e alla fine deve essere anche stato tentato di inserire il pilota automatico. La sua Roma vola da sola a quote dove non si era mai spinta in avvio di campionato.”