“I fedeli, i nostalgici, i delusi”, Giorgio Ponziano su Italia Oggi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 21 Marzo 2014 - 09:12 OLTRE 6 MESI FA
"I fedeli, i nostalgici, i delusi", Giorgio Ponziano su Italia Oggi

Mario Monti e Oscar Giannino

ROMA – I reduci. Sono quelli rimasti fedeli a Oscar Giannino. I nostalgici. Hanno il loro leader in Renato Altissimo, che dopo il lungo letargo non disdegnerebbe di ridiscendere in campo. I delusi. Cioè la schiera di coloro che avevano scommesso su Mario Monti e hanno subìto la cocente delusione elettorale.

Scrive Giorgio Ponziano su Italia Oggi:

Ora c’è chi tenta di richiamare tutti sotto la stessa bandiera e di suonare la carica. Perché con la futura legge elettorale anche una manciata di voti potrebbe risultare decisiva e quindi le coalizioni potrebbero fare ponti (quasi) d’oro a una lista liberale, presumibilmente in grado di calamitare un po’ di nostalgici di quel centro politico della prima repubblica che comprendeva Pli, Pri e Psdi.

Il profeta dei liberali è Edoardo Croci, ex-assessore alla mobilità e ambiente al Comune di Milano (giunta Moratti), ex-subcommissario di governo col sindaco Albertini, docente alla Bocconi, dov’è direttore di ricerca dell’Iefe, centro di economia e politica dell’energia e ambiente. Dice: «Il lancio del nostro simbolo dal chiaro riferimento all’identità liberale, senza ulteriori aggettivi, dimostra la volontà di riaffermare la autentica presenza liberale nello scenario politico».

Accanto a lui, in questo neo-movimento denominato I Liberali, sono: Renato Altissimo, Alfredo Biondi, Maurizio Irti, Enrico Musso, Carlo Scognamiglio, Giuliano Urbani.«C’è bisogno di una nostra presenza più attiva nelle sedi politiche», dice il redivivo Altissimo. «Mai come in questo momento il termine «liberale», che negli anni Settanta era dispregiativo, viene utilizzato come un aggettivo apparentemente qualificante da una moltitudine di millantatori».

Il fatto è che a parole tutti (o quasi) sono entusiasti di marciare verso un’unica bandiera liberale ma, nei fatti, il pollaio è piuttosto rissoso e ne sa qualcosa il candidato alle presidenza della Commissione europea, Guy Verhofstadt, sostenuto dal terzo gruppo del parlamento europeo, l’Alde, l’alleanza liberal democratica che comprende i LibDems inglesi, il Pnl romeno, i MoDem francesi, l’Fdp tedesca, l’Idv italiana (pressochè scomparsa) e così via. Che ne sarà di loro alle elezioni del 25 maggio? Il rischio è quello di essere schiacciati tra i Popolari e i Socialisti, con l’aggiunta degli euroscettici. Ma loro sperano di potere comunque giocare un ruolo non secondario in un futuro parlamento europeo probabilmente senza una chiara maggioranza.

Così Verhofstadt ha tentato di fare, in casa liberale italiana, quello che sul fronte radical ha realizzato Alexis Tsipras: portare alla pace e all’unità i gruppuscoli che si richiamano alla stessa matrice, incapaci di trovare in patria un unico punto di riferimento.

Così il ministro belga s’è sobbarcato a un intenso pellegrinaggio a Roma per mettere insieme i tasselli del puzzle. Ha incontrato il Partito federalista, i Radicali, la Fondazione La Malfa, Fare per fermare il declino, Ali, Scelta civica, I Liberali.

Alla fine, sconsolato, ha deciso di fare quasi da solo. Un’impresa impossibile, quella di mettere insieme i liberali italiani. Ha anche provato a delineare un gruppo che, a suo dire, non solo avrebbe guadagnato consensi alle europee ma avrebbe potuto poi proseguire nella politica interna, creando quel partito di centro tentato senza successo da Casini, Monti, Giannino. Ma il gruppo che Verhofstadt aveva dichiarato in colloqui e interviste di voler assemblare, si è frantumato già durante la costruzione.

Ne avrebbero dovuto far parte: Emma Bonino, Mario Monti, Bruno Tabacci, Oscar Giannino, Michele Boldrin, Pietro Ichino, Paolo Guzzanti. Nonostante la benedizione a sorpresa del gruppo liberaldemocratico europeo da parte di Romano Prodi (proprio mentre il Pd aderiva al Pse) , alla fine hanno detto sì solo Tabacci (col suo Centro democratico) e Boldrin (con Fare).

E Verhofstadt se n’è tornato a Bruxelles sconcertato. C’è tempo fino al 6 aprile per presentare le liste, ma l’unico a continuare a predicare l’unità è Croci con i suoi liberali di lungo corso, pronto ad abbracciare il ministro belga ma solo nel segno dell’unità. Una predica al vento. Infatti l’Ali, alleanza liberaldemocratici per l’Italia, cioè quanto resta del movimento di Oscar Giannino, si presenterà orgogliosamente sola alle elezioni regionali in Piemonte, con una chiara presa di distanza da ogni apparentamento anche europeo e con un avvertimento al candidato presidente Sergio Chiamparino: «Esiste in Piemonte un’anima liberale e civile radicata e profonda- dice Silvia Enrico, segretaria nazionale Ali, che bisogna far riemergere . Se non si dota di un programma politico realistico e di obiettivi concreti, il tentativo di Chiamparino di ricreare un modello di coalizione composto da un mondo «sociale» e da un mondo «produttivo» rischia di naufragare nei primi giorni di governo regionale» (…)