Il tempo delle scelte. Enrico Marro, Corriere della Sera

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Settembre 2014 - 13:51 OLTRE 6 MESI FA

 

Carlo Cottarelli

Carlo Cottarelli

ROMA – “Ora che, come sembra, Carlo Cottarelli lascerà l’incarico di commissario straordinario per la spesa pubblica per tornare al Fondo monetario internazionale – scrive Enrico Marro del Corriere della Sera – Matteo Renzi non avrà più alibi: sarà lui direttamente, proprio come voleva, a scegliere dove e quanto tagliare. Perché si tratta di scelte politiche, come ha giustamente detto più volte il presidente del Consiglio, che non possono essere delegate a un tecnico, sia pure super”.

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Cesserà così quel conflitto più o meno latente tra le proposte del commissario e le decisioni del governo: se quest’ultimo non si attiene ai suggerimenti del primo, tutti si chiedono a che cosa serve il commissario; se viceversa si adegua, subito si alzano i critici della politica vittima dei tecnocrati. Visto com’è andata, è meglio fare a meno del supercommissario. 

Ne abbiamo già avuti almeno tre, tutti molto competenti. Piero Giarda, uno che conosce a memoria le pieghe del bilancio dello Stato e che era giunto alla conclusione che la spesa realisticamente «aggredibile», sulla quale cioè si può lavorare per ridurla, non supera i 100 miliardi di euro, su un totale di 800 miliardi che ogni anno Stato, Regioni ed enti locali spendono. Poi il governo Monti nominò Enrico Bondi, anziano manager con gran fama di tagliatore e risanatore di aziende, che è finito isolato, vittima del suo metodo di lavoro accentratore e solitario. Infine è arrivato Cottarelli, voluto dall’ex primo ministro Enrico Letta: grande esperienza negli organismi internazionali, piglio americano, ha ribaltato il metodo Bondi, costituendo decine di gruppi di lavoro con i migliori funzionari dell’amministrazione messi a studiare, settore per settore, dove tagliare. Un lavoro certosino che lascia in eredità una serie di proposte che, sommate tra loro, ridurrebbero le uscite pubbliche di 17 miliardi l’anno prossimo e 32 nel 2016. Proprio quello che voleva il governo. 

Solo che Cottarelli ha messo nel suo menu anche quelle voci scomode, impopolari, che non poteva non mettere se voleva appunto raggiungere un taglio della spesa a regime pari a due punti di prodotto interno lordo. Vi ha cioè incluso la riduzione dello Stato sociale: tagli alla sanità, alle pensioni assistenziali e ha suggerito un contributo sulle pensioni calcolate col retributivo. Misure dure da digerire per Renzi, che ha spiegato che non sta scritto da nessuna parte che per governare bene bisogna essere impopolari. Salvo ritrovarci a discutere di un taglio del 3% alle spese dei ministeri ma anche della solita proroga del blocco delle retribuzioni pubbliche, che però rischia di scatenare la rivolta degli impiegati. Del resto è inutile nasconderselo: tutti gli ultimi governi, politici o tecnici che siano stati, quando hanno dovuto decidere i risparmi maggiori, non hanno saputo fare di meglio che bloccare gli stipendi pubblici e l’indicizzazione delle pensioni al costo della vita. Senza queste due misure nessuna manovra di risanamento dei conti sarebbe stata in piedi. Cottarelli ha detto anche delle verità scomode, come dimostra il dibattito delle ultime settimane: che di 8 mila municipalizzate ne potrebbero bastare mille, chiudendo tutti i carrozzoni clientelari in perdita e accorpando le microaziende dei piccoli Comuni; oppure che 5 corpi di polizia non hanno senso, oltre che paragoni all’estero. Ma apriti cielo! 

Ora tocca a Renzi, senza più filtri. E al ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Il primo ha alzato l’asticella per il 2015: la spesa pubblica si può tagliare di 20 miliardi, ha detto, senza spiegare dove. Il secondo non sa ancora come evitare la scomoda eredità del governo Letta: trovare nel triennio 20 miliardi di euro di tagli altrimenti scatterà la riduzione delle agevolazioni e degli sgravi fiscali, cosa che Renzi ha detto non deve accadere. In teoria, come ha spiegato più volte il premier, su 800 miliardi di euro di spesa pubblica dovrebbe essere facile realizzare un risparmio di 16-20 miliardi, il 2-2,5%. Se una famiglia dovesse ridurre le proprie spese del 2-2,5% l’anno volete che non ci riesca? si è retoricamente chiesto. Dipende. Se la famiglia è indebitata per un importo pari al 135% del proprio reddito, come l’Italia, lo può fare solo se prima convince se stessa che ha vissuto per troppo tempo sopra le proprie possibilità. È la prima cosa che ha detto, un paio di settimane fa, il neo primo ministro francese, Manuel Valls, 52 anni, socialista: «La Francia ha vissuto per 40 anni al di sopra dei propri mezzi». E noi?