Ilva, Riforme, Unipol, Turchia, calciomercato: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 5 Giugno 2013 - 09:11 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Ilva commissariata, un caso. Il Corriere della Sera: “Sarà Enrico Bondi il commissario straordinario chiamato a risanare l’Ilva per i prossimi 36 mesi: lo prevede il decreto legge varato ieri dal governo e già in vigore. Protesta degli industriali dell’acciaio: pericoloso precedente per la libertà d’impresa. Il ministro Zanonato: non è un esproprio.”

Sos Terra. L’articolo a firma di Danilo Taino:

“La gran parte delle politiche occidentali finalizzate a ridurre le emissioni di gas serra e quindi fermare i cambiamenti climatici non hanno avuto successo. Interventi simili a quelli italiani sul solare sono stati effettuati in Germania, dove il governo ha convogliato 130 miliardi di incentivi nel settore: con il risultato (non troppo dissimile da quello italiano) di ridurre, entro fine secolo, il riscaldamento globale di 37 ore — secondo il presidente dell’organizzazione Copenhagen Consensus, Bjørn Lomborg. Gli effetti degli incentivi all’auto elettrica non appaiono migliori. Uno studio norvegese ha stabilito che l’uso di un’auto del genere ha un potenziale di riduzione dell’effetto serra del 10-24% rispetto a un’auto a benzina: ma produrne una comporta emissioni quasi doppie. «Spostamento del problema», lo chiamano gli autori dello studio. Gli Stati Uniti hanno l’obiettivo di avere in circolazione un milione di auto elettriche entro il 2015, grazie a incentivi pubblici per 7,5 miliardi di dollari: con il risultato di ritardare l’effetto serra di 60 minuti. Investimenti enormi per risultati minuscoli. Ora, in Europa anche il mercato dei diritti di emissione è entrato in crisi. Il Parlamento europeo ha respinto in aprile una richiesta della Commissione Ue finalizzata a salvare questo mercato, asse portante della strategia europea contro i cambiamenti climatici, nel quale vengono scambiati diritti di emissione grazie ai quali un’impresa può emettere gas serra ma pagandoli, cioè a un costo. La Commissione voleva intervenire per alzare i prezzi dei certificati ma il Parlamento, preoccupato più della recessione che del clima, ha respinto l’idea. Anche questa costosa strategia è finita nella sabbia.”

Bondi resta all’Ilva, commissario per tre anni. L’articolo a firma di Virginia Piccolillo:

“L’Ilva un commissario straordinario lo avrà. Ma è lo stesso amministratore delegato dimissionario dell’azienda alla quale la magistratura tarantina ha imposto un custode giudiziario: Enrico Bondi. Il decreto «ri-Salva Ilva» ieri è stato varato dal governo e in serata è stato firmato dal capo dello Stato. Con nuove norme che prevedono di liberare gli 8,1 miliardi di euro dal sequestro cautelativo disposto dalla magistratura e di superare l’Aia, l’Associazione integrata ambientale già violata dal colosso dell’acciaio. E con intervento più diretto del ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando, che nominerà tre «saggi» di «comprovata esperienza nei temi ambientali», con il compito di stilare il nuovo piano di risanamento e sottoporlo al giudizio di un subcommissario ad hoc. Il decreto prevede l’azzeramento di tutti gli incarichi, scongiurando la possibilità che oggi nel previsto cda con i vertici dimissionari, prevalesse la posizione del custode giudiziario. Ma non sono mancate polemiche. Anche per la nomina, dell’ex ad nonché ex commissario straordinario Parmalat, per il quale la procura di Milano ha appena chiesto il rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta Telecom. Il decreto gli ha riaffidato la poltrona che aveva con poteri rafforzati: per 12 mesi (rinnovabili altre due volte) sarà responsabile delle sorti dell’azienda a tutto campo, dalla gestione operativa alla tutela della salute e dell’ambiente: connubio finora mai realizzato, nemmeno sotto la gestione Bondi.”

Riforme, il comitato si allarga a 35 esperti. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:

“Per accontentare tutti e fare così la quadratura del cerchio si è allungata la lista dei saggi. Dai 25 di cui si parlava inizialmente si è passati a 35. Il premier Enrico Letta ha firmato ieri il decreto con il quale nomina il collegio di esperti che aiuterà il governo nell’elaborazione dei progetti di riforma della seconda parte della Costituzione. Il gruppo domani salirà al Quirinale per incontrare il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Ci sono dieci donne, una scelta dettata dall’esigenza di evitare questa volta critiche e rimostranze per il mancato inserimento di rappresentanti dell’altra metà del cielo, sorte al momento della designazione dei «facilitatori» insediati a suo tempo dallo stesso Napolitano. Accanto a loro ci sono tre presidenti emeriti della Corte costituzionale (Enzo Cheli, Cesare Mirabelli e Valerio Onida), l’ex rettore della Bocconi Guido Tabellini, l’ex ministro (già commissario europeo) Franco Frattini, Luciano Violante che ha guidato l’assemblea di Montecitorio, Giovanni Pitruzzella (dirige l’Antitrust ed è docente a Palermo) e Nicolò Zanon (professore a Milano e membro laico del Csm). Nell’elenco compaiono anche due editorialisti del Corriere: Angelo Panebianco e Michele Ainis. Nel comitato figurano membri delle università di tutto il Paese e, nel caso di Nadia Urbinati, anche della Columbia University di New York, insieme ad ex parlamentari. Tra di loro Stefano Ceccanti (Pd) e Francesco D’Onofrio (Udc). Ci sono, inoltre, docenti vicini al mondo delle autonomie come Maria Cristina Grisolia e Luciano Vandelli. Ogni area politico-culturale e dottrinaria è rappresentata, compresa quella dei costituzionalisti che difendono a oltranza la «bellezza della nostra Carta» e che hanno in Gustavo Zagrebelsky il proprio punto di riferimento: si tratta di Lorenza Carlassare e di Mario Dogliani. Parlamentaristi e presidenzialisti sono presenti in egual misura. E tra questi ultimi va annoverato Augusto Barbera.”

Giustizia, contromossa del Cavaliere. L’articolo a firma di Paola Di Caro:

“Una cena per tranquillizzare e farsi tranquillizzare, in giorni sempre più cupi per Silvio Berlusconi. Tornato ieri a Roma da Arcore dopo oltre 10 giorni di assenza, il Cavaliere si è chiuso a Palazzo Grazioli per registrare alcuni spot in vista del secondo turno elettorale, ma ha subito convocato gli inquieti big del suo partito. Quelli che aveva già ricevuto per due giorni in Sardegna, l’ala dura di Verdini, Capezzone, Santanchè, ma anche i capigruppo e l’ala moderata di Alfano, Cicchitto, Gasparri, Matteoli. Nel menù, le lotte interne al partito che stanno ormai tracimando in un pericoloso tutti contro tutti e ciascun per sè, in nome di un modello di nuovo Pdl e di guida della creatura che Berlusconi vorrebbe lanciare e che vede contrapposte le varie anime. Ma soprattutto, a dominare ogni discorso da giorni e presumibilmente fino al 19 giugno (data in cui si esprimerà la Corte costituzionale sul conflitto di attribuzione per il legittimo impedimento invocato dall’ex premier e respinto dal tribunale di Milano, sentenza giudicata decisiva in vista della decisione della Cassazione di fine anno sul processo Mediaset) sono i discorsi che ruotano attorno al tema giustizia. Con una domanda, allo stato ancora senza risposta: che si fa se anche la Consulta dovesse proseguire in questa «persecuzione, questo massacro giudiziario» dando torto a Berlusconi?”.

Riforme, ecco i saggi di Letta. La Stampa: “Arriva la commissione dei saggi sulle riforme costituzionali. Il governo procede a tappe forzate per mantenere l’impegno preso con Napolitano. Enrico Letta firma la nomina dei 35 esperti di diritto (tra loro 10 donne). Intanto si lavora al testo del disegno di legge con l’obiettivo di vararlo nel Consiglio dei ministri di venerdì.”

Letta accelera. Nominati 35 saggi “trasversali”. L’articolo a firma di Ugo Magri:

“Con un colpo di acceleratore, il governo vara la Commissione di esperti che darà una mano al Parlamento sulle riforme della Costituzione. Il decreto di nomina è stato firmato da Letta a sera, quando nella cabina di regia (composta dal premier, dal suo vice Alfano, dal titolare delle Riforme Quagliariello e dal ministro per i Rapporti col Parlamento Franceschini) è maturata la sensazione che trascinare oltre l’attesa sarebbe stato controproducente. Temporeggiando la maionese sarebbe impazzita poiché la lista di chi avrebbe ambito far parte dei «saggi» governativi era lunga assai, per molti sarebbe stato un fiore all’occhiello… Insomma, Letta ha rotto gli indugi, e alle 21 Palazzo Chigi ha reso noto l’organigramma: 35 cattedratici (nessuno è privo della qualifica accademica), appena più numerosi del previsto, ma in compenso ben bilanciati sul piano degli orientamenti politici, culturali e anche di genere, vista la presenza significativa al femminile.”

L’altro volto di Piazza Taksim “Erdogan? Ci ha fatto grandi”. L’articolo a firma di Marta Ottaviani:

“Sono l’altra faccia di piazza Taksim. Quelli per cui Recep Tayyip Erdogan in Turchia ha fatto un miracolo e ha allargato anziché ristretto la democrazia nel Paese. Al quinto giorno di proteste, dopo tre morti, centinaia di feriti e le scuse del vicepremier Arinc («non abbiamo il diritto e non possiamo permetterci di ignorare la gente. Le democrazie non possono esistere senza l’opposizione»), i giovani dell’Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo del premier Erdogan, sono divisi fra un sentimento di fiducia per la ricomposizione della situazione, ma anche preoccupazione per il futuro. Abdullah Eren ha 29 anni ed è uno dei dirigenti dei giovani del partito. Per lui tutta questa storia della protesta è in parte strumentale. «Penso si sia voluta creare una situazione di atmosfera caotica spiega -. Se avessero avuto a cuore l’ambiente, i manifestanti non avrebbero distrutto 89 macchine della polizia, 42 auto private, 22 autobus pubblici e 99 negozi, ci sono danni per oltre 30 milioni di euro. Non sto dicendo che siano tutti dei facinorosi, sia chiaro, ma c’è da fare una bella distinzione fra veri manifestanti e provocatori». Ma il punto su cui i giovani seguaci del premier si arrabbiano maggiormente è un altro: il paragone fra le proteste di Istanbul e la primavera araba. «Mi chiedo come si possa usare un’espressione del genere, è completamente sbagliata. La primavera araba ha riguardato Paesi dove c’erano dei dittatori, non governi eletti con votazioni regolari. Nessuno può paragonare la Turchia a questi posti e poi proteste analoghe sono andate in scena anche a Londra e New York perché nessuno ha usato il termine primavera in quel contesto?». Un governo eletto democraticamente dal 2002, la crescita economica, ma le scene della repressione dei manifestanti sono ancora davanti agli occhi di tutti. Abdullah ne parla, senza nascondere niente, ma senza mettere in discussione nemmeno per un momento la buona fede di Erdogan. «Certo che c’è stata una reazione eccessiva alle prime manifestazioni, ma questo lo ha ammesso senza problemi anche il primo ministro e ha aperto un’indagine, non capisco le critiche, anche al fatto che sia andato in visita ufficiale in Nord Africa subito dopo. Sono impegni organizzati mesi prima. Il premier ha da mantenere l’immagine del Paese, c’è una stabilità economica da salvaguardare e questo lo fa anche nell’interesse dei manifestanti».”

Fmi: “La Bce deve fare di più Italia, con le riforme +5% di Pil”. L’articolo a firma di Tonia Mastrobuoni:

“Un cambiamento epocale rivendicato in questa conversazione con La Stampa anche dalla sua vicedirettrice generale, Nemat “Minouche” Shafik. «Non abbiamo visto arrivare la crisi del 2008, è verissimo». Ma successivamente, in particolare in Europa, dove il Fmi fa notoriamente parte della “troika” che monitora i progressi dei Paesi che hanno ricevuto aiuti per scongiurare i fallimenti – Grecia, Irlanda, Portogallo e Cipro – «abbiamo dimostrato di saper distinguere caso per caso, senza dogmi. Abbiamo chiesto più tempo per la Spagna e il Portogallo, il taglio del debito per la Grecia e addirittura il blocco dei capitali per l’Islanda. E nel primo anno dopo il default del 2008, all’Islanda non abbiamo neanche chiesto un aggiustamento dei conti». All’Italia, sostiene, «non si può chiedere adesso di fare tutto da sola, dopo che ha già fatto riforme molto importanti come quella delle pensioni e progressi straordinari dal punto di vista delle finanze pubbliche», argomenta l’economista egiziana, che a 37 anni è stata la più giovane vicepresidente della Banca mondiale di tutti i tempi. Anticipando uno dei messaggi del rapporto che il Fondo pubblicherà in questi giorni sull’eurozona, Shafik sottolinea che «la frammentazione finanziaria dell’area euro desta ancora preoccupazione, il meccanismo di trasmissione delle politiche monetarie non funziona ancora». Tradotto: i tassi di interesse che le famiglie e le imprese pagano nei Paesi periferici, compreso il nostro, per avere un prestito, continuano ad essere «troppo alti» rispetto a quelli che si pagano nel Nordeuropa. La Banca centrale europea, sottolinea Shafik, «deve fare di più». Oggi il pericolo di una rottura dell’euro – sfiorata l’anno scorso – «è scongiurata», anche «grazie a “Super Mario Draghi”» come Shafik chiama il presidente della Bce con un sorriso. «D’altro canto, nel mondo anglosassone c’è sempre una certa tendenza a sottovalutare la volontà politica dei Paesi dell’euro di stare insieme». Quindi la Bce è fondamentale, certo, «ma anche la dimensione politica, la decisione di fare l’Unione bancaria o la volontà espressa da Angela Merkel di salvare la Grecia: sono stati passaggi importanti».”

Il mercato dei poveri. L’articolo de Il Corriere della Sera a firma di Fabio Monti:

“Sono passati trent’anni da quando (1° giugno 1983), il presidente Lamberto Mazza aveva annunciato il passaggio di Zico dal Flamengo all’Udinese, per la regia di Franco Dal Cin. Un trasferimento che aveva irritato persino l’allora segretario della Cgil, Luciano Lama. Erano tempi gloriosi per l’Italia del pallone, fresca di titolo mondiale. Platini era già della Juve (preso a parametro Uefa nel 1982: 250 milioni di lire) e Falcao della Roma (dal 1982) e nell’estate 1984, sarebbero arrivati anche Maradona, strappato dal Napoli al Barcellona (13 miliardi) e Rummenigge (13), che l’Inter aveva acquistato dal Bayern. Trent’anni dopo, è cambiata (e da un po’) la musica. L’Italia è arrivata seconda a Euro 2012, ma la crisi è profonda e si fa sentire. In questo avvio di estate, Neymar ha scelto il Barcellona (57 milioni); Falcao ha lasciato l’Atletico Madrid per il Monaco (60 milioni); Goetze ha salutato il Borussia Dortmund, ma per andare al Bayern (37 milioni, clausola rescissoria). E le previsioni non lasciano immaginare clamorosi colpi di scena, tipo quello di Ronaldo, preso da Moratti nel giugno 1997 per 49 miliardi di lire. Si aspettano acquisti stellari dal Chelsea, ora che ha annunciato il ritorno di Mourinho, dal Real Madrid, dal Paris St. Germain e dai due Manchester.”