Italia come Grecia e Argentina? Delrio: non so, deciderà Renzi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 1 Luglio 2014 - 09:08 OLTRE 6 MESI FA
Italia come Grecia e Argentina? Delrio: non so, deciderà Renzi

Delrio (LaPresse)

ROMA – Graziano Delrio, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, lancia l’idea degli euro union bond per mutualizzare il debito pubblico italiano e ridurlo del 30%. Avanti anche sulla strada delle privatizzazioni e dismissioni immobiliari. “Uno Stato più leggero è il nostro obiettivo”.

L’intervista del Corriere della Sera a cura di Lorenzo Salvia:

L’Italia torna da Bruxelles con la regola del «miglior uso della flessibilità» già prevista. Non è un po’ poco, sottosegretario Graziano Delrio, per parlare di un’Europa che abbandona la linea del rigore e di vittoria del governo Renzi?
«No, non è poco perché è proprio dal mancato uso della flessibilità già consentita che sono arrivati i nostri problemi più seri».

Quindi, nel semestre di presidenza dell’Unione, l’Italia non chiederà di alzare il tetto del deficit, il famoso 3% del Pil, il Prodotto interno lordo?
«Non credo sia una legge scolpita per sempre nella pietra ma non vogliamo essere noi a spostarla sulla sabbia. No, non chiederemo di alzare il 3%. Anche per evitare sospetti e risolini in Europa».

Scusi, ma allora questa maggiore flessibilità cosa vuol dire?
«Vuol dire che quando si calcola il deficit non viene considerata, o meglio viene considerata flessibile, una parte della spesa. Di fatto si allenta il patto di Stabilità. Può essere fatto per il cofinanziamento, cioè i soldi che l’Italia è obbligata a spendere per utilizzare i fondi europei. Parliamo di una cifra intorno ai 7 miliardi di euro l’anno. Ma c’è anche la clausola degli investimenti, che consentirebbe di lasciare fuori dal calcolo spese ad alto impatto sociale, come la messa in sicurezza delle scuole o del territorio. Parliamo di una somma intorno ai 3 miliardi di euro. In tutto la flessibilità potrebbe valere 10 miliardi l’anno anche se non è scontato che queste due voci possano essere sommate».

L’anno scorso Bruxelles ha detto che la clausola per gli investimenti non poteva essere usata dall’Italia.
«Vero, e naturalmente sarà la Commissione a definire gli spazi possibili. Ma il no dell’anno scorso era motivato con una curva di discesa del debito pubblico ancora troppo lenta».

Se è per questo il nostro debito pubblico, invece di scendere, sta continuando a salire. Omai siamo al 135% del Pil.
«Scenderà ma bisogna percorrere una strada nuova. Che non è improvvisata o avventurosa come qualcuno dice. Se ne parla da tempo ma finora nessuno ha avuto coraggio di fare il primo passo».

Sta pensando alla ristrutturazione del debito pubblico, come in Argentina o in Grecia?
«Quelle sono riflessioni che farà il presidente del Consiglio. Ma l’Italia non cerca scorciatoie e nemmeno salvataggi. Qui se ne viene fuori solo con un orizzonte europeo più ambizioso».

Quale sarebbe la proposta allora?
«Quella di Romano Prodi e Alberto Quadrio Curzio, gli euro union bond, cioè la mutualizzazione del debito. Si crea un fondo federale europeo al quale ogni Stato conferisce un pezzo del proprio patrimonio immobiliare e non. Sono garanzie reali che possono essere utilizzate in parte per investimenti strutturali in parte per alleggerire il debito pubblico. A quel punto non faticheresti più a trovare 3 miliardi di euro l’anno dalle privatizzazioni ma taglieresti il debito del 25-30%».

Sta dicendo che le privatizzazioni e le dismissioni immobiliari, sempre considerate l’arma numero uno per abbattere il debito pubblico, non bastano?
«Quel percorso va avanti comunque, uno Stato più leggero resta il nostro obiettivo. Ma con un debito pubblico sopra i 2 mila miliardi di euro c’è bisogno di una soluzione radicale. Oltre che di un ritorno alla crescita, che renderebbe tutto più facile».