Jobs Act, sgravi più alti di indennizzo licenziati. Valentina Conte, Repubblica

di redazione Blitz
Pubblicato il 9 Dicembre 2014 - 13:52 OLTRE 6 MESI FA
Jobs Act, sgravi più alti di indennizzo licenziati. Valentina Conte, Repubblica

Jobs Act, sgravi più alti di indennizzo licenziati. Valentina Conte, Repubblica

ROMA – Il Jobs Act potrebbe rivelarsi un boomerang che incentiva le imprese ad assumere e licenziare ciclicamente. Effetto combinato degli sgravi su contributi e Irap (oltre 6 mila euro) previsti dalla legge di Stabilità, molto più alti dell’indennizzo prescritto dal Jobs Act per chi è licenziato (1 mensilità e mezza). Col risultato che per l’impresa diventa più conveniente assumere e licenziare nel giro di qualche mese.

A fare i calcoli è Valentina Conte sul quotidiano la Repubblica. Secondo una simulazione della Uil, un’azienda che assume e licenzia dopo uno o tre anni può guadagnare dai 5 ai 16 mila euro. Il conto è fatto a partire da uno stipendio medio di 22 mila euro lordi annui.

Scrive Valentina Conte:

“Gli incentivi sono assai cospicui, mentre l’esborso dovuto in caso di licenziamento illegittimo – ora che l’articolo 18 di fatto non esiste più – è davvero risibile. Una mensilità e mezzo per anno lavorato, secondo l’ipotesi più accreditata (ma le associazioni imprenditoriali puntano a meno). Così, visto che il lavoro oramai ha un prezzo, al datore conviene davvero il contratto nuovo. Più che le tutele, a crescere sarà solo il suo conto in banca. Si dirà, è un’ipotesi di scuola. Se prendo un lavoratore e lo tengo tre anni, perché licenziarlo? Per lo stesso motivo per cui ora i contratti a termine durano pochi mesi. Porte girevoli. La crisi è tutta qui.

Lo sconto Irap (deducibilità del costo del lavoro) è permanente. Quello sui contributi previdenziali per i neoassunti (con un tetto a 8.060 euro annuo) vale fino al 2017. Entrambi non hanno vincoli. Né alla stabilizzazione del lavoratore, né a creare posti aggiuntivi. Tantomeno prevedono riserve, ad esempio ad aziende meritevoli che investono in ricerca o che non hanno licenziato nel recente passato (la sinistra dem diceva di voler inserire paletti alla Camera, non è stato fatto). Dunque perché rinunciare ai soldi pubblici dati a tutti, se poi licenziando anche in modo illegittimo si deve sborsare appena una mensilità e mezza per anno lavorato? Viva il contratto a tutele crescenti, dunque.

Il saldo a favore delle imprese, calcolato per diversi livelli di reddito dal Servizio politiche territoriali della Uil, lascia sgomenti. Dopo un solo anno, si possono intascare oltre 6 mila euro. Dopo tre anni, quasi 19 mila. Il massimo al Sud, perché lo sconto Irap è più generoso, grazie alla norma Monti”.

E non è finita qui. Perché la norma rischia di ridistribuire i soldi europei inizialmente destinati al Piano di azione e coesione per il Sud, creato dall’ex ministro Fabrizio Barca, su tutto il territorio nazionale. E dunque, maggiormente al Nord, dove si presuppone ci saranno più assunzioni.

Secondo Valentina Conte, la convenienza per gli imprenditori apparirà in tutta evidenza già nelle prossime settimane, quando il primo decreto delegato sarà messo a punto:

“Il decreto dirà, finalmente, come funziona il contratto a tutele crescenti. E cioè che a crescere sarà solo l’indennizzo, visto che di riavere il posto dopo il licenziamento benché illegittimo neanche a parlarne (spetta solo se c’è discriminazione e in selezionatissimi casi disciplinari)”.

Era meglio la Legge Fornero:

 

“Ma come crescerà, l’indennizzo? Una mensilità e mezzo per anno lavorato è davvero poco. La legge Fornero ora in vigore prevede fino a 12 mensilità, a prescindere dall’anzianità, e il reintegro: entrambi decisi dal giudice al termine della causa di lavoro. Per le aziende sotto i 15 dipendenti il reintegro non c’è ed è sempre il giudice a decidere un risarcimento tra le 6 e le 12 mensilità. In tutti e due i casi, una situazione certo migliore, specie per i precari con poca anzianità, di quanto si profila con il Jobs Act”.