“La scissione di Santa Chiara”, Paola Di Caro sul Corriere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 16 Novembre 2013 - 15:01 OLTRE 6 MESI FA
"La scissione di Santa Chiara", Paola Di Caro sul Corriere

Berlusconi (LaPresse)

ROMA – Le parole di Berlusconi mettono fine a un rapporto che sembrava indissolubile. “Mi dispiace ma gli altri hanno bocciato la vostra proposta di documento, e anche l’idea stessa di fare un nuovo ufficio di presidenza. Dicono che non verranno, io non posso farci nulla…”. È il segnale che i 60 parlamentari riuniti nel teatro di Santa Chiara aspettavano per rompere gli indugi.

Scrive Paola Di Caro sul Corriere della Sera:

Arriva quando manca poco alle otto di sera l’ultima parola di Silvio Berlusconi, quella che sancisce la fine di una storia, di un rapporto, di un legame che era parso indissolubile e che trascina, con sé, vent’anni di storia. «Mi dispiace davvero — comunica il Cavaliere al telefono a Gaetano Quagliariello — ma gli altri hanno bocciato la vostra proposta di documento, e anche l’idea stessa di fare un nuovo ufficio di presidenza. Dicono che non verranno, io non posso farci nulla…». È il segnale che i 60 parlamentari riuniti nel teatro di Santa Chiara — lo storico palcoscenico dal quale don Sturzo lanciò il suo «Appello ai Liberi e forti» — si aspettavano per rompere gli indugi. Quello che molti auspicavano, quello che altri fino all’ultimo hanno tentato di scongiurare.

Seduti sulle poltroncine rosse, consci che il momento delle decisioni irrevocabili era arrivato, i 30 senatori e 27 deputati che da domani formeranno i gruppi autonomi del «Nuovo centrodestra» e che avevano già raccolto le firme nel pomeriggio per tenersi pronti a ogni evenienza, hanno aspettato solo che arrivasse il loro leader, quell’Angelino Alfano impegnato in un ultimo colloquio con Renato Schifani, capogruppo al Senato dimissionario ieri sera e disponibile a unirsi agli scissionisti nei prossimi giorni.

Provato, commosso, sinceramente turbato, il vicepremier ha dunque pronunciato le parole che tutti aspettavano e che nelle ultime ore si era preparato, sperando fino all’ultimo di non doverle pronunciare: «Non aderiremo a Forza Italia». Ha denunciato la «vittoria degli estremisti», ha giurato eterna fedeltà al Cavaliere, quello che era stato per lui un padre politico a volte generoso a volte spietato, che l’aveva umiliato e premiato, innalzato e schiacciato: «Continueremo a sostenerlo e a difenderlo dal governo, nelle sue battaglie su giustizia e tasse». E ha concluso con voce tremante: «Dio ci accompagni in questa marcia speriamo lunga e vittoriosa, la Provvidenza illumini le nostre scelte».

Nel tono biblico si sono sciolti lacrime, commozione, applausi, abbracci di chi se ne va dopo una vita — dai ministri Lupi, Quagliariello, Lorenzin, De Girolamo a Cicchitto, Formigoni e gli altri che tentano l’avventura —, in tono guerresco i falchi hanno accolto quella che, per molti, è una liberazione: «Fatto gravissimo, ne risponderà agli elettori», tuona Fitto, «Attaccati alle poltrone» li definisce Capezzone, «traditori» li bolla Miccichè. (…)”