Liceo Classico, processo alla scuola umanistica

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Novembre 2014 - 13:00 OLTRE 6 MESI FA
Liceo Classico, processo alla scuola umanistica

Liceo Classico, processo alla scuola umanistica

ROMA – “L’accusa è implacabile, e quando il pubblico ministero tuona Quanto tempo dedicate ai mitocondri?, la sala del Teatro Carignano, zeppa di studenti di licei classici piemontesi, ha un lieve sussulto – scrive Mario Baudino della Stampa –  La domanda suona tremenda e non cerca risposta, dato per scontato che i molto probabilmente trascurati mitocondri non sono insetti marziani ma importanti organismi cellulari, assurti a simbolo della trascuratezza riservata alle scienze in quello che è stato lungo il re dei licei e ora dà segni di crisi, almeno per quanto riguarda le iscrizioni”.

L’articolo completo:

Ieri il liceo umanistico è stato comunque assolto – non senza difficoltà – nel processo che si è celebrato con tutti i crismi; con la corte, l’accusa e la difesa addobbati di toga e severità sul palcoscenico. Presidente un magistrato vero, il procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro, divertito e ironico nell’imporre e un po’ spiegare la procedura penale, pubblico ministero un fremente Andrea Ichino, economista dell’European University Institute (Fiesole). Alla difesa Umberto Eco.
Con tanto avvocato (e considerato anche il fattore ambientale, cioè il pubblico orgogliosissimo della propria scuola) si sarebbe detto che non c’era partita. Invece no. Il Classico se l’è cavata da gravi accuse quali l’iniquità sociale, la frode nei confronti degli studenti (illusi di poter acquisire conoscenza e possibilità che non avranno) e persino una sorta di plagio, perché favorirebbe una visione distorta della realtà: ma il presidente ha disposto la «trasmissione degli atti» alla Procura perché indaghi se non ci siano nuovi reati emersi dal dibattimento a carico di chi, negando i finanziamenti, non ha permesso alla scuola di funzionare.
I processi, si sa, non finiscono mai, ma la formula scelta dalla Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo e dal Ministero della Pubblica istruzione risulta efficace. Esempio virtuoso di giustizia-spettacolo, tiene avvinta una trepidante platea, e nella discussione fa emergere nodi decisivi che riguardano il classico sì, ma più in generale i problemi della formazione. I testimoni illustri aiutano a chiarire il problema: che non è la contrapposizione fra classico (in calo) e scientifico (preferito dagli studenti) ma il senso globale dell’istruzione superiore, il dosaggio, il contemperamento delle discipline. Se, come dice il testimone Luciano Canfora, insigne antichista e storico della modernità, «la scuola è la trincea della democrazia», meglio sbarazzarla dei luoghi comuni. L’avvocato Eco commenta che non ha senso parlare di culture separate ma bisogna difendere la «liceità» in quanto tale.
Non mancano amene frecciate accademiche. Marco Malvaldi, romanziere di successo e chimico, ricorda che la cultura classica è umanistica e scientifica, tanto che sulla porta della scuola di Platone c’era scritto «Non entri qui chi ignora la geometria». E Canfora si complimenta ironicamente, visto che dell’Accademia non abbiano immagini, salvo quella concepita da Raffaello. Altri come Stefano Marmi (matematico della Normale di Pisa) invitano a rivolgersi ai numeri, poco favorevoli agli studenti del Classico.
Alla fine, tocca a Eco, che accetta i numeri ma si chiede maliziosamente quanti umanisti ci siano oggi nel mondo delle start up, lasciando capire che ce ne sono parecchi. La conclusione è che sarebbe necessario un nuovo liceo umanistico-scientifico «dove insegnare non solo il teorema di Pitagora ma anche la teoria sempre pitagorica sulle sfere, e il suo terrore dell’infinito».
Sono già trascorse quattro ore, forse più. La corte si ritira per deliberare, fra gli applausi (anche dei mitocondri).

(andrea guermani) – L’udienza Nella foto, un momento del processo-spettacolo, che si è tenuto ieri a Torino sul palcoscenico del Teatro Carignano, in una sala gremita di studenti ed ex studenti del Classico
L’accusa è implacabile, e quando il pubblico ministero tuona «Quanto tempo dedicate ai mitocondri?», la sala del Teatro Carignano, zeppa di studenti di licei classici piemontesi, ha un lieve sussulto. La domanda suona tremenda e non cerca risposta, dato per scontato che i molto probabilmente trascurati mitocondri non sono insetti marziani ma importanti organismi cellulari, assurti a simbolo della trascuratezza riservata alle scienze in quello che è stato lungo il re dei licei e ora dà segni di crisi, almeno per quanto riguarda le iscrizioni.
Ieri il liceo umanistico è stato comunque assolto – non senza difficoltà – nel processo che si è celebrato con tutti i crismi; con la corte, l’accusa e la difesa addobbati di toga e severità sul palcoscenico. Presidente un magistrato vero, il procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro, divertito e ironico nell’imporre e un po’ spiegare la procedura penale, pubblico ministero un fremente Andrea Ichino, economista dell’European University Institute (Fiesole). Alla difesa Umberto Eco.
Con tanto avvocato (e considerato anche il fattore ambientale, cioè il pubblico orgogliosissimo della propria scuola) si sarebbe detto che non c’era partita. Invece no. Il Classico se l’è cavata da gravi accuse quali l’iniquità sociale, la frode nei confronti degli studenti (illusi di poter acquisire conoscenza e possibilità che non avranno) e persino una sorta di plagio, perché favorirebbe una visione distorta della realtà: ma il presidente ha disposto la «trasmissione degli atti» alla Procura perché indaghi se non ci siano nuovi reati emersi dal dibattimento a carico di chi, negando i finanziamenti, non ha permesso alla scuola di funzionare.
I processi, si sa, non finiscono mai, ma la formula scelta dalla Fondazione per la scuola della Compagnia di San Paolo e dal Ministero della Pubblica istruzione risulta efficace. Esempio virtuoso di giustizia-spettacolo, tiene avvinta una trepidante platea, e nella discussione fa emergere nodi decisivi che riguardano il classico sì, ma più in generale i problemi della formazione. I testimoni illustri aiutano a chiarire il problema: che non è la contrapposizione fra classico (in calo) e scientifico (preferito dagli studenti) ma il senso globale dell’istruzione superiore, il dosaggio, il contemperamento delle discipline. Se, come dice il testimone Luciano Canfora, insigne antichista e storico della modernità, «la scuola è la trincea della democrazia», meglio sbarazzarla dei luoghi comuni. L’avvocato Eco commenta che non ha senso parlare di culture separate ma bisogna difendere la «liceità» in quanto tale.
Non mancano amene frecciate accademiche. Marco Malvaldi, romanziere di successo e chimico, ricorda che la cultura classica è umanistica e scientifica, tanto che sulla porta della scuola di Platone c’era scritto «Non entri qui chi ignora la geometria». E Canfora si complimenta ironicamente, visto che dell’Accademia non abbiano immagini, salvo quella concepita da Raffaello. Altri come Stefano Marmi (matematico della Normale di Pisa) invitano a rivolgersi ai numeri, poco favorevoli agli studenti del Classico.
Alla fine, tocca a Eco, che accetta i numeri ma si chiede maliziosamente quanti umanisti ci siano oggi nel mondo delle start up, lasciando capire che ce ne sono parecchi. La conclusione è che sarebbe necessario un nuovo liceo umanistico-scientifico «dove insegnare non solo il teorema di Pitagora ma anche la teoria sempre pitagorica sulle sfere, e il suo terrore dell’infinito». 

Il liceo classico è assolto, perché «il fatto non sussiste ». Ma dovrebbe essere riformato al più presto.

L’articolo di Vera Schiavazzi per Repubblica:
Così, al Teatro Carignano, una corte già fortemente influenzata da una serie di opinioni favorevoli al liceo più antico d’Italia, da Luciano Canfora a Ivano Dionigi, ha deciso ieri, dopo un processo organizzato dalla Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, dal Miur e da Il Mulino, dove l’economista Andrea Ichino e il semiologo e scrittore Umberto Eco sostenevano l’accusa e la difesa. Un processo guidato da Armando Spataro, procuratore capo a Torino, e accompagnato da testimonianze e “tifo”, nonché grida di dolore e di richiamo al cambiamento di insegnanti e studenti. Ma anche di argomenti che hanno trionfato, come l’invito di Eco a considerare che la cultura classica è utile e forse indispensabile, a chi deve progettare il software di un computer.
Ecco gli argomenti principali con i quali Eco e Ichino si sono “sfidati”, con ironia il primo, con passione e dovizia di dati il secondo. Ma oltre che di scuola si è parlato moltissimo dei modi italiani, e non solo, di formare una classe dirigente.
Andrea Ichino: In questo processo cercherò di far condannare il classico perché inganna alcuni studenti, che lo scelgono per avere strumenti migliori. E poi perché è inefficiente e perché è figlio della riforma Gentile, la “più fascista delle riforme”, che voleva creare una scuola di élite impedendo alle classi svantaggiate di accedervi.
Umb erto Eco: Sono d’accordo: il classico non prepara meglio dello scientifico, ma prepara in modo uguale. Ed è vero che Gentile non aveva fiducia nelle materie scientifiche. Nel liceo classico che ho fatto io c’era perfino pochissima storia dell’arte, la studiavamo solo su un vecchio manuale, il Pittaluga, con le foto in bianco e nero. E si erano dimenticati di spiegarci che Leonardo era un genio della pittura, ma non sapeva granché di chimica dato che molti suoi affreschi si scoloriscono.
Ichino: Nessuno vuole davvero abolire la cultura umanistica. Ma in Italia le competenze matematiche sono sconosciute al 70 per cento degli adulti contro il 52 medio degli altri paesi: forse è ora di restituire qualcosa. Occorre ripensare un equilibrio. Le ore non sono illimitate. Dobbiamo scegliere: studiare i mitocondri, dove si ritiene ci sia l’origine della vita di tutto il pianeta, o l’aoristo passivo e le origini della nostra cultura?
Eco: Ripensare un equilibrio vuol dire insegnare meglio il latino, dialogando in latino elementare, introdurre per tutti i cinque anni almeno una lingua straniera, e perfino la storia dell’arte. Anche il greco si può cambiare, aumentando le traduzioni del greco della koiné e di quello che anche Cicerone parlava. Propongo l’abolizione del liceo scientifico e la nascita di un’unica scuola, umanistica e scientifica.
Ichino: Su 1700 studenti bolognesi che si sono candidati al test per entrare alla facoltà di Medicina, quelli del classico erano avvantaggiati rispetto a quelli dello scientifico perché il loro voto di maturità era superiore di un punto e più rispetto alla media della scuola. Ciò nonostante, sono andati peggio nei test di chimica e di fisica. E se si paragona l’andamento al test con le medie successive degli esami si vede che a Medicina va meglio chi ha superato meglio la prova.
Eco : Ma chi ci dice che i test di medicina così come sono vadano bene? Che controllino anche la conoscenza memoriale, che pure è utile? E che invece non creino sacche di iperspecializzazione dove chi cura una malattia rara non sa più curare il raffreddore?
Ichino: Quello che sappiamo è che in Italia avere il padre laureato conta 24 volte di più per ottenere, da adulti, un reddito elevato. In America si arriva al massimo a 6 volte e ciò che conviene davvero non è tanto nascere nella famiglia giusta, ma provvedere a laurearsi in proprio. Per tacere del fatto che non solo l’inglese, ma anche l’arabo o il cinese possono essere oggi necessari.
Eco: Ma abolire la cultura classica serve solo a perdere la memoria, a farci vivere in una società orientata sul presente. Con le conseguenze che sappiamo: nessuno sa dire in che anno Mussolini e Hitler stipularono il primo accordo, nessuno dice che era il 1936.
Lo stesso Hitler non doveva aver studiato bene la storia napoleonica, altrimenti avrebbe saputo che non si può invadere la Russia senza dover affrontare almeno un inverno. Quanto a Bush, invadendo l’Afghanistan non si era informato da nessuno su come mai né Inghilterra né Russia l’avevano già fatto nei secoli precedenti: realtà orografica e rivalità tribali rendevano l’impresa difficile.
Ichino: Ma se il liceo classico è così fondamentale, mi sapete spiegare come mai nessuno lo riproduce in altri paesi? O perché anche nazioni come la Francia e la Germania lo hanno abolito e oggi riescono a reagire alla crisi meglio di noi? E perché invece di imporre a un ragazzo di 14 anni un menù fisso non glielo si propone invece à la carte, lasciandogli la possibilità di scegliere un po’ alla volta quali corsi frequentare? Vi suggerisco di guardare alla Boston Latin School.
Eco: È vero, un mio nipote frequenta a Roma un liceo francese e in effetti ha potuto scegliere à la carte, decidendo per greco ed economia. Non è troppo appassionato alla grammatica, ma ama molto il modo in cui il suo professore passa facilmente da quella alla civiltà di Atene antica. E forse così scoprirà un poco anche i misteri dell’aoristo.
Ichino: Ma perché la nostra futura classe dirigente, o presunta tale, studia per anni il greco e il latino, passa il tempo a fare versioni, e alla fine non parla nessuna di queste due lingue mentre l’inglese o il francese sì?
Eco: Perché c’è modo e modo di studiare latino e greco. Adriano Olivetti cercava e assumeva oltre agli ingegneri anche persone con cultura umanistica, educate sulle avventure della creatività. Io stesso del resto appena ho avuto uno dei primi computer di Apple ho imparato a programmare un sistema per riprodurre i sillogismi classici sulla base della mia conoscenza di Aristotele. Non è vero dunque che un informatico sia un semplice esecutore di equazioni, anche se non è necessario che abbia letto i formalisti russi per pensare all’intertestualità.
Ichino: Il liceo classico è iniquo perché non dà strumenti adeguati alla società, e dunque contribuisce a ridurre la mobilità sociale. La storia è certamente utile, ma dopo aver studiato quella e la filologia ci sono molte altre cose che uno studente deve fare. E tra queste utilizzare informazioni qualitative, di tipo scientifico, per risolvere i problemi.
Eco: È in un certo senso la mia proposta di un unico liceo. Si deve studiare il teorema di Pitagora, ma anche la sua teoria sull’armonia delle sfere. E il suo terrore dell’infinito.
Applausi, riunione della corte, sentenza dopo un’ora soltanto.