Marcello Dell’Utri, l’intercettazione che ha svelato la latitanza

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Aprile 2014 - 10:06 OLTRE 6 MESI FA
Marcello Dell’Utri, l’intercettazione che ha svelato la latitanza

Marcello Dell’Utri

ROMA – Il piano di fuga di Marcello Dell’Utri e di come la procura è venuta a sapere delle intenzioni dell’ex senatore di Forza Italia e braccio destro di Silvio Berlusconi, viene spiegata dal Corriere della Sera.

Racconta il quotidiano:

L’intercettazione avvenne a un tavolo del ristorante Assunta Madre in via Giulia a Roma, a pochi passi dalla sede della Procura nazionale antimafia, e risale alla sera dell’8 novembre 2013. Una microspia della Squadra mobile della capitale registrava i discorsi fatti all’interno del locale — molto ben frequentato tra professionisti, uomini di spettacolo e politici — nell’ambito di un’indagine su un presunto riciclaggio internazionale. Il 20 febbraio, quando la Procura di Roma lo trasmette a Palermo, quel frammento di conversazione diventa lo spunto per bloccare il progetto di fuga dell’ex senatore in attesa di pena definitiva (la Cassazione è convocata martedì per pronunciare quello che potrebbe essere l’ultimo verdetto). La Procura generale deve decidere come muoversi: chiedere l’arresto o una misura più blanda, il ritiro del passaporto?

La cimice della polizia aveva anche intercettato le confidenze di Alberto Dell’Utri sui documenti del fratello:

«Lui è andato lì (intendendo Bruxelles, ndr) insieme a questi della Guinea Bissau che lo hanno preso in seria considerazione, e gli hanno dato il passaporto diplomatico… gli hanno aperto le porte». E la questura di Milano, in un’informativa del 29 gennaio, aveva segnalato che l’ex senatore poteva disporre del suo regolare passaporto italiano e di carta d’identità valida per l’espatrio, ha casa a Santo Domingo, oltre a molti soldi; e già nel marzo 2012, alla vigilia del precedente giudizio in Cassazione, era andato all’estero.

Quando manca più di un mese al verdetto finale, all’ufficio guidato da Roberto Scarpinato il carcere — già negato all’indomani dell’appello-bis, a marzo 2013 — sembra una misura eccessiva, perché la Cassazione potrebbe anche non confermare la condanna e ordinare un terzo processo. Si decide per il divieto d’espatrio, richiesto il 4 marzo. Sei giorni più tardi, il 10, la Corte d’appello risponde «no»: secondo i giudici, per i reati di mafia la legge prevede o l’arresto o niente. È una questione di diritto, legata all’interpretazione delle norme e di una sentenza della Corte costituzionale in materia.