“Marcia della Fim nella città di Landini”, Dario Di Vico sul Corriere

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Aprile 2014 - 11:32 OLTRE 6 MESI FA
Marcia della Fim nella città di Landini Sfida per un sindacato post-ideologico

Maurizio Landini (LaPresse)

ROMA – “Marcia della Fim nella città di Landini. Sfida per un sindacato post-ideologico”, questo il titolo dell’articolo a firma di Dario Di Vico sul Corriere della Sera:

Una marcia, simbolica, su Reggio Emilia non si era mai vista. A organizzarla ieri sono stati 1.500 delegati operai della Fim-Cisl che hanno voluto seppur per un solo giorno invadere la città del loro rivale sindacale, il leader della Fiom-Cgil Maurizio Landini.

Nella storia dei metalmeccanici la Fim non occupa certo una posizione ancillare — basta ricordare il peso di un certo Pierre Carniti — ma in tutti questi anni ha subito l’offensiva dei Cremaschi, dei Landini e dei Rinaldini. Dopo aver firmato con la sola Uilm un paio di contratti nazionali separati e un accordo Fiat, i metalmeccanici della Fim non ci stanno più a fare il punching ball della Fiom e hanno deciso di passare all’attacco per dare una rappresentazione del mondo del lavoro diversa da quella dei talk show , dove a loro parere domina incontrastato Landini. Così alla presenza del leader cisl Raffaele Bonanni sono stati premiati i delegati che hanno portato negli ultimi mesi il maggior numero di nuovi iscritti e gli applausi più caldi sono andati ai fimmini che hanno strappato delegati e consensi alla Fiom nelle «ultime Stalingrado d’Italia», le fabbriche con il monocolore sindacale. È un derby in piena regola, con gioco maschio e che porta con sé un incredibile paradosso politico. La stragrande maggioranza dei delegati Fim vota Pd senza far tante differenze tra la segreteria Bersani o quella Renzi e così si produce l’inedita situazione secondo la quale i democratici sono più forti qui che nella Fiom. Quanto a Matteo Renzi nella veste di premier i metalmeccanici della Cisl ne biasimano gli attacchi al sindacato, non amano il suo linguaggio da rottamatore ma arrivati ai programmi sostengono che «sono uguali a quelli che abbiamo scritto per anni sui nostri volantini».

La contrapposizione alla Fiom è organizzativa, di riferimenti politico-culturali ma soprattutto di concezione del sindacato. L’accusa che i delegati convenuti a Reggio Emilia per ascoltare il loro leader Giuseppe Farina fanno alla Fiom è di essere troppo politicizzata tanto da costituire il punto di riferimento della sinistra estrema. I nipotini di Carniti si battono, invece, per un sindacato totalmente dedito alla contrattazione che deve essere «utile» (parola mai usata nel sindacalese) per le imprese e per i lavoratori. Un modello totalmente post-ideologico che si esprime con questo slogan: «Non siamo noi che vogliamo escludere la Fiom ma a volte per cercare soluzioni applicabili dobbiamo rinunciare a stare assieme a loro». Siccome però i Landini boys non sono soliti porgere l’altra guancia la Fim ha deciso di potenziare l’organizzazione in un punto considerato strategico: l’Emilia-Romagna, il cuore dell’insediamento Fiom. Un territorio nel quale l’organizzazione di Landini è accusata di comprimere l’agibilità degli altri sindacati («volevano addirittura cacciarci dalle fabbriche») e in parallelo di coltivare «relazioni consociative» con le Confindustrie locali. Per reggere l’urto dei cugini-concorrenti la Fim farà un investimento in formazione di quadri e delegati locali proprio perché ogni punto segnato tra Piacenza e Forlì vale doppio (…)