Marco Travaglio. “Bavaglio giudiziario su scandali del potere”

Pubblicato il 18 Aprile 2015 - 09:17 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio. "Bavaglione giudiziario su scandali del potere"

Dure critiche da Marco Travaglio per Edmondo Bruti Liberati (a sin.) e Giuseppe Pignatone (a ds)

ROMA – Marco Travaglio ha il coraggio di dire quello che finora non sembra siano stati capaci di fare tutti gli altri giornalisti, forse storditi e scossi dalla rivelazione che i loro miti non li amano proprio : la proposta dei procuratori della Repubblica di Milano, Roma e Palermo, Edmondo Bruti Liberati, Giuseppe Pignatone e Franco Lo Voi, di impedire la pubblicazione di qualsiasi atto istruttorio anche se pubblico fino al processo, cioè anni e anni dopo, fa semplicemente inorridire: è contro le regole fondamentali della democrazia occidentale moderna, contro la Costituzione italiana, contro la giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

Con questa loro proposta, scrive con una certa veemenza Marco Travaglio sul Fatto nel suo editoriale del 18 aprile 2015,

“gli esimi procuratori della Repubblica Edmondo Bruti Liberati (Milano), Giuseppe Pignatone (Roma) e Franco Lo Voi (Palermo) offrono su un piatto d’argento alla Banda Larga che ci sgoverna tra un furto e l’altro, un bel bavaglione per la stampa sugli scandali del potere”.

Marco Travaglio li chiama “i Tre Tenori” e sintetizza così la loro proposta proclamata davanti alla commissione Giustizia della Camera “più che mai ansiosa di silenziare la stampa”:

1) I magistrati potranno continuare a inserire nelle ordinanze di custodia cautelare –depositate agli avvocati e agli arrestati e/o indagati, dunque non più segrete –intercettazioni, verbali d’interrogatorio e così via. Ma i giornalisti, pur conoscendole non potranno più raccontarle fino all’inizio del processo. Cioè mesi, anni dopo: dovranno attendere la fine delle indagini preliminari, il deposito degli atti, le attività integrative chieste dagli avvocati, l’udienza preliminare e il rinvio a giudizio (e se questo non ci fosse, ma intervenisse l’archiviazione o il proscioglimento, nulla si potrebbe sapere di tutto ciò che si è scoperto solo perché il giu-dice non l’ha ritenuto penalmente rilevante, con tanti saluti alla responsabilità politica, amministrativa e morale).

2) Insieme con le ordinanze, gli avvocati e gli indagati e/o arrestati ricevono anche le richieste del pm, le informative di polizia, i brogliacci completi delle intercettazioni.

Anche questi, una volta depositati, non sono più segreti, dunque i giornalisti li conoscono: ma non potranno riferirli né farvi cenno, e non solo fino all’inizio del processo, ma mai, per l’eternità.

Seguono la critica alla proposta e i riferimenti alla giurisprudenza europea:

L’idea che una notizia vera, documentata e pubblica diventi impubblicabile, a pena di multe salatissime (la solita paraculata per evitare che si gridi al “carcere per i giornalisti”, che com’è noto è finto, salvo campagne diffamatorie violente e recidive), oltreché indecente, è anche esilarante. Curioso che i Tre dell’Ave Bavaglio ignorino non solo la Costituzione italiana e la Convenzione europea sui diritti dell’uomo, ma anche la giurisprudenza della Corte di Strasburgo che da anni afferma la prevalenza del diritto di cronaca su quello alla riservatezza dei potenti.

Il 24 aprile 2008 (ricorso n.17107/05), per esempio, la Corte ritenne violato l’art. 10 della Convenzione (“libertà di espressione”) da parte del Portogallo: lì un giornalista aveva pubblicato una sintesi di atti di indagine su un politico accusato di frode fiscale ed era stato condannato per violazione del segreto. Ma per la Corte le esigenze di riservatezza delle indagini e degli indagati sono secondarie rispetto all’interesse pubblico a essere informati dei fatti che sono oggetto dell’accertamento giudiziario”.

Il 7 giugno 2007, poi, Strasburgo condannò la Francia, sempre per violazione della libertà di espressione (ricorso n. 1914/02). Motivo: il Tribunale di Parigi aveva sanzionato con piccole multe due giornalisti di Le Monde, Dupuis e Pontaut, autori del libro “Les Oreilles duPrésident”, che denunciava (e pubblicava) le intercettazioni illegali disposte sotto la presidenza Mitterrand su circa 2.000 persone, compresi molti avversari politici. I giudici francesi avevano dichiarato prevalente la tutela del segreto istruttorio. La Corte europeainvece stabilì che, quando ci sono di mezzo politici, i limiti della critica e della cronaca sono più ampi. Anche se si infrange il segreto.

È vero che i due autori hanno violato le norme sul segreto istruttorio, ma era loro dovere farlo. Perché in questi casi prevale l’esigenza del pubblico di essere informato sul procedimento giudiziario:

“È legittimo accordare una protezione particolare al segreto istruttorio, sia per assicurare la buona amministrazione della giustizia, sia per garantire il diritto alla tutela della presunzione d’innocenza delle persone oggetto d’indagine. Ma su queste esigenze prevale il diritto di informare, soprattutto quando si tratta di fatti che hanno raggiunto una certa notorietà tra la collettività”.

La Corte aggiunse che anche la sanzione di un’ammenda di poche centinaia di euro può avere un effetto dissuasivo dell’esercizio della libertà di stampa: “In una società democratica, bisogna adottare la massima prudenza nel punire i giornalisti per violazione del segreto… visto che essi esercitano la missione di ‘cani da guardia’della democrazia.

L’art.10 protegge il diritto dei giornalisti di comunicare informazioni di interesse generale, purché si attengano alla buona fede e all’esattezza dei fatti”. Qualsiasi bavaglio sbatterà dunque le corna contro l’Europa e non entrerà neppure in vigore, potendo essere disapplicato direttamente dai tribunali italiani. Quando i nostri politici, anziché perdertempo a censurare le notizie sui loro furti, la smetteranno di rubare, sarà sempre troppo tardi.