Marco Travaglio: con “Slurp” giornalisti “lecchini” alla berlina in 500 pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Maggio 2015 - 08:31 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio: con "Slurp" giornalisti "lecchini" alla berlina in 500 pagine

Marco Travaglio: con “Slurp” giornalisti “lecchini” alla berlina in 500 pagine

MILANO – Marco Travaglio non ne perdona molte ai suoi colleghi giornalisti, che considera malati di “leccaculismo” e su questo, a tre mesi da quando è diventato direttore del Fatto, ha scritto un libro, “Slurp”, 500 pagine, terminato pochi giorni fa, di esilarante antologia. Claudio Plazzotta, uno dei più profondi conoscitori di fatti e misfatti del mondo della tv e dei giornali in Itala, ha presentato il libro di Italia Oggi e ha intervistato Marco Travaglio.

Slurp (editore Chiarelettere), è, scrive Claudio Plazzotta,“una divertita presa per i fondelli del leccaculismo di tanti giornalisti, dove i fuoriclasse sono Emilio Fede, Giuliano Ferrara («uno che, tolto Benito Mussolini perché non era ancora nato, li ha leccati tutti»), Gianni Riotta, Giovanni Minoli o Renato Farina. E c’è spazio anche per il Travaglio Gobbo, «in sonno da troppo tempo a causa di Luciano Moggi. Ormai, sono un tifoso freddino”.

Marco Travaglio. avverte Claudio Plazzotta, “si sente tutto fuorché un direttore, «non c’è niente da fare, sono solista dentro» e per ora si arrabatta, sbuffando, tra tutte quelle «incombenze burocratiche, amministrative, di gestione del personale, di gente che ti vuole incontrare, di rapporti da intrattenere» che non erano proprio in cima ai suoi pensieri quando iniziò a scrivere i primi articoli:

“Sono freelance dentro, non ho mai studiato per fare il direttore, non ho mai pensato né sperato di diventarlo. Non sono attrezzato, insomma. Diciamo che cerco di difendere con le unghie e con i denti il mio tempo quotidiano dedicato alla scrittura, che è poi l’unica ragione per cui faccio il giornalista e che è infinitamente più gratificante anche della tv. Non riuscissi a scrivere, rinuncerei alla direzione”.

La giornata di Marco Travaglio è intensa. Claudio Plazzotta è perplesso e chiede: Libro, tv, tournè in teatro. E il lavoro di direttore?

“Con le videoconferenze e il sistema editoriale che gira sul mio portatile, si riesce a controllare tutto anche da fuori. Il mio problema, ripeto, è non avere la testa da direttore d’orchestra. Avessi fatto il caporedattore mi sarei già allenato. Ma io, anche quando abbiamo fondato Il Fatto quotidiano, mi sono fatto fare un contratto da co-co-co, sono un solista nell’anima. Non mi sono mai relazionato con i colleghi in un rapporto gerarchico. Per esempio, non sono capace di fare i cazziatoni. Mi arrabbio se sbagliamo qualcosa, ma non riesco a chiamare uno per fargli il culo”.

I giornalisti ex Unità sono chiamati a risarcire direttamente centinaia di migliaia di euro per le cause di diffamazione. L’Unità non paga: a Concita De Gregorio pignorata casa e stipendio C’è una giusta mobilitazione,che però non ci fu quando Marco Travaglio dovette risarcire “un sacco di milioni di vecchie lire” a Cesare Previti:

“In effetti io sono stato un apripista, dal 1998 e per un bel po’ di tempo versai un quinto del mio stipendio a Cesare Previti per un articolo sull’Indipendente in cui lo avevo definito cliente di procure e tribunali. L’Indipendente fallì, e io dovetti pagare. Il bello è che avevo ragione, Previti era stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Brescia. Ma l’avvocato dell’Indipendente non mi avvertì mai di quella causa, io non potei difendermi e fui condannato in sede civile. Versai una trentina di milioni di lire. Comunque la vicenda dell’Unità è uno scandalo e una vergogna: dietro c’è un partito che ha incassato un sacco di soldi pubblici e che ha un patrimonio enorme”. Lei lavora con Michele Santoro in tv da molto tempo. Ha capito cosa farà?

“Per ora porta a termine l’ultima stagione da conduttore di un talk continuativo. Giovedì finisce Servizio Pubblico, poi ci sarà Anno Uno, e a giugno un finale a sorpresa. Da lì, vedremo. Anche la web tv è una cosa di cui si devono occupare quelli che sanno fare tv. Io, al massimo, sono un buon ospite, ma non so fare la tv”. E ha capito cosa vuol fare Urbano Cairo con La7?

“Francamente no, ma non me ne sono molto interessato, può fare quello che vuole, non è che mi freghi più di tanto”. Con Slurp Marco Travaglio è implacabile contro i colleghi giornalisti:

“Non ce l’ho con i giornalisti come categoria. Ho sempre fatto i nomi e i cognomi, facendomi, ovviamente, molti amici. Questa volta, comunque, la butto sul ridere. Da almeno 20 anni colleziono le leccate di culo, avevo una cartella «Leccaculo» che nel frattempo si è trasformata in scatoloni che da terra mi arrivano almeno all’anca, e in cui ho conservato cortigianerie, piaggerie, sciocchezze.

I più prolifici sono quattro o cinque fuoriclasse: per esempio Emilio Fede, che ora, però, mi commuove. Perché ci sono i leccaculi e i leccaculo. Ecco, lui ha leccato sempre lo stesso, ma non gli è andata bene. Altri sono stati più versatili, hanno dimostrato grande elasticità di lingua. Giuliano Ferrara, per esempio, ha mancato Benito Mussolini solo perché non era ancora nato. Altrimenti gli altri li ha leccati tutti. È arrivato a leccare perfino Antonio Di Pietro, criticando Bettino Craxi perché contrastava il suo operato come magistrato. Un altro grandissimo è Bruno Vespa, e poi Gianni Riotta, Giovanni Minoli. O Renato Farina: memorabile un suo pezzo in cui racconta una notte di Natale ad Arcore. Farina regala a Berlusconi un salame e riceve, in dono, un Rolex”.

Domanda cattiva: è pentito di aver votato Antonio Ingroia alle ultime elezioni politiche? “Bah, io voto sempre all’incontrario. Tanto in Italia le elezioni politiche sono prevedibili, basta alternare: ogni volta che ne provi uno al governo, poi la volta dopo lo butti via. Io ho sempre votato per chi avrebbe perso. Il progetto politico di Ingroia è fallito. Lui è una persona perbene, ma ha sbagliato i tempi. Io gli avevo dato alcuni consigli: di aspettare, di rimanere in Guatemala con quell’incarico internazionale, di fare passare del tempo dal suo addio alla magistratura prima di dedicarsi alla politica. E poi era prevedibile che in quel momento lo spazio politico scelto da Ingroia sarebbe stato tutto cannibalizzato dai 5 Stelle. Inoltre Ingroia non doveva caricarsi quel vecchiume vetero-sinistrista, tutta gente che non poteva riciclarsi senza puzzare di vecchio”.