Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Forza Tasche”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Maggio 2014 - 07:55 OLTRE 6 MESI FA
il fatto quotidiano

La prima pagina del Fatto Quotidiano del 14 maggio

ROMA – “Forza Tasche”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano del 14 maggio:

Sono vent’anni che in Italia si approvano “codici etici” e intanto si ruba come prima più di prima. Vent’anni che si arruolano “task force anti-corruzione” e intanto la corruzione galoppa: nel ’92 costava agli italiani – secondo il Centro Einaudi di Torino – 10 mila miliardi di lire all’anno e oggi 60 miliardi di euro (12 volte in più); vent’anni fa l’Italia era al 33° posto nella classifica di Transparency International dei paesi meno corrotti, oggi è al 69° dietro il Ghana.

Dal ’94 si sono avvicendati tre governi di centrodestra, quattro di centrosinistra, due tecnici, uno di larghe intese e uno di strette: tutti, a parole, anti-corruzione; tutti, nei fatti, pro-corruzione a suon di leggi che allungavano i processi, abbreviavano la prescrizione, depenalizzavano reati dei colletti bianchi, depotenziavano la lotta alle mafie, condonavano delitti, indultavano delinquenti, cestinavano prove, incoraggiavano l’omertà. L’idea che, per sconfiggere la corruzione, occorra cambiare le regole è ingenua e dannosa: una volta ripristinati reati come l’abuso d’ufficio anche non patrimoniale e il falso in bilancio, e introdotti quelli mancanti come l’autoriciclaggio, e aumentate le pene e bloccate le prescrizioni, c’è poco da cambiare le regole. Bisogna armare chi deve scoprire e punire chi non le rispetta. E poi isolare con la morte civile chi non le ha rispettate. Mission impossible in Italia, dove i delinquenti già condannati ricattano con l’arma del silenzio i delinquenti non ancora scoperti. Garantendo a se stessi e agli altri carriere eterne, visto che non esistono bollini di scadenza (questi sì da introdurre) sulle poltrone pubbliche. La Parmalat di Tanzi, come del resto Enron e Lehman Brothers, aveva un codice etico formidabile: s’è visto com’è finita.

Il gruppo Maltauro – consultare il sito per credere – ha un Codice Etico della madonna: “Nel Codice Etico sono formalizzati i principi fondamentali cui le singole società del Gruppo sono tenute a uniformarsi e che consistono nella scrupolosa osservanza della legge, nel rispetto degli interessi legittimi del cliente, dei fornitori, dei dipendenti, degli azionisti, della concorrenza leale, delle istituzioni e della collettività”. L’Ad che l’ha firmato, Enrico Maltauro, è stato filmato dai finanzieri mentre si sfilava una mazzetta dalla giacca e la passava a un faccendiere di Expo in cambio di appalti. Si poteva evitarlo? Sì, visto che il Maltauro era già stato beccato nel ’93 a fare la stessa cosa per gli appalti dell’aeroporto di Venezia e aveva patteggiato la pena: basterebbe una norma che escluda da appalti e contratti pubblici gli imprenditori e i manager condannati.

Tre anni fa si scoprì che anche la Rai aveva un Codice Etico: fu usato la prima volta non contro i tg che taroccano le notizie e i programmi che le censurano, bensì contro la Gabanelli che, dandole, aveva dato noia a Tremonti. Per salvarsi dal plotone di esecuzione, dovette allestire un Report riparatorio pro Tremonti. Il Codice Etico Rai fu rispolverato contro Santoro e contro Celentano (reo di leso Vaticano al Festival di Sanremo), poi se ne persero le tracce. Nel 2010 Cesare Prandelli varò, d’intesa con i giocatori, il Codice Etico della Nazionale: fuori gli autori di gesti scorretti o violenti. Ora però ha deciso di convocare lo juventino Chiellini, appena squalificato per tre giornate dopo che la prova tv ha immortalato la sua gomitata al romanista Pjanic: “Alla fine decido io”. Per carità, forse fa bene, ma allora sostituisca il Codice Etico con il Codice Decidoio. La legge sugli appalti prevede che debba vincerli il migliore offerente dopo una gara trasparente. Ma otto giorni fa, con la scusa degli appositi ritardi, si decise di esentare i lavori sotto i 150 mila euro dalle verifiche antimafia. Tutti d’accordo: Alfano, Maroni, Pisapia, Sala. Tanto a vigilare su Expo c’erano già ben 23 organi di controllo: 5 interni e 18 esterni.