Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Letta, Henry palle di acciaio”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 8 Novembre 2013 - 08:10 OLTRE 6 MESI FA
 Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Letta, Henry palle di acciaio"

Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Letta, Henry palle di acciaio”

ROMA – “Henry palle di acciaio”, scrive Travaglio sul Fatto Quotidiano di oggi (8 novembre).  “In Europa pensano che ho tirato fuori delle balls of steel” diceva ieri Letta, “forse era posseduto dallo spirito del Cainano” scrive oggi Travaglio nel suo editoriale:

A Palazzo Chigi c’è un virus pestilenziale nell’aria che forse ha già irrimediabilmente impregnato arazzi, tappezzerie, tendaggi, stucchi, arredi, quadri e suppellettili, resistente a ogni disinfestazione: negli ambienti scientifici è noto come il Virus dello Scolapasta. Chiunque entri lì dentro ne viene inesorabilmente appestato e inizia a credersi Napoleone, a portare a spasso il proprio monumento, a pontificare col pitale in testa e lo spazzolone in mano, ad autocitarsi, autoincensarsi, autobeatificarsi. Pare che il portatore sano, anzi nano, ad avviare il contagio sia stato Berlusconi, l’Untore del Signore. Il quale, va detto, portava dietro la preoccupante sindrome da quando faceva l’imprenditore. Parlava di sé in terza persona, e con le lettere maiuscole. “Il signor Berlusconi ha creato Forza Italia. Se permettete, ho molta fiducia in lui”.

“Io sono l’equilibrio, la moderazione, la misura in persona”. “Cosa volete, sono un po ’ montato”. “Silvio Berlusconi ha dato dimostrazione, nella sua vita, di saperci fare”. “Ho un complesso di superiorità che stento a frenare”. “Il signor Berlusconi ha sempre avuto ragione, nel calcio e non”. “Ho salvato il Paese da un futuro senza libertà e senza democrazia”. “Chi vorrei essere se non fossi Berlusconi? Il figlio di Berlusconi”. “Se non riuscissi a farcela, significa che è molto difficile che possa farcela qualcun altro. Quindi, peggio per voi”. “Non ho scelto io la politica: mi è stata imposta dalla Storia”. “Io faccio come mia zia Marina. Un giorno l’ho trovata con un bellissimo vestito a fiori, che si guardava allo specchio e diceva: ‘ Marina, cume te se bela’. Io le dissi: ‘ Ma zia, te lo dici da sola? ’. E lei: ‘ Per forza, non me lo dice nessuno’…”. “Mi spiace, non voglio parlare di me in terza persona, ma molto spesso mi viene comodo. Questo però non significa nessuna aumentata considerazione di me stesso, anche perché più alta di così non potrebbe essere”. “Non posso parlare di me e dire che sono il migliore. Ma io lo so che sono il più bravo”.

“Sono sempre in anticipo sulla Storia”. “Vorrei potermi clonare in tanti Berlusconi un po ’ più giovani”. “Ho grande considerazione di me”. “Non ho il petto abbastanza largo per contenere tutte le medaglie che merito per quel che ho fatto per il Paese”. “Ho riletto il mio intervento alla Camera. Bè, mi sono fatto i complimenti: un intervento mirabile”. “In Italia nessuno può dire di aver fatto quanto me. Nemmeno in Europa c’è uno che abbia una caratura paragonabile a quella di Silvio Berlusconi. In America solo Bill Gates mi fa ombra”. “Passerò alla Storia, preparate il monumento”. “Nessun governo ha realizzato tanto quanto il mio in tutta la Storia d’Italia”. “La ripresa dell’Italia si chiama Silvio Berlusconi”. E, va detto, i risultati si vedono a occhio nudo. Ora il pover’ometto confonde Marina e Pier Silvio con Anna Frank. Purtroppo nel novembre 2011 la patria ingrata lo costrinse alle dimissioni e a Palazzo Chigi arrivò Monti. Il tempo di acclimatarsi, poi cominciò subito a credersi l’uomo della Provvidenza: ancora l’altro giorno, tutt’altro che guarito, osservava che in Italia tutti lo ricordano per il cane Empy, ma in Europa tutti gli dicono che ha “salvato l’Italia” (devono essersi passati la voce: “assecondiamolo”). Ora tocca a Letta Nipote: si pensava che fosse conscio della sua consistenza pari a quella del semolino, del suo calore umano una tacca inferiore a quello di una caldaia spenta, della sua espressione da tinca lessa. Invece no, anche lui contagiato dal virus. Ieri l ’ Irish Time gli ha domandato che ne pensano di lui le Cancellerie europee e lui ha risposto pronto: “Pensano che ho tirato fuori delle balls of steel”. Letteralmente “palle d’acciaio”. Forse era posseduto dallo spirito del Cainano, che nel ‘ 94 sera paragonato a “quel Col-leoni che madre natura dotò di attributi tali da abbattere ogni avversità”. O forse ha inteso male la domanda: gli han chiesto che ne pensa di lui la Cancellieri, e lui ha capito Cancellerie.