Marco Travaglio. Mario Mori, carriera e errori ma “il talento va premiato”

Pubblicato il 28 Settembre 2014 - 12:13 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio. Mario Mori, carriera e errori ma "il talento va premiato"

Mario Mori: duro attacco da Marco Travaglio

ROMA – “Il generalissimo Mario Mori, [ex comandante dei Ros dei Carabinieri e direttore del Sisde] fra le varie fortune che hanno costellato la sua carriera, deve aggiungere anche questa: non aver mai incontrato qualcuno che premiasse il suo impareggiabile talento: non c’era bisogno di arrestarlo, bastava sputargli in un occhio”,

scrive Marco Travaglio riferendosi a un episodio del film  Totò a colori, in cui

“il presunto musicista Antonio Scannagatti càpita in una casa di esistenzialisti a Capri. Alla vista di un’immonda crosta di “pittura moderna” alla parete, rischia l’infarto. E s’informa presso l’autore. Che risponde: “C’est un’imitation de Picassò!”. E lui: “Imitation de Picassò? E l’hai fatta tutta tu con le tue mani? Ma veramòn? Il talento va premiato”. Fa sedere il sedicente artista su una sedia da barbiere, gli avvolge una tovaglia al collo, lo prega di coprirsi un occhio con la mano e di dilatare con due dita (“pimice e pomice”) le palpebre dell’altro. Poi, al colmo della suspence, ci sputa dentro”.

L’editoriale di Marco Travaglio si sviluppa così:

“Ricapitoliamo il curriculum con l’ausilio della memoria depositata dai Pg Scarpinato e Patronaggio al processo d’appello a Palermo per la mancata cattura di Provenzano.

Nato a Postumia nel 1939, Mori diventa tenente dei Carabinieri nel 1965. Dopo un primo periodo in Veneto, nel 1972 entra nel Sid, il servizio segreto civile comandato dal generale Maletti (P2), crocevia di trame e deviazioni assortite.

Lì, secondo un ex colonnello, Mori recluta adepti per la loggia di Gelli, intercetta abusivamente Maletti e fabbrica anonimi con Pecorelli (P2). Ragion per cui viene cacciato dal Sid e restituito all’Arma, ma col divieto di operare a Roma: uno così è troppo persino per Maletti.

Infatti lo spediscono a Napoli, ma lo promuovono capitano. Il talento va premiato.

A Roma torna il 16 marzo ’78, giorno del sequestro Moro, per guidare la sezione anticrimine del Reparto operativo e occuparsi di terrorismo: le indagini sul sequestro e l’omicidio Moro passeranno alla storia come un capolavoro di cialtroneria, tant’è che a tutt’oggi non sappiamo quanti spararono in via Fani e quanti carcerieri ebbe Moro.

Nel 1986, promosso tenente colonnello (il talento va premiato), Mori è in Sicilia a comandare il Gruppo Carabinieri Palermo 1. Sua l’idea, nel ’90, di fondare il Ros, di cui è vicecomandante con delega sulla mafia.

Infatti, nel giugno ’92, dopo la strage di Capaci, inizia a trattare col mafioso corleonese Ciancimino, in tandem col fedelissimo De Donno, senza informare il comando dell’Arma né la Procura (come sarebbe suo dovere di ufficiale di polizia giudiziaria).

Ad agosto diventa colonnello: il talento va premiato. Il 15 gennaio ’93 coordina la cattura di Riina, ma si guarda bene dal perquisire il covo: meglio lasciarlo svuotare dai mafiosi, all’insaputa della Procura.

Nel ’93 viene intercettato Nitto Santapaola: è in una villa, basta andarlo a prendere. Sventuratamente il Ros irrompe nella villa sbagliata, a 50 metri da quella giusta, a sirene spiegate, con tanto di conflitto a fuoco con uno che non c’entra nulla: così Santapaola sente e vede tutto dalla finestra, e si dà.

Nel ’95 la scena si ripete con Provenzano: si sa che sta per arrivare in una masseria di Mezzojuso, basta andarci e catturarlo. Troppo facile. “Osservazione a distanza”.

Così a distanza che Zu Binnu arriva, tiene una riunione e se ne va indisturbato. Ce n’è abbastanza per promuovere Mori generale e comandante del Ros (è il ’98, Ulivo al governo). Il talento va premiato.

E pure insegnato, perché le nuove leve prendano esempio e imparino: comandante della Scuola allievi ufficiali carabinieri.

Manca qualcosa? Ah, sì: nel 2001 il governo Berlusconi lo promuove direttore del Sisde. L’uomo giusto al posto giusto. Infatti il Sisde inizia a trafficare coi boss in carcere, sempre all’insaputa dei pm. Nel 2006, finalmente, arriva la pensione.

Ma può lo Stato privarsi di un simile genio? No che non può. Consulente per la sicurezza del sindaco di Roma Alemanno. Poi controllore, nominato da Formigoni, sulla regolarità degli appalti Expo contro le tangenti e le infiltrazioni mafiose. Risultato: tutti a San Vittore. Ma hai fatto proprio tutto tu, con le tue mani? Ma veramòn? Il talento va premiato”.