Marco Travaglio: Renzicchio, col Governo Matteo Renzi ha già perso la faccia

Pubblicato il 22 Febbraio 2014 - 09:14 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio: Renzicchio, col Governo Matteo Renzi ha già perso la faccia

Matteo Renzi con Maria De Filippi ad Amici. Dalla comparsata tv a palazzo Chigi

Matteo Renzi aveva detto, a proposito dei ministri che avrebbe nominato: “Ora mi gioco la faccia”.

Lo ha fatto e ha perso la faccia, sec0ndo Marco Travaglio. Il Governo Renzi non è un governo, ma un governicchio, anzi un Renzicchio .

Ora che Matteo Renzi ha fatto le sue scelte, ha scritto sul Fatto Marco Travaglio,

“possiamo tranquillamente dire che il suo governicchio è un Letta– bis, cioè un Napolitano-ter che potrebbe addirittura riuscire nell’ardua impresa di far rimpiangere quelli che l’hanno preceduto.

Già la lista con cui è entrato al Quirinale presentava poche novità vere, anzi una sola: quella del magistrato antimafia Nicola Gratteri alla Giustizia.

Quella che ne è uscita dopo due ore e mezza di cancellature a opera di Giorgio Napolitano è un brodino di pollo lesso che delude anche le più tiepide aspettative di svolta. E il fatto che la scure di Sua Maestà si sia abbattuta proprio su Gratteri la dice lunga sul livello di non detto dei patti inconfessabili che Renzi ha voluto o dovuto stringere col partito trasversale del Gattopardo.

Se il premier fosse quello che dice di essere, avrebbe dovuto tener duro su Gratteri o mandare tutto a monte. Invece s’è democristianamente genuflesso a baciare la pantofola e ha nominato il ragionier Andrea Orlando, ultimamente parcheggiato all’Ambiente (“Orlando chi?”, avrebbe detto Renzi qualche giorno fa), rinunciando a dare una sterzata alla Giustizia.

[…]

Accettando senza batter ciglio i veti del Colle, della Bce e di Bankitalia, Renzicchio si candida al ruolo di rottamatore autorottamato.

Poteva tentare una svolta, costi quel che costi: s’è prontamente fatto fagocitare dalla “palude” che rinfacciava a Letta. Voleva essere il primo premier della Terza Repubblica: sarà il terzo premier a sovranità limitata, circondato da un accrocco di partitocrati di nuova generazione che non danno alcuna garanzia di esser meglio degli antenati.

Con due sole eccezioni: il ministro dell’Economia Padoan, finto tecnico che rassicura le autorità europee e mastica politica da una vita, infatti era consigliere di D’Alema (Renzi voleva Delrio, poi anche lì ha alzato bandiera bianca); e l’addetta allo Sviluppo Federica Guidi, che ha soprattutto il merito di essere una turboberlusconiana e la figlia di papà Guidalberto.

Alfano, che Renzi voleva cacciare dal Viminale per l’affare Shalabayeva, resta a pie’ fermo al Viminale.

Lupi, che persino il renziano De Luca accusava di farsi gli affari suoi alle Infrastrutture, rimane imbullonato dov’è.

Un altro formidabile conflitto d’interessi porta con sé Giuliano Poletti, ras delle coop rosse, al Lavoro.

Notevole anche la Pinotti, genovese come Finmeccanica, alla Difesa.

La catastrofe Lorenzin farà altri danni alla Salute.

Il multiuso Franceschini passa dai Rapporti col Parlamento alla Cultura.

La Giannini, segretaria di quel che resta di Scelta civica, va all’Istruzione.

Il cerchietto magico renziano si aggiudica gli Esteri con la Mogherini, le Riforme con la Boschi, la Pubblica amministrazione con la Madia (avete capito bene: Madia).

Un po’ di fumo negli occhi con la sindaca antimafia Lanzetta alle Regioni, poi due figuranti come Martina all’Agricoltura e il casiniano Galletti che, essendo commercialista, va all’Ambiente”.