Marco Travaglio. Riina e Bagarella confronto con Napolitano, è la Costituzione

Pubblicato il 5 Ottobre 2014 - 09:15 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio. Riina e Bagarella confronto con Napolitano, è la Costituzione

Giorgio Napolitano. In questo ufficio i boss mafiosi Riina e Bagarella lo vedranno in video e potranno fargli domande

ROMA – L’editoriale di Marco Travaglio pubblicato sul Fatto di domenica 5 ottobre 2015 è una invettiva contro chi non ha gradito molto, e sono in tanti in Italia, che Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica in carica, colpevole o innocente anche se non imputato ma teste, si trovi a confronto diretto con due boss mafiosi del calibro di Totò Riina e Leoluca Bagarella, il 28 ottobre, possano venire a contatto diretto, ancorché virtuale, con la prima carica dello Stato.

Marco Travaglio spiega la sua posizione così:

“La Costituzione, art. 111, parla chiaro: “La legge assicura che la persona accusata di un reato… abbia la facoltà, davanti al giudice, di interrogare o di far interrogare le persone che rendono dichiarazioni a suocarico, di ottenere la convocazione e l’interrogatorio di persone a sua difesa… Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore”.

Il Codice di procedura penale, art.178:“È sempre prescritta a pena di nullità l’osservanzadelle disposizioni concernenti:… l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private…”.

Cioè l’imputato ha il dirittodi essere sempre presente alle udienze del suo processo e di interrogare i testimoni, salvo che vi rinunci: altrimenti il processo è nullo e riparte da zero. Questo vale anche nel caso di testimoni interrogati a domicilio, come quelli impediti a comparire in aula o come il capo dello Stato.

Art. 502 Cpp: “L’esame si svolge con le forme previste dagli articoli precedenti, esclusa la presenza del pubblico. L’imputato e le altre parti private sono rappresentati dai rispettivi difensori. Il giudice, quando ne è fatta richiesta, ammette l’intervento personale dell’imputato interessato all’esame”.

Quindi i boss Riina e Bagarella hanno tutto il dirittodi presenziare, sia pur in videoconferenza, all’udienza che la Corte d’Assisedi Palermo terrà in trasferta al Quirinale il 28 ottobre per interrogare il teste Giorgio Napolitano nel processo sulla trattativa Statomafia.

Il motivo è semplice: in quel processo sono imputati. E, se venissero esclusi, potrebbero chiedere e ottenere la nullità del processo. Quindi le chiacchiere stanno a zero: salvo forzare la Costituzione e la legge, esponendo il processo a un rischio letale, i giudici non potranno che accogliere l’istanza dei boss ad assistere alla testimonianzadi Napolitano e a porgli domande, direttamente o tramite i difensori. Il presidente dellaCorte deciderà se le domande sono pertinenti al capitolato di prova o no, dunque se accoglierle o respingerle.

Se saranno accolte, Napolitano avrà l’obbligo di rispondere, possibilmente dicendo tutta la verità. Altrimenti commetterà il reato di falsa testimonianza o di reticenza.

In un paese normale, la discussione finirebbe qui. In Italia invece il presidente è considerato più sacro del Re Sole, ergo si seguita a discutere con argomenti da barzelletta. Sul Co r r i e re , il “garantista” Polito el Drito considera la legittima richiesta di due imputati di assistere al loro processo “la provocazione dei mafiosi ”per “inquinare il processo” e “infilarsi nell’ufficio del capo dello Stato, fornendo al mondouno spettacolo ahinoi unico nel suo genere ”con grave lesione per la dignità e il prestigio delle istituzioni, esposte al tentativo dei poteri criminali di destabilizzarle”.

Ora, a parte il fatto che a tentare di inquinare il processo fu proprio il Colle con Mancino, mobilitando duePg della Cassazione e il Pna, senza contare i servizi che tramano nelle carceri pagando mafiosi per depistare, lo spettacolo unico che scandalizza il mondo e scredita le istituzioni è un altro, ed è già andato in scena, e proprio a opera delle istituzioni: quelle che da 22 anni stringono le mani insanguinate dei Riina e dei Provenzano trattando con Cosa Nostra mentre fingono di combatterla.

“Ve li immaginate –domanda il Co r r i e re – “due superboss di Cosa Nostra ammessi a entrare alla Casa Bianca per assistere a una deposizione di Barack Obama?”.

E ve lo immaginate Obama che traffica per salvare un senatore in pensione sospettato di avermentito su una trattativa fra l’Fbi e John Gotti, e una volta scoperto rimane alla Casa Bianca e fa di tutto per non testimoniare al processo? Se la scena dei due boss ammessi alla Casa Bianca è inimmaginabile, è solo perché non ci troverebbero più il presidente. In America”.