ROMA – “Disgrazia e ingiustizia”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 9 marzo:
Una notizia buona e una cattiva. Prima la cattiva: Renzi non ha le idee chiare sulla giustizia (o, se le ha, le nasconde benissimo). Nel discorso d’insediamento al Senato, ha riassunto la riforma che ha in mente con questa supercazzola: “Sulla giustizia non possono esserci solo derby ideologici. La giustizia è un asset reale”. Poi, rispondendo a Saviano su Repubblica , ha annunciato l’ennesimo “commissario anticorruzione” per combattere mafie e tangenti e recuperare il maltolto. Infine, per difendere i cinque membri inquisiti del governo, ha mandato la Boschi alla Camera a farfugliare di “presunzione di innocenza” e ha accusato Civati di incoerenza perché partecipò alle primarie del Pd essendo ancora indagato. Ora, nell’ordine.
1) Non sappiamo che diavolo sia un “asset reale”, ma sappiamo per certo che in questi 20 anni sulla giustizia non c’è stato alcun “derby ideologico” fra opposte fazioni: c’è stato un attacco sistematico alla legalità dal partito trasversale della corruzione, dell’evasione e della trattativa Stato-mafia, a cui si sono opposti pochi giuristi, magistrati, giornalisti, politici e movimenti della società civile, Costituzione alla mano.
2) Mafie e corruzione non si combattono con i commissari straordinari (ne abbiamo visti sfilare a decine e non sono serviti a un tubo), ma con armi efficaci in mano ai magistrati, alle forze dell’ordine e alla Pubblica amministrazione: dalla riforma della prescrizione al ripristino del falso in bilancio all’introduzione dell’autoriciclaggio (l’apposito emendamento Civati al decreto sui capitali all’estero attende ancora l’ok del governo e il voto della maggioranza e del M5S).
3) La presunzione di non colpevolezza (non di innocenza) riguarda i processi e non c’entra nulla con i requisiti richiesti a chi viene designato a una pubblica funzione (un conto sono le primarie del partito, un’associazione privata, un altro la selezione dei membri del governo). La buona notizia è che, nella confusione renziana, c’è un’eccezione: il No chiaro e netto ad amnistia e indulto. L’altro giorno, con cinque mesi di ritardo, i soliti quattro gatti hanno discusso alla Camera il messaggio di Napolitano sul sovraffollamento delle carceri e sull’urgenza di provvedere prima di maggio, quando scatteranno le prime multe europee (i decreti svuota-carceri Alfano, Severino e Cancellieri – come avevamo ampiamente previsto in beata solitudine – erano buffonate). La neoresponsabile Giustizia del Pd, la renziana Alessia Morani, ha sbaraccato la linea dell’indulgenza plenaria, lasciando soli Ncd, FI e Udc a ululare alla luna il “liberi tutti”. Era ora.
Resta da capire quando arriverà la pars construens: edificare nuove carceri, riaprire Pianosa e Asinara, ristrutturare caserme in disuso per recludere detenuti meno pericolosi, abolire il reato di clandestinità, rivedere la Bossi-Fini e applicarla nella parte che prevede di far scontare agli stranieri gli ultimi tre anni nei loro paesi. Ma il fatto che il Pd cambi rotta, e che dunque la maggioranza dei due terzi richiesta per amnistie e indulti non esista più, è un’ottima novità. Soprattutto per le vittime dei reati, in continuo aumento a causa della crisi (…).
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