ROMA – “Fasci & Corporazioni”, questo il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano:
Nel Paese di Embè, accade che chiunque osi dire che l’Italicum è come il Porcellum per le liste bloccate dei deputati nominati dai partiti, per il mega-premio di maggioranza e per le mega-soglie di accesso alla Camera e che la riforma del Senato è una porcata pazzesca perché fa nominare i senatori dai consigli regionali, dai sindaci e dal Quirinale, cioè dalla solita banda, e perché la Val d’Aosta ne avrà tanti quanti la Lombardia, venga bollato dal premier Renzi e dalle sue veline come “gufo”, “rosicone”, “sciacallo”, ”professorone”, ”solone”, “miliardario”, “conservatore”, “palude”, senza che si possa entrare nel merito delle cosiddette riforme. Embè? Accade che il sindaco di Torino, Fassino, alla notizia che ha mostrato il dito medio ad alcuni tifosi del Toro che lo contestavano, mobiliti il suo staff per smentire il gestaccio e, quando poi viene sbugiardato da un video in Rete, risponda che “quando ci vuole ci vuole” senza minimamente scusarsi per aver mentito e indotto altri a mentire. Embè? Accade che gli unici critici dell’inqualificabile sindaco siano i 5Stelle, che da sempre fanno del turpiloquio un’arma di battaglia politica. Embè? Accade che il ministro dell’Interno, Alfano, continui a negare ciò che decine di milioni di persone hanno visto in diretta tv in mondovisione, e cioè la processione di funzionari addetti all’ordine pubblico sotto il culo di Genny ‘a Carogna, padrone della curva napoletana, dello stadio e in quel momento dell’Italia intera, per chiedergli il permesso di far disputare una partita. Embè? Accade che alla riunione sul caso Ilva a Palazzo Chigi partecipi insieme ai ministri, come legale della famiglia Riva, l’ex ministro della Giustizia avvocato Paola Severino, già membro del governo Monti che promosse ben due decreti salva-Ilva. Embè?
Accade che l’ex garante della Privacy, Franco Pizzetti, docente di Diritto costituzionale, ex prodiano e ora immancabilmente renziano, indagato per i concorsi universitari truccati per aver fatto pressioni sui colleghi per far vincere una cattedra al figlio Federico, si difenda su Repubblica con queste parole: “So che il ragionamento può sembrare impopolare, ma un concorso universitario non è come un concorso di accesso, che so, alla magistratura, non è un quiz anonimo dove vince il migliore in quel momento (…)
Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso…”. Che imparzialità garantisce un docente che chiama gli altri membri della “corporazione” per raccomandare il figlio e rammentare loro “è un secolo che ci conosciamo e, quando abbiamo preso gli impegni, non li abbiamo mai fatti mancare”? E che speranza possono avere di ottenere una cattedra i giovani meritevoli che non tengono famiglia né “corporazione”? Un conto è il giudizio della “comunità accademica”, un altro sono le telefonate di un padre per spingere il figlio, con tanti saluti a chi è fuori dal giro dove “ci conosciamo tutti” tranne lui. Pizzetti aggiunge che non c’è nulla di strano neppure se si sa già chi vince un concorso prima che venga bandito, perché “è normale avere chiara un’idea già da prima”. In ogni caso suo figlio il concorso non lo vinse, e questa sarebbe la prova “che non l’ho mai raccomandato o, anche se l’avessi fatto, non sono stato bravo, non ero una grande potenza”. Ma potrebbe pure essere la prova che ha prevalso una potenza più potente, o che magari il pargolo è talmente immeritevole che la potenza paterna non è bastata. Ma, appunto: embè? Non abbiamo ancora parlato di B., perché manca lo spazio. Ma forse a questo punto è persino superfluo. Embè?
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