ROMA – “E pensare – scrive Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano – che cominciava a starci simpatico, Sergio Mattarella. La scena delle delegazioni dei partiti che salgono al Quirinale per consultarlo sulle riforme “condivise” votate nottetempo dal Pd e basta, e della sua sfinge che le osserva impassibile, marmorea, senza tradire la minima emozione, come priva di circolazione sanguigna, costringendole a compulsare eventuali, impercettibili vibrazioni sopraccigliari per arguirne un eventuale pensiero, è davvero avvincente dopo nove anni di logorrea monitoria”.
L’articolo di Marco Travaglio: Il silenzio tombale sull’Aventinuccio delle opposizioni contro la riforma costituzionale è uno splendido contrappasso ai moniti di Re Giorgio, che per molto meno avrebbe già intimato loro di smettere immantinente di opporsi. E che dire delle acrobazie imposte ai quirinalisti corazzieri, ieri spalmati sul Napolitano giocatore per sostenere che faceva benissimo a impicciarsi sempre di tutto, e ora sdraiati sul Mattarella arbitro per argomentare che fa benissimo a non interferire. Anche la scelta dei mezzi di locomozione, dai voli di linea ai pedibus calcantibus, dal Frecciargento alla tramvia fiorentina con bandiera tricolore appiccicata alle spalle, è la messa in mora di questa casta imparruccata che considera le usanze dei cittadini comuni una diminutio, ai limiti della lesa maestà. Poi purtroppo ieri, dopo tre settimane di letargo, Mattarella ha parlato. Gli è scappato un monito. E ha subito fatto rimpiangere quando taceva. “Il magistrato – ha detto alla scuola delle toghe a Scandicci – non dev’essere né protagonista assoluto nel processo né burocratico amministratore di giustizia”. E così, invece di ricordare al governo che la legge sulla responsabilità civile dei giudici è incostituzionale perché cancella l’udienza-filtro sui ricorsi dei cittadini (l’ha detto la Consulta di cui fino al mese scorso lui stesso faceva parte), anche lui ha reso omaggio a un totem che ci portiamo appresso da vent’anni: la lagna sul “protagonismo” che chiunque passi per la strada (specie se ha la coda di paglia) si sente in dovere di lanciare ai magistrati che finiscono sui giornali per parole, processi o indagini. Una giaculatoria così stantia, tediosa e distante dalla realtà di un Paese fondato sull’illegalità di massa (soprattutto dei colletti bianchi), che persino Piero Grasso s’è sentito in dovere di replicare: “A volte il protagonismo viene da sé, per le cose importanti che fai (…).
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