Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: “Rubo, patteggio e torno”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Giugno 2014 - 08:20 OLTRE 6 MESI FA
Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano: "Rubo, patteggio e torno"

Giorgio Orsoni (LaPresse)

ROMA – “Rubo, patteggio e torno” è il titolo dell’editoriale a firma di Marco Travaglio sulle pagine del Fatto Quotidiano del 13 giugno:

Il giorno del suo arresto, il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni non parlò, affidandosi a una dichiarazione dei suoi legali, già entrata nella leggenda: “La difesa del professor Orsoni esprime preoccupazione per l’iniziativa assunta (dai magistrati, ndr) e confida in un tempestivo chiarimento… Le circostanze contestate paiono poco credibili: gli si attribuiscono condotte non compatibili col suo ruolo e il suo stile di vita. Le accuse vengono da soggetti già sottoposti a indagini, nei confronti dei quali verranno assunte le dovute iniziative”. Cioè: Orsoni è innocente; non ha mai visto uno solo dei 560 mila euro di finanziamenti illeciti dal pubblico Consorzio Venezia Nuova (concessionario del Mose e dominus di tutti gli appalti); e ad accusarlo sono un branco di delinquenti che verranno denunciati per calunnia. Del resto, prim’ancora che parlassero i difensori, era sceso in campo l’avvocato d’ufficio Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell’Anci, noto per il fiuto da rabdomante: “Chiunque conosca Giorgio Orsoni e la sua storia personale e professionale non può dubitare della sua correttezza e onestà”. Tre giorni dopo Orsoni apparve dinanzi al Gip per l’interrogatorio di garanzia e lì – assicurarono i legali – rilasciò “dichiarazioni molto lucide, tranquille e serene con le quali ha dichiarato che non riconosce alcun addebito di responsabilità e si propone di dimostrarlo attraverso indagini difensive e integrazioni della documentazione della Procura”.

Dopodichè, oplà: nel breve volgere di un paio di giorni, il sindaco estraneo e sereno, anzi Serenissimo, rinuncia alle indagini difensive e anche alle integrazioni, confessa il finanziamento illecito e chiede alla Procura di patteggiare una pena di 4 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa in cambio della scarcerazione e della revoca della sospensione dalla carica in base alla legge Severino. Così torna a fare il sindaco, perchè Venezia ha ancora tanto bisogno di lui. La sua tesi è che, sì, a pensarci bene, quei soldi illeciti per diventare sindaco li ha ricevuti, ma obtorto collo, perchè costretto dal Pd (al quale non è neppure iscritto): “E’ stata una campagna elettorale ‘chiavi in mano’, io facevo quello che diceva il Pd: vennero da me tre esponenti del partito per chiedermi di rivolgermi agli ‘sponsor’ per avere contributi, perché Brunetta aveva tanti soldi”. I soldi arrivarono, ma non a lui: al Pd per la sua campagna elettorale, e lui non poteva certo sospettare che fossero illeciti. In fondo come può un umile avvocato, giurista e docente di Diritto amministrativo sapere che la legge proibisce alle società pubbliche o miste (tipo il consorzio Venezia Nuova)di finanziare i partiti, e che i finanziamenti leciti da imprese private vanno rendicontati sia da chi li eroga sia da chi li riceve? Se insegnasse logica, saprebbe almeno che la versione A “sono estraneo, non ho mai visto un euro” è lievemente incompatibile con la versione B “il partito mi costrinse a chiedere quei soldi”, a sua volta leggermente in contrasto con la versione C “i soldi andarono al partito a mia insaputa”. Ma lui insegna Diritto e non è tenuto alla logica. Resta da capire perchè mai un professore così corretto, un amministratore così ignaro, per giunta sereno anzi Serenissimo, munito financo del certificato di onestà e correttezza rilasciato da Fassino in persona, abbia deciso di patteggiare una pena detentiva per aver violato la legge.

Ma il bello viene ora che torna a fare il sindaco. Renzi, quello del Daspo e dei calci nel sedere ai ladri, non può espellerlo dal Pd perchè non è iscritto al Pd. Però potrebbe farlo sfiduciare dal Pd, visto che ha confessato un reato: a meno che il premier non attenda che il Gip approvi la pena concordata da Orsoni con i pm o che Orsoni ricorra in Cassazione contro il suo patteggiamento (si può fare anche questo, in Italia). Intanto magari Fassino ci spiegherà che nessuno, anche se ha confessato e patteggiato, “può dubitare della correttezza e onestà” di Orsoni. Del resto a Greganti, tre volte arrestato e tre condannato, il Pd torinese aveva ridato la tessera, ad honorem (…)