Marco Travaglio sul Fatto quotidiano: “Vent’anni e non sentirli”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Luglio 2014 - 08:58 OLTRE 6 MESI FA

 

Marco Travaglio sul Fatto quotidiano: "Vent'anni e non sentirli"

Marco Travaglio sul Fatto quotidiano: “Vent’anni e non sentirli”

ROMA – Nel suo consueto editoriale sul Fatto quotidiano dal titolo “Vent’anni e non sentirli”, Marco Travaglio traccia un parallelo. Il 13 luglio del 1994 e oggi, cosa hanno in comune queste date?

Scrive Travaglio:

Il Consiglio dei ministri del 13 luglio è più breve del solito. Il premier e i ministri han fretta di correre a vedersi la semifinale dei Mondiali di calcio. Ma, profittando della distrazione generale, cacciano anzitempo il Cda Rai per sostituirlo con un vertice di stretta osservanza governativa, e varano in quattro e quattr’otto due leggi vergogna da urlo: un condono fiscale per gli evasori, pudicamente ribattezzato “concordato”; e un decreto che salva dalla galera i colletti bianchi (niente più custodia cautelare in carcere, al massimo domiciliari, per concussione, corruzione, peculato, abuso d’ufficio, finanziamento illecito ai partiti, bancarotta fraudolenta, falso in bilancio, frode fiscale, associazione per delinquere, truffa allo Stato).

Intanto le tv pubbliche e private bombardano gli italiani con spot che annunciano i mirabolanti (e inesistenti) risultati già ottenuti in pochissimo tempo dal nuovo governo, con slide dominate dalla scritta “Fatto!”, e con sondaggi che annunciano l’irresistibile ascesa del premier e del suo partito, ben oltre il recente successo elettorale. A questo punto è bene precisare l’anno in cui avveniva tutto ciò: il 1994. E anche il nome del presidente del Consiglio: Silvio Berlusconi.

Oggi la storia si ripete, ma con qualche piccola variante. Ci sono sempre i Mondiali, anche se vent’anni fa l’Italia di Sacchi andò in finale e la perse malamente ai rigori contro il Brasile, mentre quest’anno è subito rincasata. C’è sempre un premier “nuovo”, mediatico, chiacchierone, molto populista e popolare, anche se non guida la destra ma il centrosinistra. Al posto degli spot “Fatto!”, ci sono le slide di Renzi e le sue conferenze stampa con effetti speciali, ma la sostanza non cambia: si danno per fatte leggi mai viste, o solo annunciate, o ancora da approvare, o già approvate ma prive delle norme attuative. E soprattutto si annuncia la “grande riforma” della Costituzione che rafforza a dismisura il premier a scapito dei poteri di controllo, Parlamento in primis: se però B. – piduista doc – si vantava del proprio autoritarismo, Renzi – piduista a sua insaputa – lo nega a dispetto dell’evidenza.

E il condono agli evasori? Tranquilli, sta arrivando: solo che oggi, anziché camuffarlo da “concordato”, lo chiamano “voluntary disclosure”, in inglese, così pochi capiscono che ripulisce i fondi neri dei grandi frodatori depenalizzando i reati commessi per arraffarli. E il decreto Biondi? Abbiamo anche quello. Si chiama decreto Orlando del 26 giugno: “Non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giudizio, la pena detentiva da eseguire non sarà superiore a 3 anni”. Il che equivale a immunizzare dalla galera tutti i galantuomini sorpresi a tentare stupri, rapinare, rubare, borseggiare, spacciare, molestare o stalkerare ragazze, pestare moglie e figli.

Ma anche corrotti, corruttori, politici finanziati illegalmente, frodatori fiscali eccetera, che con comodi patteggiamenti o riti abbreviati superano raramente i 3 anni di condanna. Non tutto però è uguale al ’94. Da allora, se Dio vuole, molte cose sono cambiate e tanto tempo non è trascorso invano. Vent’anni fa, a bloccare il decreto Biondi, provvidero i pm di Mani Pulite, abbandonando polemicamente le inchieste su Tangentopoli; e i giornali, da La Voce di Montanelli a Repubblica di Scalfari al Corriere di Mieli a La Stampa di Mauro, che informarono i cittadini sugli effetti del “Salvaladri” innescando un meccanismo virtuoso a catena. Migliaia di persone scrissero e telefonarono ai giornali e ai partiti, Montanelli lanciò la raccolta di firme del “popolo dei fax”, movimenti e partiti di opposizione chiamarono la gente nelle piazze, Lega e An si spaventarono e costrinsero B. a ritirare il decreto (“io non lo volevo, è stato Biondi…”). Ecco, oggi le porcate sono identiche. Mancano solo un’informazione che le chiami col loro nome, un’opposizione che le contrasti (a parte i 5Stelle e i resti di Sel) e un’opinione pubblica che protesti. Per il resto tutto bene.