ROMA – Marco Travaglio torna a parlare del caso Valentino Rossi-Marc Marquez dopo l’editoriale di mercoledì 28 ottobre. Editoriale (titolo “Vale tutto”) nel quale Marco Travaglio ha criticato l’atteggiamento di Valentino Rossi in gara (“Nella peggiore delle ipotesi una scorrettezza gratuita, nella migliore un fallo di reazione”) e quanti si erano prontamente schierati a difendere il pilota italiano dal complotto spagnolo (“Anziché accettare il verdetto, atteso e dovuto, l’Italia che conta si scatena nell’unico vero sport nazionale: il vittimismo complottista”). Marco Travaglio giovedì 29 ottobre è tornato sull’argomento:
Cari tifosi, ieri sera mi sono divertito a leggere i commenti al mio articolo che – lo spiego a chi non l’avesse notato – non pretendeva certo di ricostruire la dinamica dello scontro fra Valentino Rossi e Marc Marquez al Moto Gp di Sepang: era invece dedicato alle reazioni politiche e “istituzionali” (sportive proprio non direi) contro la sanzione inflitta a Rossi. La gran parte dei commentatori mi invita a occuparmi solo di politica: infatti – lo spiego a chi non l’avesse capito – anche questa è politica. A me non frega nulla dell’esito del Motomondiale, anche se mi piacerebbe che domenica Rossi rimontasse e battesse Lorenzo (non per patriottismo, ma perché chi parte svantaggiato mi fa sempre simpatia). Mi interessa come si atteggiano i politici, le istituzioni e i commentatori di fronte alle regole, alla loro violazione e alla sanzione che ne consegue. E’ questo l’aspetto “politico” – lo spiego a chi non l’avesse capito – che trattava l’articolo. Poi, certo, per arrivare alle reazioni ho dovuto riassumere quel che era accaduto sulla pista: e non occorre essere un tecnico di motociclismo, men che meno un motociclista, per farlo.
Il contatto tra Rossi e Marquez non ci sarebbe stato se Rossi non si fosse allargato in curva e non avesse rallentato per aspettare il rivale, che l’aveva provocato nei precedenti sorpassi e controsorpassi avendo un evidente conto personale con lui. Siccome però provocare non è vietato, e neppure superare o non lasciar passare un avversario che ti sta sulle palle, la direzione di gara non ha squalificato Marquez. E’ vietato invece guidare spericolatamente, mettendo a repentaglio l’incolumità propria e altrui, e per questo la direzione di gara ha punito Rossi. Se avesse punito anche Marquez per condotte molto meno gravi, avrebbe escluso Rossi dall’ultima gara di Valencia, anziché soltanto condannarlo a partire per ultimo, assegnando a Lorenzo il Motomondiale a tavolino con un Gp d’anticipo.
Per dire queste cose di puro buonsenso occorre avere il patentino di motociclista? Non credo (…).
Il fatto che un campione di motociclismo come Giacomo Agostini sia giunto alle mie stesse conclusioni non li sfiora neppure. Perché in Italia si può parlare di tutto, ma quando si tocca lo sport – pardon, il tifo – apriti cielo. Il cervello cede il passo alle viscere e, se osi andare contro l’andazzo dominante, è perché non capisci niente, fai il tuttologo, pisci fuori dal vaso, vai in cerca di clic, vuoi farti pubblicità. La logica e la coerenza non esistono più: solo il doppiopesismo per la propria parte. Se Rossi e Marquez si fossero scambiati alla partenza i caschi e le divise, oggi si inneggerebbe alla nobile direzione di gara che ha giustamente punito il fellone spagnolo per aver ha mandato fuori pista l’eroe nazionale, colpevole soltanto di avergli impavidamente resistito nei primi sette giri, tenendolo dietro con mosse geniali, come già aveva fatto nel 2008 con Casey Stoner a Laguna Seca. Pur di non ammettere che Rossi ha sbagliato, si supera abbondantemente il ridicolo (…).