Marco Vallisa, liberato tecnico rapito in Libia. France Presse: “Pagato riscatto di un milione”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Novembre 2014 - 14:43 OLTRE 6 MESI FA
L'articolo della Stampa

L’articolo della Stampa

ROMA – Marco Vallisa, il tecnico rapito 4 mesi fa in Libia “è stato liberato dopo non facili trattative – scrivono Franco Giubilei e Lao Petrilli della Stampa – La France Presse, citando fonti libiche, parla di un riscatto di 1 milione di euro”.

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Il volo militare che l’ha riconsegnato alla libertà è partito mercoledì notte da Tripoli. Pochi attimi dopo il decollo, ecco l’annuncio del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni: «Liberato Marco Vallisa, rapito 4 mesi fa in Libia». E poi i ringraziamenti all’«Unità di crisi della Farnesina, ai servizi e alla nostra ambasciata a Tripoli», l’unica fra quelle occidentali a operare nonostante il caos che sta travolgendo la Libia post Gheddafi.
È finito così l’incubo per il tecnico 54enne di Cadeo, un paesino della provincia di Piacenza. Vallisa lavora per la Piacentini Spa, una grande azienda di costruzioni con sede a Modena. Era stato sequestrato a Zuara, nord ovest di Tripoli, il 5 luglio insieme a due colleghi, il bosniaco Petar Matic e il macedone Emilio Gafuri, che però erano stati rilasciati due giorni dopo. Quel giorno invece per Vallisa è cominciato il calvario della vita da ostaggio. «È stata un’esperienza molto dura» ha detto Gentiloni. Fuor dalle dichiarazioni ufficiali che raccontano di «un’esperienza per Vallisa molto pesante, ma lui ha reagito benissimo», trapelano però anche dettagli terribili. Sarebbe stato vittima di «botte, torture e finte esecuzioni».
Alla liberazione del tecnico si è arrivati dopo non facili trattative. La «France Presse», citando fonti libiche, parla di un riscatto di 1 milione di euro. Non ci sono conferme ma, secondo fonti qualificate, al versamento di «un riscatto importante» si è dovuta aggiungere la garanzia della liberazione di due uomini legati al gruppo dei sequestratori. Poco comunque filtra sulle circostanze del rilascio. «L’Italia si attiene alle regole internazionali di correttezza. Questa è sempre stata la nostra linea», ha spiegato Gentiloni.
Vallisa sarebbe stato spostato più volte. Da Zuara, località ad alta densità criminale anche perché centro nevralgico dei flussi migratori clandestini, a Sabratha (poco a est), quindi a Tripoli. Vallisa ha avuto diversi carcerieri, anche se dietro il sequestro ci sarebbe un’unica regia ovvero un gruppo dalle «forti venature islamiche».
Fra i molteplici canali attivati dai negoziatori uno si sarebbe rivelato determinante: quello con il padre di uno dei protagonisti della vicenda, il quale, viene sostenuto dalla Libia, sarebbe stato usato «come leva» nella trattativa che ha condotto alla liberazione. Ora l’incubo è finito. Ieri a Roma Vallisa è stato sentito dal magistrato, per poi essere raggiunto dalla moglie Silvia, che in questi quattro mesi di angoscia ha visto stringersi intorno a sé e ai tre bambini tutta la piccola comunità di Cadeo: «Ringrazio la Farnesina e mi sento molto vicina alle famiglie degli altri rapiti, che stanno ancora vivendo questa esperienza terribile», ha detto la donna al sindaco del paese, Marco Bricconi, amico d’infanzia di Vallisa.
A Cadeo, la liberazione di Vallisa è stata accolta con gioia dai seimila abitanti: il parroco don Umberto Ciullo ha fatto suonare le campane a festa e ha dato appuntamento alla comunità al santuario di Roveleto, dove la gente si era già riunita in preghiera il giorno dopo il sequestro. Bricconi ha parlato di «fine di un incubo: Marco è un amico d’infanzia e la moglie Silvia è consigliera comunale oltre che farmacista del paese». «Ho sentito la più piccola dei tre figli raccontare agli amici che il suo papà era stato liberato, questo è un momento di grande gioia. Silvia per tutto il periodo della prigionia ha tenuto i nervi saldi ed è stata bravissima. Non vedo l’ora di riabbracciarlo».