Marine Le Pen, Renzi e Mario Moretti: prime pagine e rassegna stampa
Pubblicato il 24 Marzo 2014 - 08:19 OLTRE 6 MESI FA
Il Corriere della Sera: “Balzo di Marine Le Pen, segnale all’Europa”. La scossa populista. Editoriale di Massimo Nava:
“Come in altri momenti cruciali della storia recente, le nubi nere per l’Europa arrivano ancora dalla Francia. Il successo del Fronte Nazionale di Marine Le Pen al primo turno delle elezioni amministrative, al di là di risultati città per città e battaglie localistiche, è un messaggio di esasperazione populista, di rigetto della politica, di paura dell’Europa, rafforzato da un astensionismo record. Se quasi quattro cittadini su dieci decidono di non partecipare all’elezione del proprio sindaco, significa che la malattia transalpina è grave e che il contagio — già così diffuso nelle società europee — potrebbe estendersi.
A poche settimane dalle elezioni continentali, sarà complicato contenere — in Francia e in Europa — l’effetto emozionale e mediatico che sale dalle municipalità francesi. Il binomio astensionismo-populismo complica pesantemente il quadro politico nazionale, disgrega il tradizionale bipolarismo destra-sinistra, radicalizza il confronto fra i maggiori partiti e rischia di snaturare le basi ideali e culturali della destra gollista, con conseguenze drammatiche sulla politica del Paese e quindi sul rapporto di Parigi con l’Unione Europea.
È possibile che al secondo turno di domenica prossima i francesi correggano i risultati del primo e che, alla fine, per effetto di triangolari e alleanze, il Fronte Nazionale non conquisti un grande numero di municipalità. Ma questo non modificherà il corso di una dinamica sociale che si è stabilmente estesa a tutto il territorio, seducendo giovani e disoccupati, strati popolari, ceti borghesi e periferie. È inimmaginabile che i partiti tradizionali trovino in fretta i rimedi, ingaggiando una corsa contro il tempo e — in definitiva — contro sé stessi: contro i riti della politica, le posizioni di potere, gli apparati, l’elitismo paralizzante”.
Non riconosce le associazioni di imprese o sindacati, almeno non a tal punto da temerle, da farsene condizionare: se lo criticano, dice, è buon segno. E il concetto vale sia per il leader della Cgil che per il presidente di Confindustria: se da sponde opposte hanno qualcosa da dire contro l’esecutivo è un motivo in più per chiamarli «strana coppia», il cui consenso interessa in modo minimo. «A me interessa il consenso delle famiglie italiane, non quello delle associazioni».
Intervistato dal Tg1 Matteo Renzi replica per la prima volta in modo formale, e deciso, alle accuse sulle misure annunciate o già approvate da Palazzo Chigi. Per Susanna Camusso il governo è partito malissimo sul contratto di lavoro, per Squinzi poteva calibrare in modo diverso i tagli del cuneo fiscale.
«Devono prendere Mario Moretti e mandarlo a casa»: la prima volta che Diego Della Valle l’ha detto pubblicamente è stata quattro anni fa. È da allora che sui binari italiani volano gli stracci, dagli insulti alle carte bollate. Anche se lui, l’amministratore delegato delle Ferrovie che ha appena minacciato di andarsene in caso di decurtazione del suo stipendio, dice che la cosa non lo sfiora. Invitando semmai a dare un’occhiata «ai conti traballanti» (libera interpretazione di una versione originale irripetibile) di Italo, il suo concorrente di cui Della Valle è azionista insieme a Luca Montezemolo.
Così sicuro di sé, Moretti, da rivendicare di essere riuscito a sfatare il teorema di Giulio Andreotti, secondo cui «esistono due tipi di pazzi: chi crede di essere Napoleone e chi pensa di poter risanare le Ferrovie». E questo ha certamente il suo prezzo. Per esempio, insiste, stipendi in linea con il mercato. A cominciare dal proprio, 873.666 euro l’anno? La sua tesi, di fronte alla prospettiva dei tagli fatti balenare da Matteo Renzi, è al limite della provocazione: «Io posso lavorare anche gratis, ma i miei dirigenti devono essere retribuiti adeguatamente. Dove trovo un direttore finanziario o un capo delle risorse umane adatto per un’azienda come questa, se non posso pagarlo almeno 400, 450 mila euro l’anno? Me lo dicano se non è così. L’alternativa è che si chiude». Nessuno, ovvio, pretende che l’amministratore delegato delle Ferrovie lavori senza un compenso. Non succede in nessun Paese del mondo. Ma il problema di come devono essere retribuiti manager pubblici che spesso intascano paghe e bonus ingiustificati, esiste eccome. Anche se non si può certo risolvere introducendo tetti che danno un’effimera soddisfazione alla demagogia ma che poi, la cronaca l’ha dimostrato, si possono facilmente aggirare.
La prima pagina de La Repubblica: “Spunta bonus in busta paga”.
La Stampa: “Francia, boom dell’estrema destra”.
Il Giornale: “Dopo la casa i treni”. Editoriale di Alessandro Sallusti:
Azionisti miliardari contro manager milionari. È una delle novità dell’era Renzi, un magico mondo dove tutto è possibile. È possibile fare finta di niente per una casa utilizzata in modo misterioso grazie a un rapporto ambiguo con un signore al quale il sindaco di Firenze aveva dato appalti e incarichi. È possibile sputtanare uno dei pochi manager pubblici di valore, Mauro Moretti, un comunista alla rovescia: detestato dai lavoratori pendolari ma amato dai borghesi che finalmente possono attraversare l’Italia su treni veloci, puliti e in orario. Renzi vuole tagliargli lo stipendio (alto ma in linea con quello dei suoi colleghi europei) e fin qui va anche bene. Quello che non si capisce è l’accanimento del premier, quasi lo stipendio fosse un pretesto per costringerlo alle dimissioni. E perché mai? La verità è che Moretti è il nemico numero uno degli amici numero uno di Renzi. Parlo di Luca Montezemolo e di Diego Della Valle, i due bravi e prestigiosi imprenditori che hanno cercato, con il progetto Italo, di togliere allo Stato il monopolio delle ferrovie. Una operazione da miliardi di euro che stenta a decollare proprio per l’opposizione, i dispetti e le ripicche di Moretti che ha blindato a suo favore la rete italiana.
In questo senso va letta la presa di posizione di ieri di Diego Della Valle contro Moretti. Strano no? Un imprenditore privato che entra a gamba tesa su una polemica tra il premier e un suo manager. Parla Della Valle, pensiamo, anche a nome del suo socio di treni Montezemolo. Diciamo che siamo in un leggero conflitto di interessi, che a questo punto coinvolge anche il presidente del Consiglio. Con che treno sta Renzi?