Maroni-Berlusconi, simbolo Pdl, redditometro: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 14 Gennaio 2013 - 09:16 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Leader in campo, 215 simboli. Il Corriere della Sera: “Elezioni politiche del 24-25 febbraio: depositati al Viminale 215 contrassegni. Nel 2008 erano stati 181, 153 quelli ammessi. Ora il ministero dell’Interno li analizzerà e ne stabilirà la regolarità. Avrà tempo fino a domani. Nei loghi compaiono quasi tutti i nomi dei leader, eccetto Bersani. In quello del Pdl c’è la scritta «Berlusconi presidente». La Lega: presidente? Solo del suo partito.”

Il boom dei simboli: sono 215. E (quasi) tutti ci mettono il nome. L’articolo a firma di Giovanna Cavalli:

“Al centro, con il Professore, al Senato c’è la lista Monti per l’Italia, alla Camera invece alla Lista civica dell’ex premier si affiancano Fli di Fini e Udc di Casini. Lo scudo crociato è in pieno revival: compare in altri tre simboli. Mentre molte piccole liste, da Viva l’Italia a Mondo Anziani, hanno deciso di coalizzarsi dichiarando come loro capo il pubblicitario romano Ottavio Pasqualucci, leader di Forza Roma: in questo modo, se il Viminale ammetterà questi simboli sulle schede, i loro voti si sommeranno. Detto che il primo logo depositato è stato quello del Maie di Merlo e l’ultimo, il numero 215, quello di Unione popolare, il trend dominante è sicuramente quello autoreferenziale: quasi tutti includono nel simbolo anche il nome del proprio leader. Tra i big, soltanto il Pd va controcorrente e rinuncia a metterci Bersani. Gli altri invece sono bene in evidenza: Monti, Vendola, Berlusconi, Casini, Storace, Grillo, Ingroia, Fini, Di Pietro, Maroni, Samorì, Mastella, che ritorna con l’Udeur, persino la Staller.”

«Berlusconi presidente» Un caso il logo del Pdl. L’articolo a firma di Andrea Garibaldi:

“«Berlusconi è il presidente del Pdl», ha precisato subito Roberto Maroni, alleato di Berlusconi e segretario della Lega Nord. E ha precisato: «In tv ci va chi ci vuole andare. La legge prevede che sia il capo della coalizione». Il vicesegretario del Pd, Enrico Letta, prontamente, ha ribattuto: «Le parole di Maroni confermano che Silvio Berlusconi non è il candidato premier della coalizione di destra». Risulta al Corriere che esiste un accordo scritto e firmato secondo il quale Berlusconi non sarà il premier della coalizione di centrodestra, ciascuna formazione indicherà il suo premier e in caso di vittoria, poi, il nome del premier sarà congiuntamente deciso. Cosicché, i candidati premier, allo stato dei fatti, sono Alfano per il Pdl e Tremonti per la Lega. In tutto questo (quarto paradosso) Silvio Berlusconi e gli otto partiti di centrodestra non sono favoriti per la vittoria finale e di conseguenza il discorso sul candidato premier può apparire virtuale. Dentro il Pdl, però, sia fra i fedelissimi, sia fra chi nelle settimane scorse ha dubitato (ma ora in campagna elettorale si è dovuto di nuovo allineare), non ci sono molte incertezze. Dice un esponente della seconda categoria: «Se il centrodestra dovesse vincere, i meriti di Berlusconi nella rimonta sarebbero talmente eclatanti che spetterebbe a lui la scelta del premier».”

Maroni: se vinciamo le elezioni, io capo della coalizione al Nord. L’intervista a firma di Marco Cremonesi:

“Maroni, ce lo dica. Chi sarà il premier del centrodestra qualora vinceste le elezioni? «Questo non è un problema. È la polemica senza senso sollevata da chi ha paura. Parlo di Bersani e di Casini». Veramente, Bersani non sembra messo poi così male. «Lei dice? Io credo che qualcuno abbia fatto i suoi calcoli troppo presto e non abbia capito la portata del patto che abbiamo sottoscritto nei giorni scorsi con il Pdl. In una sola settimana, abbiamo cambiato la faccia della politica italiana». Ce la può dire lei, la portata? «Per molti, è lo spettro che ritorna. È l’Occhetto bis: la gioiosa macchina da guerra della sinistra che va a schiantarsi contro la potenza della squadra di Berlusconi». Roberto Maroni, classe 1955, è il candidato governatore della Lombardia per un centrodestra tornato all’unità in tutta Italia. Va bene. Ma il sogno di sapere, come nelle democrazie mature, chi sarà il premier già la sera delle elezioni? «La procedura è nota. Chi vince, indica al capo dello Stato il nome di chi dovrà fare il premier. E dunque, al momento opportuno, noi e il Pdl, di comune accordo, indicheremo quel nome». Lei non ha già indicato Tremonti? «Certo. Questo, tra l’altro, rafforza il rapporto che c’è tra noi e il suo movimento. Ma, appunto, il premier uscirà dal confronto con gli alleati».

Il Pdl e il nodo degli indagati in lista. Cosentino e Dell’Utri verso la conferma. L’articolo a firma di Lorenzo Fuccaro:

“È ottimista Silvio Berlusconi, impegnato in un tour elettorale che lo vede ospite di programmi radiofonici e televisivi (oggi parlerà alla Telefonata su Canale5 e sarà allo Spoglio di Ilaria D’Amico alle 20.30 su Sky), parallelo a quello che da oggi lo vedrà concentrato sulla stesura degli elenchi di candidati, attività questa che sta già incontrando difficoltà in particolare in Campania e nel Lazio. Tra le persone prese in considerazione c’è un prete anticamorra di Scampia, don Gianluca Merola, e un giovane imprenditore di Confcommercio, Paolo Galimberti. Per Berlusconi si apre ora un altro fronte: la formazione delle liste. Un compito laborioso e delicato perché il gruppo incaricato di stendere gli elenchi (ne fanno parte lo stesso Berlusconi, Alfano, i capigruppo di Camera e Senato, Cicchitto e Gasparri, e Verdini) dovrà usare il bilancino. Dovrà, cioè, trovare un equilibrio tra diverse spinte: quella dei parlamentari uscenti che vorrebbero essere ricandidati, quella dei rappresentanti degli amministratori locali legati ai territori di origine che rivendicano un riconoscimento, quella dell’apertura alla società (più volte richiamata dal Cavaliere) e quindi all’inserimento di facce nuove, quella infine di dare più spazio all’altra metà del cielo, cioè alle donne.”

Camera, liste all’esame finale di Monti Casini: Montezemolo verrà ai comizi. L’articolo a firma di Alessandro Trocino:

“L’ultima grana per l’Udc è stata sollevata dal Giornale, che in prima pagina ha titolato «Casini come Fini», spiegando che il leader Udc candida «la moglie del fratello e il genero». Il riferimento è alla cognata, Silvia Noè, e al fidanzato della figlia Maria Carolina Casini, Fabrizio Anzolini. Casini replica a «In mezz’ora», da Lucia Annunziata: «Silvia Noè, mia cognata, è la più votata dell’Udc in Emilia-Romagna, in dieci anni ha fatto il consigliere comunale e regionale, non penso possa pagare la parentela all’inverso. Ma se qualcuno conosce una persona con più voti di lei la candido». Quanto ad Anzolini, «non è mio genero e non lo diventerà»: «Sono stato contestato dai giovani friulani perché l’ho messo al secondo posto in una regione dove eleggiamo un solo deputato. È un ragazzo molto intelligente e aspirava ad avere un posto».”

Tensione tra Pdl e Lega su Berlusconi leader. La Stampa: “Il giorno dopo l’intesa è già tensione nel centrodestra dove si riapre il caso del candidato premier. Nel simbolo del Popolo per la Libertà campeggia la scritta «Berlusconi presidente». Risponde secco Maroni: «Sì, ma solo del suo partito». E spunta un’altra grana dopo la candidatura di Cosentino e Milanese. La Russa e Caldoro: «Fuori gli impresentabili».”

Squadre in campo, scatta la corsa per Palazzo Chigi. L’articolo a firma di Flavia Amabile:

“Dopo tre giorni di processione al Viminale i simboli sono stati tutti presentati e ora la campagna elettorale può iniziare davvero. Alle elezioni del 24 e 25 febbraio parteciperanno 215 simboli, un aumento del 15% rispetto al 2008, rovesciando tutti i luoghi comuni sull’antipolitica, sull’allontanamento e sul rifiuto delle istituzioni da parte degli italiani. Cinque anni fa ne furono presentati 181 e accettati 153. In realtà devono ancora essere presentate le candidature e qualcosa potrebbe ancora cambiare tra i 215 simboli fortunati presentati: potrebbero esserci strascichi giudiziari dovuti alla presenza di alcune liste civetta, e potrebbero anche non essere accettati alcuni simboli. In ogni caso la prima fase si è conclusa ieri alle 16 e questo punto lo scenario elettorale appare più chiaro. Qui sotto troverete i programmi presentati al Viminale da tutti i partiti, come prevede la legge. Dal punto di vista degli schieramenti, sono state registrate tre coalizioni formate da più liste collegate a tre leader. Silvio Berlusconi guida la coalizione di centrodestra, Mario Monti quella di centro, Pier Luigi Bersani quella di centrosinistra, oltre ad Antonio Ingroia che riunisce però le forze di sinistra sotto il suo simbolo.”

Dal Pd stop a Vendola: niente alleanza con Ingroia. L’articolo a firma di Carlo Bertini:

“Sul punto il pensiero di Bersani è riassumibile con un concetto che rimbalza dai suoi spin doctor: «Evitiamo aperture ai populismi che vengono da sinistra. E poi se avessimo voluto aprire a qualcuno allora lo avremmo fatto con Di Pietro». Tradotto, non potremo allearci con Ingroia dopo aver rotto la «foto di Vasto» con Tonino. E dunque, a fronte di un Ingroia che si compiace e ringrazia Nichi «per l’ulteriore segnale di attenzione e di apertura che spero possa favorire un clima di dialogo con il centrosinistra», fa da contraltare il gelo in casa Dem. «Magari apriamo pure a Grillo…», butta lì un altro lettiano, Francesco Boccia. Certo non sfugge a nessuno un punto messo in rilievo dall’ex senatore Pd Enrico Morando, sul fatto che «Sel sente la competizione della lista Ingroia» e dunque Vendola «deve accentuare i toni, ma così facendo rischia di indebolire la proposta di governo del Pd». Un timore, quello di dare l’immagine del caravanserraglio dell’Unione, che lo stesso Vendola prova a sopire, promettendo di non essere «colui che tirerà la giacchetta a Bersani mettendo in fibrillazione il quadro di governo». Ma al contempo Vendola continua a puntare i piedi: accendendo i riflettori sulla contraddizione tra la linea Pd di un accordo progressistimoderati e il suo slogan «non sarò mai in una maggioranza assieme a Casini». Insomma, «se il Pd sceglie Monti dovrà fare a meno di Sel», perché il centrosinistra ha diritto di governare senza ipoteche e badanti».”

Redditometro al via. E da marzo arriva una nuova stretta. L’articolo a firma di Rosaria Talarico:

“Come funziona Grazie a un più efficace incrocio tra le informazioni delle diverse banche dati della pubblica amministrazione e a oltre cento diverse voci di spesa, sarà più facile stimare il reddito e confrontarlo con quanto effettivamente speso. E non si tratta solo di beni di lusso come aerei, yacht o gioielli: a finire nel redditometro sono anche spese «innocue» come il pagamento di asili nido o master universitari, abbonamenti alla pay tv o donazioni in beneficenza. Insomma, tutto quanto possa mettere in luce una discrepanza tra quanto si dichiara e il proprio tenore di vita. La funzione matematica alla base del redditometro prende come riferimento cinque aree geografiche (Nord-Est, Nord-Ovest, Centro, Sud, Isole), undici tipi di nuclei familiari (famiglie con figli o senza, monoparentali, nuclei giovani o meno giovani) e oltre cento voci di spesa divise in sette categorie. I redditi dichiarati verranno confrontati con le spese sostenute nell’anno di riferimento. In caso di incompatibilità scatteranno le verifiche, ma solo in presenza di scostamenti tra spese e reddito significativi, superiori al 20%. Ma il redditometro non è l’unica novità di cui i contribuenti dovranno tenere conto.”