“Massimo Carminati, i camerati e gli accattoni della banda della Magliana”, Il Manifesto

di Redazione Blitz
Pubblicato il 9 Dicembre 2014 - 12:00 OLTRE 6 MESI FA
"Massimo Carminati, i camerati e gli accattoni della banda della Magliana", Il Manifesto

Massimo Carminati

ROMA – “Massimo Carminati, i camerati e gli “accattoni” della banda della Magliana” scrive Andrea Colombo sul Manifesto. “Vita e carriera di un estremista indipendente”.

I mitici ban­diti della Magliana li con­si­de­rava, a parte Giu­sep­pucci, «er Negro», il capo e il primo a essere ammaz­zato, «quat­tro cial­troni», «una banda di accat­toni san­gui­nari». Con i Nar il rap­porto affet­tivo era più stretto. Quando un «duro» di Ostia ini­ziò a pren­der­sela con Lorenzo Ali­brandi, fra­tello di Ales­san­dro ma tutto il con­tra­rio dei neri armati anni ’70, un «ragazzo d’oro», Car­mi­nati arrivò di corsa per met­terlo a posto. Ma nep­pure dei Nar ha mai fatto parte, e i soldi delle rapine è arri­vato molto pre­sto a tener­seli per sé.

Mas­simo Car­mi­nati è un tipo così e capirlo non serve solo a far colore: è neces­sa­rio per com­pren­dere cosa sia dav­vero suc­cesso a Roma negli ultimi anni. Car­mi­nati è un tipo che sfiora tutti, cono­sce tutti e da tutti è rispet­tato, ma non si arruola mai dav­vero. Anche per que­sto è sem­pre riu­scito a cavar­sela con poco danno. Se neces­sa­rio sa intrec­ciare con grande abi­lità i suoi diversi mondi: come quando i ban­diti della Magliana, quelli veri, rapi­rono un neo­fa­sci­sta, Paolo Andriani, a cui ave­vano affi­dato una sacca di armi mai più tor­nata indie­tro e pro­prio Car­mi­nati si pre­sentò nell’appartamento dove il mal­ca­pi­tato era pri­gio­niero e ne ottenne la libe­ra­zione.

E’ pro­ba­bile, per non dire certo, che Car­mi­nati avesse a Roma rap­porti stretti con i gruppi cri­mi­nali orga­niz­zati, come i Casa­mo­nica o la camorra. Ma ciò non signi­fica che fos­sero loro lo stru­mento pri­vi­le­giato per tra­sfor­mare il comune di Roma in una vacca da mun­gere in tan­dem con Sal­va­tore Buzzi. Nelle carte si parla di rap­porti tra Buzzi e i Casa­mo­nica, ma solo per­ché fon­da­men­tali ai fini del con­trollo sui campi rom: di intrecci con camorra o ‘ndran­gheta non c’è trac­cia. E’ pro­ba­bile dun­que che, nel dare l’arrembaggio al Cam­pi­do­glio, Car­mi­nati si sia avvalso essen­zial­mente di un’altra rete: quella degli ex neo­fa­sci­sti più o meno armati degli anni ’70 e ’80. Nelle fac­cende che riguar­dano «il Pirata» come veniva chia­mato, quelli sì che spun­tano come fun­ghi.

Ric­cardo Man­cini, tanto per dirne una, era l’armiere di Avan­guar­dia nazio­nale. Al pro­cesso del 1989 se la cava come dis­so­ciato, ma di quelli che scon­fi­nano nel pen­ti­ti­smo. Gliela per­do­nano per­ché, di fami­glia facol­tosa, porta in dote un sacco di soldi, ma anche per­ché Car­mi­nati garan­ti­sce per lui, e diventa così a tutti gli effetti il suo burat­ti­naio. Stessa pro­ve­nienza, ma con sbocco oppo­sto, anche per il «brac­cio destro» Ric­cardo Bru­gia, nero di Vigna Clara vicino (ma non interno) allo spon­ta­nei­smo armato. Vici­nanza pagata peral­tro cara da entrambi i capi­ba­stone di Mafia Capi­tale: a Car­mi­nati por­ta­rono via un occhio pen­sando che fosse Fran­ce­sca Mam­bro. Bru­gia fu ripas­sato con inter­ro­ga­tori tra i più pesanti per far­gli dire dove fosse nasco­sta la mede­sima Mam­bro.
Si fa le ossa negli stessi anni anche Gen­naro Mok­bel, prima dalle parti di piazza Bolo­gna, poi all’Eur, dove diventa un benia­mino di Peppe Dimi­tri, capo mili­tare di Terza posi­zione, un mito del neo­fa­sci­smo romano, morto in un inci­dente stra­dale alcuni anni fa. Quando la poli­zia gli si pre­sentò a casa per arre­starlo, nel qua­dro dell’inchiesta su Fin­mec­ca­nica «Bro­ker», Mok­bel stava appunto discor­rendo con Car­mi­nati. Uffi­cial­mente sullo sfondo c’è solo un’ennesima inter­me­dia­zione del Pirata: tra il com­mer­cia­li­sta Marco Ian­nili, debi­tore, e Mok­bel, cre­di­tore stanco di atten­dere. Car­mi­nati si mise in mezzo, ottenne da Mok­bel l’accettazione di un paga­mento dila­zio­nato e rateiz­zato, ne ricavò una villa, quella ormai nota di Sacro­fano.

Gli inqui­renti però sospet­tano che ci fos­sero rap­porti ben più stretti. L’ordinanza della pro­cura a carico di Mok­bel cita infatti una sua inter­cet­ta­zione: «Cioè, tipo, er Pirata quanto deve pren­dere ancora? Dob­biamo vedè quanto gli abbiamo dato. Dob­biamo vedè qual è la dif­fe­renza tra quelli che met­tono i soldi e quello che avanza». Gli inqui­renti danno per certa l’identificazione del «Pirata» con Car­mi­nati, ammessa anche dal diretto inte­res­sato. Con­clu­dono che è una «cir­co­stanza dalla quale è logico far deri­vare un’implicita ammis­sione del pro­prio coin­vol­gi­mento dei fatti di cui all’indagine Bro­ker» (…)