Matteo Renzi, Stefano Folli: “Le prime incertezze”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Febbraio 2014 - 09:49 OLTRE 6 MESI FA
Matteo Renzi, Stefano Folli: "Le prime incertezze"

Matteo Renzi, Stefano Folli: “Le prime incertezze”

ROMA – “Il primo rinvio dell’era Renzi – scrive Stefano Folli sul Sole 24 Ore – ha preso corpo ieri pomeriggio sul tardi: due settimane prima di decidere sul governo Letta, convocando allo scopo un’altra direzione del Pd. Per un leader che fa dell’antico “veni, vidi, vici” il suo motto, non è un gran risultato. Ma si può capire. In fondo compiere la scelta giusta sul governo è oggi la cosa più difficile”.

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Però ci si attendeva che il leader fosse più determinato e imboccasse una strada senza esitazioni. Una delle due: o il pieno sostegno all’esecutivo Letta, compresa l’offerta di nuovi ministri di fiducia della segreteria; ovvero la disponibilità ad assumere in prima persona la guida del governo in qualità di capo del partito di maggioranza relativa.
Non stupisce che Renzi abbia lasciato sullo sfondo quest’ultima ipotesi, suggestiva e del tutto logica in termini politici, ma poco realizzabile nelle condizioni attuali. Non ha torto chi osservava che sono proprio gli avversari interni di Renzi (nel Pd e nella coalizione) i più speranzosi di vederlo approdare a Palazzo Chigi, convinti forse che le sabbie mobili finirebbero per inghiottirlo o almeno per renderlo più duttile. D’altra parte non c’entra nulla la “staffetta” degli anni Ottanta fra Craxi e De Mita, evocata da più parti in questi giorni.
Quella fu una trattativa fra due capi partito che si scambiarono, non senza resistenze, la guida del governo. In questo caso si tratterebbe di un leader appena entrato in carica che chiede di portare la sua forza politica a Palazzo Chigi, sostituendo un esponente del suo stesso partito più debole perché privo proprio di quella forza che Renzi possiede ma esita a usare. Non è la stessa cosa. Semmai il nostro caso ricorda il passaggio in Inghilterra da Blair a Gordon Brown, entrambi laburisti. Oppure fra la Thatcher e John Major, conservatori, qualche anno prima. Ma si sa che a Londra i meccanismi istituzionali sono ben collaudati, anche quando c’è da affermare la supremazia del partito sul premier.
Da noi il problema è che Renzi è tutt’altro che sicuro di avere le spalle coperte dal suo partito, una volta che si fosse caricato la responsabilità del governo. Una responsabilità da cui non deriva gloria, tanto meno gloria elettorale, ma solo una serie infinita di problemi di ardua o quasi impossibile soluzione. In altre parole, l’avventura può trasformarsi in un attimo in una trappola mortale per un giovane ambizioso che non vuole incrinare il proprio consenso e punta solo ed esclusivamente a un’ampia, indiscutibile vittoria elettorale (resa più clamorosa dal generoso premio di maggioranza previsto dalle nuove norme).