Padoan: “Riforme, più potere all’Ue”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 7 Settembre 2014 - 08:26 OLTRE 6 MESI FA
Padoan: "Riforme, più potere all'Ue"

Padoan: “Riforme, più potere all’Ue”

ROMA – Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, con una lettera alla Stampa e ad altri 5 giornali esteri, ha anticipato i temi del prossimo Ecofin. “Per la crescita – scrive Padoan – bisogna adottare un patto che vincoli tutti”.

L’intervento completo:

Si dice a volte che le notizie negative possano costituire delle opportunità, perché suonano la sveglia e invitano a innescare azioni correttive. La domanda che ci poniamo è se i dati deludenti sulla crescita e sull’inflazione nell’Unione Europea del secondo trimestre 2014 saranno trattati come un’opportunità oppure resteranno una cattiva notizia. Motivi di ottimismo sugli sviluppi futuri ci vengono dai solidi principi sottostanti il piano di crescita economica della strategia EU2020 e dagli annuali Programmi Nazionali di Riforma. Tuttavia un numero crescente di indicatori ci ricorda che finora non è stato fatto abbastanza.

Primo: il prodotto interno lordo e gli investimenti nell’Unione restano su livelli inferiori a quelli del 2008, mentre negli Stati Uniti e in Giappone il Pil ha superato quel livello e gli investimenti lo hanno quasi recuperato. Secondo: la convergenza economica tra i Paesi dell’Unione si è tramutata in una divergenza che riflette differenze sostanziali nella produttività e nella competitività, tali da mettere in discussione il concetto stesso di mercato unico. Terzo, ma non per importanza: la crisi ha aumentato sia il livello della disoccupazione nell’Eurozona sia la differenza tra i livelli dei Paesi membri, con picchi drammatici per la disoccupazione giovanile.  Se questa prolungata caduta nei livelli di occupazione, investimento e produzione industriale si traducesse in una perdita di prodotto potenziale, la conseguenza sarebbe un abbassamento permanente del tasso di crescita.

Le politiche che verranno decise nelle prossime settimane e mesi determineranno la direzione dell’Unione Europea: possiamo andare verso quello che verrebbe ricordato come “il decennio perduto dell’Unione Europea” oppure intraprendere subito una strada diversa, verso una crescita sostenuta e duratura. Quali passi è dunque necessario intraprendere? Per muovere in direzione giusta dobbiamo innanzitutto avere il senso dell’urgenza della situazione. Il costo dell’inazione è enorme, sebbene risulti meno evidente perché misurabile soltanto in termini di perdita di opportunità future. Adesso dobbiamo quindi fare per la crescita ciò che è stato fatto, sotto la pressione della crisi dei debiti sovrani, per il risanamento dei bilanci pubblici e per l’unione bancaria.

Anche perché le politiche per conseguire i due obiettivi del consolidamento di bilancio e della crescita si rinforzano a vicenda: il successo del “fiscal compact” in ultima analisi dipende dal successo di un “growth compact”, un patto per la crescita.  Il secondo passo che dobbiamo compiere è quello della realizzazione delle riforme strutturali. L’attuazione delle riforme è stata finora insoddisfacente, e questo suggerisce che i Paesi spesso concedono alle riforme strutturali un tributo verbale senza impegnarsi nella loro attuazione. Il monitoraggio dei livelli di attuazione sulla base di benchmark puntuali deve diventare un’attività ordinaria dell’Eurogruppo e dell’Ecofin per diversi motivi. Primo, assicurare un’azione coordinata di tutti i Paesi in settori chiaramente identificati a livello nazionale. Secondo: includere gli effetti delle riforme sulla crescita futura nel calcolo delle compatibilità macroeconomiche nazionali. Terzo: massimizzare le esternalità positive delle riforme adottate. Quarto: fornire esplicitamente alle autorità nazionali strumenti per contrastare i gruppi di pressione che si oppongono alle riforme strutturali. Terzo passo: gli investimenti devono essere ripristinati al livello raggiunto prima della crisi. Gli investimenti privati dovrebbero beneficiare tanto degli effetti delle riforme strutturali sul clima economico quanto dei progressi in direzione di un mercato finanziario veramente europeo, nel quale i mercati svolgano un ruolo nell’erogazione del credito complementare a quello delle banche. Nuovi livelli di impegno sono, tuttavia, richiesti anche alle istituzioni europee che per il principio della sussidiarietà sono responsabili degli investimenti in quelle infrastrutture – nel campo dell’energia, dei trasporti, della comunicazione, dell’agenda digitale – che riguardano il continente intero e ne influenzeranno in modo determinante la competitività nel lungo periodo.

Condividiamo dunque e sosteniamo il recente appello a un’azione che metta in campo risorse consistenti lanciato del neoeletto Presidente della Commissione Europea. Se pensassimo all’Unione Europea o ai paesi dell’Eurozona come a squadre di calcio, direi che negli ultimi anni entrambe hanno dedicato molte più energie al rafforzamento della difesa che all’attacco: hanno dato priorità alla stabilità anziché alla crescita. Adesso è il momento di tornare al progetto originario del Semestre Europeo allo scopo di rafforzare le politiche per la crescita con lo stesso vigore e la stessa ambizione che in passato sono stati dedicati alle politiche per la stabilità. Nessuna partita si vince giocando soltanto in difesa. Il fiscal compact è il trattato con cui 25 dei 27 paesi dell’Ue (tutti tranne Gran Bretagna e Repubblica Ceca) hanno adottato una serie di regole vincolanti e comuni per l’equilibrio di bilancio. È in vigore dal primo gennaio 2013. Per analogia, il growth compact, è l’idea di una serie di regole comuni e vincolanti per riportare l’Ue alla crescita. Nei fatti si tratta di cedere un po’ di sovranità