Il Papa si è dimesso, Elezioni, Confesercenti: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 12 Febbraio 2013 - 10:17 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – «Non ho più le forze, perdonatemi» – E i cardinali si guardano attoniti – La rinuncia di Benedetto XVI «L’età è avanzata le forze inadatte». L’articolo de Il Corriere della Sera a firma di Aldo Cazzullo:

“«Fratres carissimi, non solum propter tres canonizationes ad hoc Consistorium vos convocavi, sed etiam ut vobis decisionem magni momenti pro Ecclesiae vitae communicem». «Carissimi fratelli, vi ho convocati a questo Concistoro non solo per le tre canonizzazioni, ma anche per comunicarvi una decisione di grande importanza per la vita della Chiesa…». Sono le 11 e 41, quando Benedetto XVI — la voce fioca, il corpo sottile come un giunco, la volontà fermissima — inizia a parlare, in latino. Deve canonizzare i martiri di Otranto. Ma subito si intuisce che c’è qualcosa di inatteso nell’aria. Padre Georg china il capo. I cardinali si guardano l’un l’altro, attoniti. Nella Sala del Concistoro, scriverà l’Osservatore Romano, si sente «un lieve brusio». Il mondo non sa ancora nulla dell’annuncio che sta per turbare un miliardo di cattolici. «Dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza davanti a Dio sono pervenuto alla certezza che le mie forze, per l’età avanzata, non sono più adatte per esercitare in modo adeguato il ministero petrino». Lo sgomento si disegna sui volti dell’elemosiniere, Guido Pozzo, e del reggente della prefettura della Casa pontificia, Leonardo Sapienza. Bertone, segretario di Stato, e Sodano, decano del sacro collegio, hanno in mano il testo che Ratzinger ha scritto di proprio pugno, e seguono le parole una per una. Sono tra pochissimi che già sanno: il Pontefice sta per dimettersi. «Sono ben consapevole che questo ministero, per la sua essenza spirituale, deve essere compiuto non solo con le opere e con le parole, ma non meno soffrendo e pregando…».”

Il tentativo fallito di cambiare la Curia – Dietro il sacrificio estremo di un intellettuale le ombre di un «rapporto segreto» choc. L’articolo de Il Corriere della Sera a firma di Massimo Franco:

“Non essendo riuscito a cambiare la Curia, Benedetto XVI è arrivato ad una conclusione amara: va via, è lui che cambia. Si tratta del sacrificio estremo, traumatico, di un pontefice intellettuale sconfitto da un apparato ritenuto troppo incrostato di potere e autoreferenziale per essere riformato. È come se Benedetto XVI avesse cercato di emancipare il papato e la Chiesa cattolica dall’ipoteca di una specie di Seconda Repubblica vaticana; e ne fosse rimasto, invece, vittima. È difficile non percepire la sua scelta come l’esito di una lunga riflessione e di una lunga stanchezza. Accreditarlo come un gesto istintivo significherebbe fare torto a questa figura destinata e entrare nella storia più per le sue dimissioni che per come ha tentato di riformare il cattolicesimo, senza riuscirci come avrebbe voluto: anche se la decisione vera e propria è maturata domenica. Quello a cui si assiste è il sintomo estremo, finale, irrevocabile della crisi di un sistema di governo e di una forma di papato; e della ribellione di un «Santo Padre» di fronte alla deriva di una Chiesa-istituzione passata in pochi anni da «maestra di vita» a «peccatrice»; da punto di riferimento morale dell’opinione pubblica occidentale, a una specie di «imputata globale», aggredita e spinta quasi a forza dalla parte opposta del confessionale. Senza questo trauma prolungato e tuttora in atto, riesce meno comprensibile la rinuncia di Benedetto XVI. È la lunga catena di conflitti, manovre, tradimenti all’ombra della cupola di San Pietro, a dare senso ad un atto altrimenti inesplicabile; e per il quale l’aggettivo «rivoluzionario» suona inadeguato: troppo piccolo, troppo secolare. Quanto è successo ieri lascia un senso di vuoto che stordisce.”

Effetto Ratzinger sulla campagna rimonta più dura per il Cavaliere. L’articolo de La Repubblica a firma di Francesco Bei:

“La campagna elettorale è finita alle undici e quarantasei di questa mattina”. Luigi Crespi, sondaggista e spin doctor di quattro candidati (“di destra e di sinistra”) ne è assolutamente certo: la notizia delle dimissioni di Ratzinger è un ciclone capace di spazzare via tutto. Ma a questo punto a temere è soprattutto Silvio Berlusconi, lanciato in una difficilissima rimonta contro il tempo. Impegnato ovunque e allo spasimo per dare una scossa ai suoi elettori delusi del 2008, per rimotivarli al voto con proposte shock, battute e battutacce, Mussolini e l’Imu. Ora più nulla. “Il gesto del Papa un evento di tale portata – ammette Paolo Bonaiuti – che oscura la campagna elettorale. Ma è impossibile fare calcoli meschini di convenienza, dobbiamo tutti cedere il passo”. Ma a chi giova questo farsi da parte della politica in televisione, sui giornali, nei bar, nelle discussioni serali in famiglia? La paura del Pdl è che il silenziamento della campagna imposto dalla notizia del Papa – con il Conclave, le ipotesi sui “papabili” e tutto il resto – renderà ancora più difficile la corsa ad ostacoli del Cavaliere. Perché Berlusconi, come ha calcolato Roberto D’Alimonte sul Sole24ore, “tra oggi e il 24 febbraio dovrebbe recuperare tanti voti quanti ne ha riconquistati negli ultimi mesi”. “

Berlusconi: non c’importa dello spread. Bersani incalza Monti: «Scelga». L’articolo de Il Corriere della Sera a firma di Monica Guerzoni:

“L’appello di Mario Monti all’«automoderazione» dei toni è destinato a cadere nel vuoto. Il rush finale della campagna dei leader è un tutti contro tutti che si fa, ogni giorno, più intriso di polemiche, con battute a effetto e reciproche ironie. Un chiacchiericcio che rischia di relegare in secondo piano il dibattito sui programmi e le proposte dei candidati, dalla riduzione dell’Imu alle questioni europee. Il leader del centrosinistra e il capo del governo dimissionario non smettono di beccarsi a vicenda. Dalla Lombardia, dove ieri hanno entrambi fatto tappa, Bersani ha replicato al premier sul bilancio europeo: «La mia non è una critica infantile come dice Monti, ma una critica adulta. Quando perde l’Unione e quando Cameron canta vittoria, tutte le altre vittorie sono di Pirro». La stima per il Professore non è in discussione, ma il segretario del Pd critica il Monti che «guarda sempre dall’alto ed è un po’ permaloso» e smentisce patti con i centristi di Scelta civica: «Non c’è nessun accordo, quello che si vede è». LE ALLEANZE Bersani non intende prendere lezioni da «coalizioni mimetiche» come quella guidata dal Professore, però non esclude dopo le elezioni un dialogo sulle riforme con le forze moderate alternative alla destra: «Non saremo settari, ma non significa che non vogliamo la maggioranza noi — avverte il segretario democratico — Monti deve scegliere. Sta con Berlusconi e con Orban? Sta con Albertini? Lo vedo un po’ suscettibile… Ma non può pensare di dare bacchettate e ricevere carezze. Tante ne dai, tante ne prendi». È la politica, bellezza. Quella politica che induce il Cavaliere a ricorrere a una parolaccia per marcare la distanza dal successore: «Una delle più grandi cazzate che ho fatto è stata la controfirma della nomina di Monti a senatore a vita».”

Confesercenti. Giù nel 2013 i consumi delle famiglie. L’articolo de Il Corriere della Sera:

“Il 2012 è stato un anno nero per gli italiani. La crisi ha colpito l’80% delle famiglie, l’86% delle quali ha dovuto ridurre le spese. È quanto emerge da un sondaggio Confesercenti-Swg secondo cui il 41% della popolazione ha avuto difficoltà ad arrivare a fine mese sia con i propri redditi che con quelli familiari. E se nel 2010 circa il 72% del campione riusciva a far fronte alle spese della famiglia per tutto il mese, quest’anno la percentuale cala bruscamente al 59%. Cresce invece di 5 punti rispetto a due anni fa il numero di coloro che ce la fanno solo fino alla seconda settimana (ora il 23% del campione), mentre sale di ben 8 punti la platea di chi arranca fino al traguardo della terza settimana (passando dal 20% del 2010 al 28% del 2012). L’80% degli intervistati segnala che la crisi ha colpito anche il proprio nucleo familiare: il 37% ha ridotto fortemente le spese, il 21% ha invece tagliato sulle attività di svago. Problemi lavorativi per il 20% delle famiglie italiane che hanno registrato: la perdita del posto di lavoro (il 14%) o la cassaintegrazione per uno dei suoi membri (il 6%). Per gli italiani, quindi, evidenzia il sondaggio Confesercenti-Swg, il nuovo governo dovrà puntare tutto sull’emergenza lavoro: la maggioranza degli italiani (il 59%) vuole far leva sul nuovo esecutivo per porre alla sua attenzione l’emergenza lavoro, scelta dal 31% degli intervistati a causa del forte sentimento d’insicurezza sul futuro. È significativo che, subito dopo, gli italiani chiedano di abbassare le tasse e di ridurre i costi della politica (il 23% del campione in entrambi i casi). Ovvero meno spese e meno sprechi per liberare risorse utili a tagliare l’insostenibile pressione fiscale, come sostiene da tempo e con molta forza la Confesercenti.”

Squinzi: va ridimensionato il perimetro dello Stato – «Ridurre il perimetro dello Stato». L’articolo de Il Sole 24 ore a firma di Nicoletta Picchio:

“Tempi stretti, entro il 18 ottobre, quando il presidente del Consiglio dovrà presentarsi all’Eurogruppo. «Ci proveremo, ci spero molto. Ritengo che ci siano spazi per una posizione comune, siamo nella stessa barca, dobbiamo remare nella stessa direzione». Giorgio Squinzi, presidente di Confindustria, parla dell’accordo sulla produttività, sollecitato dal governo alle parti sociali. Il confronto «non è ancora entrato nel vivo. Lo faremo la settimana prossima, siamo pronti a metterci attorno al tavolo. I tempi sono ristretti perché dovremo anche incontrare in governo per finalizzare qualcosa, permettere così al presidente Monti di andare in Europa con delle idee». Quindi a giorni Confindustria e sindacati cominceranno ad approfondire su come recuperare il gap di produttività del paese, come implementare l’accordo del 28 giugno del 2011, e di come questo obiettivo si incrocia con i rinnovi nazionali in corso. Pregiudiziali da parte dei sindacati? «Assolutamente no», ha risposto il presidente di Confindustria ad una domanda dei giornalisti, a margine dell’assemblea degli industriali di Venezia, tema che aveva affrontato a anche in mattinata, parlando agli imprenditori di Latina. Nessun dettaglio sul colloquio di giovedì sera con Susanna Camusso: «È stata una normale presa di contatto, come ho già fatto con Bonanni e lo faremo con gli altri»”.

L’America sceglie: sì al centrosinistra – L’endorsement Usa al centrosinistra “All’Italia serve una maggioranza forte”. L’articolo de La Repubblica a firma di Federico Rampini:

“«Occorre che un esecutivo di centro-sinistra sia abbastanza forte per governare. L’Italia ha bisogno di una forte maggioranza. La cosa peggiore, sarebbe un governo che non riesca a durare». È insolitamente esplicito l’ambasciatore americano in Italia, David Thorne. Forse perché sta parlando in casa. È a New York, davanti a una platea fatta prevalentemente di suoi colleghi, operatori che vengono come lui dal mondo del business. È un campionario di investitori americani (o italo-americani) dall’industria e dalla finanza. Lontano dalla tensione della campagna elettorale italiana, l’ambasciatore fa capire chiaramente su quale scenario punta l’Amministrazione Obama. Partendo dalla «ragionevole previsione di una maggioranza di centro- centro-sinistra» che ha evocato davanti a lui Giuliano Amato, l’ambasciatore ripete più volte quell’aggettivo: «Strong». Bisogna che quella maggioranza sia forte, «per proseguire sul cammino delle riforme, perché il governo Monti nel primo anno ha fatto un buon lavoro, ma un anno non basta». L’uscita di Thorne avviene, non a caso, a pochi giorni dall’arrivo del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Washington. Il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, ha confermato che Barack Obama riceverà Napolitano questo venerdì mattina alle dieci nell’Oval Office, la stanza degli eventi più solenni. Napolitano viene definito nel comunicato della Casa Bianca «uno stretto alleato e un amico degli Stati Uniti», e Obama attende di vederlo per «rafforzare i legami tra le due nazioni». Anche se la visita di Napolitano ha il sapore di un «saluto di addio», le elezioni saranno al centro di quel colloquio. Lo stesso Thorne è stato richiamato in patria anche per questo incontro fra i due presidenti. Ha avuto modo di confrontarsi col Dipartimento di Stato sulle elezioni italiane. Il suo messaggio arriva durante il summit economico Italia-Usa organizzato dalla Italian Business & Investment Initiative a New York con la partecipazione di Amato, del ministro dell’Economia Vittorio Grilli, di amministratori delegati di Alitalia, Enel, Eni, Wind.”