ROMA – Papa Francesco ha chiesto al presidente della Turchia Recep Erdogan che “i leader religiosi, intellettuali e politici musulmani condannino i terroristi chiaramente. E la condanna deve essere mondiale. Abbiamo bisogno di una condanna mondiale da parte degli islamici che dicano: “No, il Corano non è questo!””. Lo ha riferito lo stesso Papa Francesco ai giornalisti al seguito del suo viaggio in Turchia, mentre l’aereo del volo AZ 4001 lo riportava a Roma.
Nella cronaca di Marco Ansaldo su Repubblica e di Gian Guido Vecchi sul Corriere della Sera, Papa Francesco ha detto a Erdogna: “In Medio Oriente oggi c’è una Cristianofobia. Non voglio usare parole addolcite: a noi cristiani ci cacciano via dal Medio Oriente”.
Al ritorno dal suo viaggio in Turchia, racconta Marco Ansaldo, “durante il volo passa per il corridoio a salutare i giornalisti uno per uno. Poi si ferma a rispondere alle loro domande. Tutte. Senza reticenze, né richieste di evitare un tema piuttosto che un altro. Così ha fatto anche domenica sera, rientrando da Istanbul, al termine di tre intensi giorni di viaggio nella Turchia musulmana che confina con Paesi sconvolti dalla guerra come Iraq e Siria”.
Segue il resoconto delle domande e delle risposte come riferite da Marco Ansaldo e Gian Guido Vecchi: “Santità, Erdogan ha parlato di Islamofobia. Lei ha anche accennato a una sorta di Cristianofobia, con i cristiani perseguitati in Medio Oriente”. “Io credo sinceramente che non si possa dire che tutti gli islamici sono terroristi, come non si può dire che tutti i cristiani sono fondamentalisti: anche noi abbiamo dei fondamentalisti, in tutte le religioni ci sono”.
“”Se l’Islam è questo, mi arrabbio”. E tanti islamici, offesi, dicono: “Noi non siamo così, il Corano è un libro profetico di pace, questo non è l’Islam”.
“Ho detto a Erdogan che sarebbe bello condannarli chiaramente, lo dovrebbero fare i leader accademici, religiosi, intellettuali e politici. Così lo ascolterebbero dalla bocca dei loro leader”.
“Noi tutti abbiamo bisogno di una condanna mondiale. Gli islamici che hanno una identità dicano: noi non siamo questo, il Corano non è questo”.
“Io non voglio usare parole addolcite. A noi cristiani ci cacciano via dal Medio Oriente. Lo abbiamo visto in Iraq, nella zona di Mosul, devono andarsene o pagare una tassa, e anche quello non serve. Altre volte ci cacciano in guanti bianchi. Ma sempre come volessero che non rimanga più niente di cristiano… Vede, in tema di fobie, dobbiamo sempre distinguere la proposta di una religione dall’uso concreto che di quella proposta fa un governo concreto. Io sono islamico, ebreo, cristiano, ma tu conduci il tuo Paese non come islamico, come ebreo, come cristiano. Tante volte si usa un nome ma la realtà è diversa”.Che significato ha avuto il suo momento di preghiera così intenso nella Moschea Blu?
“Sono andato in Turchia come pellegrino, non come turista. Quando sono andato in moschea ho visto quella meraviglia, il Muftì mi spiegava bene le cose con tanta mitezza, mi citava il Corano là dove si parlava di Maria e di Giovanni Battista. In quel momento ho sentito il bisogno di pregare. Gli ho chiesto: preghiamo un po’? Lui mi ha risposto: “Sì, sì”. Io ho pregato per la Turchia, per la pace, per il Muftì, per tutti e per me… Ho detto: “Signore, ma finiamola con queste guerre, eh!”. È stato un momento di preghiera sincera”.
Dopo la visita al Patriarca ortodosso che prospettive ci sono per gli incontri con quello di Mosca?
“Il mese scorso in occasione del Sinodo è venuto il metropolita Ilarion e abbiamo parlato. Io credo che con l’ortodossia siamo in cammino. Ma se dobbiamo aspettare che i teologi si mettano d’accordo, quel giorno non arriverà mai. I teologi lavorano bene, ma Atenagora diceva: “Mettiamo i teologi su un’isola a discutere, e noi andiamo avanti”. L’unità è un cammino che si deve fare assieme. Le Chiese orientali cattoliche hanno diritto di esistere, ma l’uniatismo è una parola di un’altra epoca, si deve trovare un’altra strada (le uniate sono le Chiese dell’Oriente europeo tornate nel XV secolo in comunione con la Chiesa cattolica, ndr). Ho fatto sapere al Patriarca Kirill: ci incontriamo dove vuoi, tu chiami e io vengo. Ma in questo momento con la guerra in Ucraina ha tanti problemi”.
Andrà in Iraq?
“Lo voglio. Ho parlato col Patriarca Sako. Per il momento non è possibile. Se in questo momento andassi si creerebbe un problema per le autorità, per la sicurezza”.
Nel mondo ci sono ancora tante armi nucleari…
“Sono convinto che stiamo vivendo una Terza guerra mondiale a pezzi, a capitoli, dappertutto. Dietro ci sono inimicizie, problemi politici ed economici, per salvare questo sistema dove al centro è il dio denaro. E poi problemi commerciali, il traffico di armi è terribile. L’anno scorso si diceva che la Siria aveva le armi chimiche: io credo che la Siria non fosse in grado di farsele. Chi gliele ha vendute? Forse chi l’accusa. Su questo affare delle armi c’è tanto mistero”.
L’anno prossimo sarà l’anniversario di Hiroshima, restano tante armi nucleari…
“L’umanità non ha imparato. Dio ci ha dato la creazione perché della incultura primordiale facessimo una cultura. L’energia nucleare può servire a tante cose, ma l’uomo la usa per distruggere il creato e l’umanità: non voglio parlare di fine del mondo, di una seconda forma di incultura “terminale”. Poi bisognerà ricominciare da capo”.