Pd, Matteo Renzi alla guerra dei conti: “Ho trovato un bilancio in rosso”

di Redazione Blitz
Pubblicato il 6 Ottobre 2014 - 14:36 OLTRE 6 MESI FA
Pd, Matteo Renzi alla guerra dei conti: "Ho trovato un bilancio in rosso"

Matteo Renzi (LaPresse)

ROMA – “Ci siamo trovati un po’ di problemini nel bilancio del partito. Ma siccome siamo gente seria i panni sporchi si lavano in casa”. Dal palco del festival di Internazionale a Ferrara, Matteo Renzi non perde l’occasione di tirare la vera stilettata alla minoranza Dem. Per tutta la giornata impazza la polemica sul calo dei tesseramenti nel Pd, con lui segretario, scatenata da un articolo di Repubblica. Ma è proprio Renzi a spostare l’attenzione sui soldi, sui buchi lasciati dalla precedente gestione della ditta.

Scrive Wanda Marra sul Fatto Quotidiano:

“C’è un gruppo di persone che dice: ‘Mamma mia da quando c’è segretario Renzi, il Pd perde iscritti’”. A questi “vorrei semplicemente far notare che il Pd ha preso il 40,8 per cento, 16 punti in più delle ultimi elezioni”. E dunque, “ a qualcuno piace il Pd che ha 400mila iscritti e però perde le elezioni e prende il 25 per cento, a me quello che vince e che riconquista le Regioni”. Renzi puntualizza. Ad ora, le tessere sarebbero meno di 100mila. Un dato allarmante, che ha scatenato la reazione dei vecchi “proprietari” della ditta. Con Bersani che si è messo l’elmetto (“Senza iscritti, addio al Pd”) e Stefano Fassina in prima linea (“Non siamo un partito, siamo un comitato elettorale. Ma Renzi fa la Leopolda per i fedelissimi.”). Per i renziani è toccato al vicesegretario, Lorenzo Guerini confutare questa lettura: “Sono dati imprecisi. Il nostro obiettivo è superare i 300mila”. L’affondo: “Stiamo controllando anche le tessere dell’anno scorso”. Per dirla ancora con Renzi, “L’anno scorso c’era il congresso. A me piace l’idea che la tessera sia un valore, ma non quando c’è da votare per un segretario, ma perché c’è un’idea”. Il sottotitolo è chiaro: lui ha i voti, del partito tradizionale gliene importa ben poco.

La polemica sul Pd che non è più il Pd, sul leader senza base, sul premier che non fa il segretario va avanti ormai da mesi, con i “grandi vecchi” del partito all’attacco. Ma a questo punto sembra aver imboccato una strada di non ritorno. Niente tessere vuol dire anche meno soldi. Ed è proprio sui soldi che si consuma il secondo round. “Il Pd di Renzi non ha un euro in cassa. E loro, che fanno? Organizzano cene”. È un bersaniano di ferro che parla. Il problema è incontestabile: il bilancio del 2013 è stato chiuso con 10 milioni e 800mila euro di rosso. E nel 2013 il finanziamento pubblico era di 24 milioni di euro. Saranno 13 per il 2014: 11 in meno. Altro che rosso, allora. Dai vertici del Nazareno è arrivato l’invito a tutti i parlamentari a partecipare a delle cene (2 o 3, sicuramente al nord, ma forse anche al centro e al sud), che si faranno a novembre. Ciascuno è tenuto a portare 5 imprenditori, che dovranno versare 1000 euro ciascuno. Se anche l’operazione dovesse andare liscia come l’olio, con 400 parlamentari all’opera nelle casse del Nazareno arriverebbero 2 milioni di euro. Poca cosa. “Ma con che coraggio parlano? Sono loro che hanno creato questa situazione”, si sfogano i renziani, ricordando che tra il 2012 e il 2013 il rosso creato dalla gestione Bersani si assomma a 17 milioni. Il tesoriere Bonifazi ha annunciato per il 2014 il pareggio, lo stesso Renzi ha sottolineato che nessuno è stato licenziato. Operazione difficile. “Noi stiamo cercando di riparare ai loro danni”, spiegano. E allora, ecco che sfoggiano una gestione più oculata del partito: tagli alle consulenze e alle collaborazioni, fine dei contratti di affitto di locali diversi da Sant’Andrea delle Fratte, ridimensionamento di Youdem, spostamento di alcuni dipendenti dal partito ai gruppi di Camera e Senato. Basterà? Sperano in un trattamento migliore dalle banche. Poi, c’è tutto il capitolo sprechi.

Alcuni membri della segreteria Bersani avevano uno stipendio (ora non è così), il partito pagava loro appartamenti a Roma, auto, rimborsi vari. E non solo. “La segretaria di Bersani costava un milione di euro l’anno”, denunciano i renziani. Lo stesso ex segretario in direzione ha parlato di “metodo Boffo” usato nei suoi confronti. E la fedelissima Chiara Geloni spiegava: “Non fanno altro che dire che lui sprecava i soldi del Pd”. I dossier più circostanziati i dirigenti dem dell’epoca Renzi ce li hanno nel cassetto. Non a caso, ogni tanto lanciano lì qualche cifra e qualche indizio. Una pistola carica, ma che per ora non viene scaricata: i voti delle minoranze con l’arrivo in Senato della riforma del lavoro servono. Meglio dire e non dire. E intorno a tutto questo ruotare di pallottole, aleggia il fantasma scissione. Ieri Matteo Orfini ha chiesto a Ugo Sposetti, storico tesoriere dei Ds, di passare al Pd il patrimonio rimasto alla Quercia. Ma lui non ci pensa proprio: “Quegli immobili, che abbiamo noi, come li ha la Margherita, sono il frutto del nostro lavoro. Mica è un matrimonio, che dobbiamo portarli in dote”. C’è chi dice che quei soldi potrebbero servire a fare un altro partito, magari con D’Alema a capo. Anche su questo Sposetti è categorico: “Non esiste”. Ma comunque, “chiedete a D’Alema”.