Pensioni, bufala e odio sociale del M5s: non sono i vitalizi il risparmio ma i contributi figurativi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 17 Aprile 2018 - 09:09 OLTRE 6 MESI FA
Pensioni ultime notizie, bufala e odio sociale del M5s: non sono i vitalizi il risparmio ma i contributi figurativi

Pensioni, bufala e odio sociale del M5s: non sono i vitalizi il risparmio ma i contributi figurativi (nella foto Ansa, Tito Boeri)

ROMA – Pensioni e sciatteria dello Stato. Una “sciatteria istituzionale”. “An Inconvenient Truth”,una realtà scomoda, indicibile.

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 Così definisce Dimitri Buffa sul sito della Opinione, diretto da Arturo Diaconale, il contrasto fra “il finto problema dei vitalizi ai parlamentari e sul vero problema delle doppie pensioni. E dei contributi previdenziali che da decenni lo stato non versa nelle casse dell’Inps, e per un lungo periodo dell’Inpdap per i propri dirigenti, a cominciare dai magistrati”.

E aggiunge: “Questa sciatteria istituzionale, unità alle fake news che oggi ci propinano i grillini”, ha determinato una situazione molto confusa, “di cui tutti parlano a vanvera nei talk-show”.

Un solo parziale chiarimento, secondo Buffa, è venuto dal presidente dell’Inps, Tito Boeri, che “ha in parte rischiarato, solo in minima parte” affermando che il vero problema sono i contributi figurativi che in base a un’interpretazione di comodo dell’articolo 31 dello statuto dei lavoratori l’Inps, l’Inpgi, per decenni la su menzionata Inpdap (poi incorporata con il proprio enorme buco dall’Inps stessa) sono state costrette a versare per garantire non i vitalizi ma le pensioni vere e proprie dei tanti dipendenti pubblici e privati messisi in aspettativa per candidarsi al Parlamento o a Palazzo Madama”.

Questo testo di legge sottolinea “la evidente malafede istituzionale con cui negli anni si è passati al regime delle doppie pensioni”:

I lavoratori che siano eletti membri del Parlamento nazionale o del Parlamento europeo o di assemblee regionali ovvero siano chiamati ad altre funzioni pubbliche elettive possono, a richiesta, essere collocati in aspettativa non retribuita, per tutta la durata del loro mandato. La medesima disposizione si applica ai lavoratori chiamati a ricoprire cariche sindacali provinciali e nazionali. I periodi di aspettativa di cui ai precedenti commi sono considerati utili, a richiesta dell’interessato, ai fini del riconoscimento del diritto e della determinazione della misura della pensione a carico della assicurazione generale obbligatoria di cui al regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, e successive modifiche ed integrazioni, nonché a carico di enti, fondi, casse e gestioni per forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione predetta, o che ne comportino comunque l’esonero. Durante i periodi di aspettativa l’interessato, in caso di malattia, conserva il diritto alle prestazioni a carico dei competenti enti preposti alla erogazione delle prestazioni medesime. Le disposizioni di cui al terzo e al quarto comma non si applicano qualora a favore dei lavoratori siano previste forme previdenziali per il trattamento di pensione e per malattia, in relazione all’attività espletata durante il periodo di aspettativa”.

In aggiunta c’è il dettato della legge Mosca, che approvata nel 1974 ha permesso man mano lo sbarco di un totale 40 mila personaggi, compresi nomi di peso come l’ex presidente dela Repubblica Giorgio Napolitano, nel paradiso delle pensioni Inps ottenute senza avere MAI versato una lira di contributi.

Come è agevole capire, commenta Dimitri Buffa, proprio l’ultimo capoverso spiega quale fosse la ratio originaria e sacrosanta del vitalizio: chi non aveva ancora una situazione previdenziale avviata poteva supplire a ciò con il vitalizio maturato, da considerarsi una pensione e non un “di più”. Invece l’interpretazione di comodo data – e questa è veramente l’essenza della parola “casta”, fu che il vitalizio era una cosa e la pensione un’altra. Così gli enti previdenziali nei decenni, dal 1970 a oggi, sono stati costretti ad accettare di prendere contributi figurativi per ogni parlamentare (e la cosa ha riguardato drammaticamente l’Inpgi, l’ente previdenziale dei giornalisti) eletto. E a versargli, al momento del compimento dell’anno di età previsto, una pensione vera – che andava a raddoppiare il vitalizio erogato dalla Camera o dal Senato – con una perdita secca di quasi 5 miliardi di euro.

Se i parlamentari “dipendenti” della Casaleggio Associati avessero voluto fare una battaglia di verità sugli sprechi della casta, da qui avrebbero dovuto iniziare. Ma così è la politica. Si vincono le elezioni su promessi risparmi di una settantina di milioni di euro e si tralascia una battaglia che ne farebbe risparmiare a miliardi.