“Pompei, il mito e il castigo”. Andrea Giardina sul Messaggero

di Redazione Blitz
Pubblicato il 13 Febbraio 2014 - 10:21 OLTRE 6 MESI FA

"Pompei, il mito e il castigo". Andrea Giardina sul MessaggeroROMA – Lo storico Andrea Giardina ha visto in anteprima il film di Paul Anderson, Pompei, sull’eruzione del Vesuvio che nel 79 d.C. distrusse la città adagiata sulla baia di Napoli.

Il film esaspera vecchie ricostruzioni errate della realtà storica: antichi romani rappresentati come nazisti e ciechi dominatori. Il distacco dall’autenticità non trova una motivazione artistica.

Scrive Andrea Giardina sul Messaggero:

(…) a giudicare dal nuovissimo Pompei di Paul Anderson si direbbe che nulla sia cambiato. Raramente nella storia del cinema è stato anzi proposto un ritratto così ideologicamente esasperato degli antichi romani. Dalla prima all’ultima scena i romani sono più nazisti dei nazisti: sempre avvolti da corazze e tuniche nere sgozzano ridendo uomini donne e bambini, frustano senza motivo a destra e a manca, sprecano una quantità enorme di energie per spingere a calci e pugni prigionieri mansueti, il tutto accompagnato da un parossismo di insulti, di offese, di sguardi torvi e disgustati. I professori che vanno a caccia di errori nei film storici sprecano il loro tempo e trasmettono un messaggio sbagliato. Anche i poeti antichi, quando componevano poemi storici si prendevano le loro libertà, manipolavano, non rispettavano i dati geografici e cronologici. Il racconto artistico, che sia in versi, su immagini statiche o in movimento, ha le sue regole e non è un saggio scientifico. Ma il distacco dall’autenticità storica deve avere una ragione, una motivazione artistica, almeno un messaggio originale.

Che senso ha, come vuol dirci questo nuovo film, rappresentare la romanissima città di Pompei come una comunità colonizzata, ostile a Roma perché vittima di una speculazione edilizia ordita da un affarista locale e da uno spregiudicato senatore? Nessun senso ovviamente, se non un tocco di ambientalismo e l’adesione a un usurato cliché antiromano che ha fatto il suo tempo, non diverte, non emoziona. Con una clamorosa incoerenza, il film presenta inoltre l’eruzione del vulcano come un castigo divino, che punisce le colpe degli uomini. Ma a subirne le conseguenze sono proprio i pompeiani vittime di Roma ladrona.

A parte un’affrettata storiella d’amore, tutto il resto è una serie interminabile di atrocità gladiatorie che imitano Il gladiatore di Ridley Scott senza nemmeno sfiorarne la smagliante originalità. Tutto il resto è noia direbbe il poeta. Come hanno sempre saputo i romanzieri, i pittori e i registi un minimo di sensualità è consigliabile quando si tratta dell’antica Roma. Ma questo nuovo film su Pompei è meno erotico di Mary Poppins. L’unica attività riprovevole dalla quale le belve romane di Paul Anderson si astengono è lo stupro. Non ne deduciamo certo che la loro sia una casta violenza, ma che la produzione e il regista hanno fatto una scelta ben precisa: niente sesso, perché il sesso è osceno e fa perdere un po’ di spettatori, mentre le teste mozze, i bambini sgozzati, gli arti troncati nulla avrebbero d’indecente. La cosa può stupire ma dice molto sui nostri tempi.