ROMA – “Dal contributo per il Consorzio di bonifica inserito in bolletta alla quota per il Sistema sanitario compresa nell’Rc auto, fino all’imposta di bollo – scrive Giovanni Bucchi di Italia Oggi – Senza però dimenticare le immancabili accise sulla benzina. Sono alcune delle tasse indirette che ogni giorno il contribuente italiano paga senza nemmeno accorgersene, non sapendo che – insieme alle imposte dirette – tutti questi balzelli finiscono per mangiarsi oltre la metà del suo stipendio”.
L’articolo di Giovanni Bucchi: (…) La bugia sulla pressione fiscale. Stando ai dati ufficiali, l’Italia nel 2013 ha avuto una pressione fiscale pari al 43,8% del Pil, in lieve diminuzione rispetto al 2012 (44), e al sesto posto nella classifica europea guidata dalla Danimarca con il 48,9%. Tuttavia, ragionano alla Fondazione riminese, questa cifra diffusa dall’Istat non tiene conto dell’economia sommersa che, tramite il cosiddetto Valore aggiunto sommerso (Vas), viene accolta nel Pil, dove si contempla anche quella parte di ricchezza prodotta ma sfuggita al Fisco (…)
Si finisce così per spalmare nel calcolo finale il prelievo fiscale e tributario anche sui redditi nascosti allo Stato e non tassati, producendo quindi un dato finale di pressione ufficiale inferiore a quello reale. Da qui l’esigenza di rivedere i conti, sottraendo al Pil la quota del Vas e lasciando ferma la cifra dei redditi dichiarati; in questo modo, la pressione fiscale effettiva aumenta al 52,5%, dato più alto in Europa. Significa che lo Stato si mangia oltre la metà dei redditi degli italiani.
Paghiamo senza nemmeno saperlo. Quello che il professor Savioli definisce «il prelievo inconsapevole» è forse l’aspetto più odioso. “«In Italia – spiega il docente – ci sono oltre cento tasse, anche bevendo un bicchiere d’acqua noi paghiamo alcune imposte, ma il più delle volte non ce ne rendiamo conto». E questo sia per la mancata conoscenza, sia perché «ormai siamo assuefatti, versiamo balzelli sconosciuti allo Stato senza nemmeno saperlo» dal momento che «manca una concezione complessiva del peso della pressione fiscale sui redditi»
Più della metà allo Stato. Eppure più della metà dei redditi da lavoro dipendente non resta nelle tasche dei lavoratori. Per calcolare sia il peso delle imposte dirette che – soprattutto – quello sconosciuto delle imposte indirette, lo studio ha individuato due casi ipotetici: quello del signor Mario, che guadagna 1.300 euro netti al mese, e quello del signor Giovanni, che può contare su 2.500 euro netti al mese (…)
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