Prime pagine e rassegna stampa: Bersani, Pdl e Movimento 5 stelle

di Redazione Blitz
Pubblicato il 28 Marzo 2013 - 08:51 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Bersani ancora senza intesa”. Il bersaglio immobile. Editoriale di Michele Ainis:

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“Ho fatto un sogno. Bersani torna al Colle (meglio tardi che mai) e ci torna a mani vuote. Senza un «sostegno parlamentare certo» al proprio tentativo, come gli aveva invece chiesto il presidente. Sicché quest’ultimo lo accompagna alla porta, sia pure con rammarico; e si prepara a sparare un secondo colpo di fucile. Subito, perché di gran consulti ne abbiamo visti troppi, e perché di tempo non ce n’è. Dunque Napolitano individua un nuovo vate, ma nel mio sogno pure lui incespica sui veti, pure lui torna al Quirinale senza voti.
Perciò arriviamo più o meno al 5 aprile, quando mancano quaranta giorni all’insediamento del prossimo capo dello Stato. Ma intanto il vecchio presidente non ha più cartucce da sparare, né tantomeno può usare l’arma atomica, lo scioglimento anticipato delle Camere. Non può perché è in semestre bianco; il colpo di grazia, semmai, spetterà al suo successore. E nel frattempo? Stallo totale, blocco senza vie di sblocco. I partiti si danno addosso l’uno all’altro, mentre i mercati infuriano, le cancellerie s’allertano, le imprese fuggono, i disoccupati crescono, le piazze rumoreggiano. L’Italia si trasforma in un bersaglio mobile (anzi no, immobile). Il mio sogno si trasforma in incubo”.

Un Bersani nervoso cerca di rimuovere le ultime incognite. La nota politica di Massimo Franco:

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“La sponda grillina si è confermata scivolosa, anzi ostile nei confronti di Pier Luigi Bersani. La consultazione fra il premier incaricato e i delegati del Movimento 5 stelle ha chiuso qualunque margine di dialogo. E per paradosso, la decisione di mandare in rete ogni parola pronunciata nel loro incontro ha irrigidito le posizioni. La trasparenza è diventata l’arma per evitare uno smottamento nel gruppo parlamentare di Beppe Grillo, scottato dalla «fuga» di qualche voto al Senato nell’elezione del presidente Piero Grasso. Sembrava una finzione di dialogo. Invece di parlarsi, gli interlocutori si rivolgevano ai rispettivi elettorati, già pensando ad un possibile scenario di voto anticipato. E poche ore dopo Vito Crimi, capogruppo grillino al Senato, ha liquidato il tentativo del segretario del Pd annunciando che se Giorgio Napolitano fa un altro nome, il M5S potrebbe essere più flessibile.
Bersani torna oggi al Quirinale per riferire al capo dello Stato se ritiene di poter tentare la formazione di un Esecutivo. L’impressione è che voglia provarci, pur avendo presenti le difficoltà. E infatti si fa anticipare da parole sferzanti sull’eventualità di un «governo del Presidente» che Napolitano potrebbe sentirsi costretto a proporre di fronte ai veti incrociati dei partiti. Segno che per la sinistra una qualsiasi subordinata a Bersani sarebbe vissuta come un arretramento e un passo ulteriore verso la fine anticipata della legislatura. Rispetto all’impostazione iniziale, però, la tattica del leader del Pd ha subìto una torsione vistosa”.

Il giallo dell’incontro riservato con Brunetta. Articolo di Maurizio Caprara:

“Giorgio Napolitano e Mario Monti non se la sono sentita di lasciare senza suture di emergenza lo strappo che si è creato alla Farnesina con le dimissioni di Giulio Terzi da ministro degli Esteri, esito pirotecnico di una crisi tra India e Italia nata dalla morte di due pescatori e diventata, 13 mesi dopo, materiale infiammabile al contatto con le manovre in corso a Roma sulla formazione del nuovo governo e l’elezione del prossimo capo dello Stato.
Considerato che la sua squadra ministeriale è in carica soltanto per gli affari correnti, per tappare il buco aperto in un ministero capace di valere da sé un «rimpasto» il presidente del Consiglio uscente non poteva affrontare lunghe trattative fra i partiti. Non erano né il momento né la stagione adatti. Così, essendo la Farnesina è uno di quei rami dello Stato nei quali la routine può essere sempre interrotta da emergenze ineludibili, Monti si è preso martedì ad interim la responsabilità del ministero e ha concordato con Napolitano di promuovere a viceministri i due sottosegretari già in carica.
Marta Dassù, direttore della rivista dell’Aspen Institute Aspenia, esperta di questioni internazionali con origini di sinistra che non le hanno impedito di avere ottimi rapporti con gli Stati Uniti anche prima di Barack Obama presidente e di far parte del Comitato scientifico di Confindustria, era fino a ieri la sottosegretaria con deleghe sulle Americhe”.

La Repubblica: “Bersani-Pdl: battaglia sul Quirinale”. L’Italia spaventa le Borse flop dell´asta Btp, spread oltre 350. Editoriale di Elena Polidori:

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“Crisi & mercati. C´è un filo rosso che unisce l´andamento di Borsa e spread con il tentativo di Bersani e i tanti «no» del M5s. Al dunque, lo stallo politico finisce per spaventare gli operatori e, se confermato, prelude anche a una possibile bocciatura del Paese da parte delle agenzie di rating, Moody´s in testa. In cifre: la Borsa di Milano lascia sul campo lo 0,92%, lo spread ritorna a quota 350, le aste dei Btp sono deludenti, l´euro scivola sotto 1,28 dollari, il minimo da quattro mesi. Ovunque in Europa i listini chiudono in rosso, indeboliti anche dalla crisi di Cipro, che reinnesca il rischio-contagio : ora Nicosia s´appresta pure a imporre un limite di 3 mila euro ai contanti che si potranno portare fuori dall´isola.
Così, via via che Bersani procede con le consultazioni, sale la preoccupazione dei mercati, cresce il nervosimo. Sui listini, così come sulle aste del Tesoro, pesa l´incertezza per il governo che non c´è e non si sa se ci sarà. Lo spread, che è una sorta di termometro della fiducia, è di nuovo ai massimi da un mese. O meglio, è di nuovo sui valori raggiunti all´indomani del voto, quando imperava la paura dell´ingovernabilità. Nelle ultime 24 ore è salito di ben 28 punti, con il rendimento al 4,77%”.

Berlusconi blocca la trattativa “Io o Gianni Letta al Quirinale solo così mi sento garantito”. Scrive Carmelo Lopapa:

“I telecomandi a distanza hanno funzionato alla perfezione e in serata, dal fortino di Arcore, Silvio Berlusconi ha fatto saltare per aria gli ultimi ponti della trattativa col Pd. «Sulle nostre condizioni non trattiamo. Vogliono il nostro sostegno ma questi signori non si sono degnati nemmeno di chiamarmi di persona» si è lamentato nel lungo vertice telefonico serale con Alfano, Verdini, Lupi, Schifani e gli altri riuniti in via dell´Umiltà. «Bersani vuole Palazzo Chigi? Mandi me o Gianni Letta al Quirinale, il resto non ci interessa».
È stato l´ultimo, messaggio tranciante con cui si è licenziato dai suoi. Sebbene chi gli ha parlato fino a tardi sostiene che «il presidente attende» un segnale, un´offerta a questo punto pubblica dal Pd. Ma certo che non arriverà. A Roma il leader Pdl potrebbe rimettere piede oggi, ma molto più probabilmente dalle sabbie mobili della Capitale si terrà lontano ancora. Questo non vuol dire che per tutto il giorno il quartier generale berlusconiano non abbia interagito con quello di Bersani. Anzi. Verdini e Migliavacca, ormai abituali ambasciatori dai tempi della riforma elettorale (mai nata) si sono assentati a lungo entrambi dalla seduta del Senato, mentre Monti riferiva sui Marò. Un faccia a faccia tra i tanti, protrattosi nel primo pomeriggio, e che ha fatto circolare con insistenza voci su un possibile spiraglio. Voci spente poi in serata, con la porta chiusa della nota di Alfano, sintesi del pensiero del Cavaliere dopo il niet definitivo dei democratici a un uomo di centrodestra al Colle”.

“Porterò Giulio alla Farnesina” E Berlusconi scatenò la bufera. Scrive Alberto D’Argenio:

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“Roma, lunedì scorso. Silvio Berlusconi davanti a qualche parlamentare parla a Ignazio La Russa, ex ministro della Difesa legato da solida amicizia a Giulio Terzi. Mancano poche ore dalle dimissioni choc del capo della nostra diplomazia ma a Palazzo Grazioli già si fanno i calcoli sul futuro politico di colui che, giusto il giorno successivo, tra la sorpresa di premier e ministri avrebbe fatto esplodere una mina nel cuore del governo Monti.
Quella delle dimissioni di Terzi è una storia nella quale si intrecciano diversi ingredienti di volta in volta presenti nei racconti di chi, dentro e fuori dal governo, l´ha vissuta da vicino. Il tentativo del ministro di salvarsi faccia sulla disastrosa gestione del caso marò, l´ambizione di passare di fronte all´opinione pubblica come colui che ha fatto di tutto per salvarli. La volontà di scansarsi dal fuoco incrociato delle Camere e farlo convergere addosso a Monti. E l´indubbio favore servito su un piatto d´argento al Pdl, che un ulteriore indebolimento del premier uscente e del suo governo lo gradisce eccome: gettare discredito sui tecnici anche a futura memoria, compromettere le chance del Professore di ritagliarsi un nuovo prestigioso ruolo nel panorama istituzionale che ridarebbe smalto alla sua carriera politica. Guarda caso negli ultimi giorni si vociferava proprio di un suo possibile approdo alla Farnesina nel prossimo governo”.

La Stampa: “Il Pdl a Bersani: Hai chiuso”. Elettori grillini in freezer. Editoriale di Cesare Martinetti:

“Beppe Grillo è un leader politico riconosciuto in quanto tale da un italiano su quattro. Elettori che avevano votato per la destra, per il centro e – prevalentemente – per la sinistra. Ex astensionisti che hanno trovato in lui una ragione per tornare ad esprimere un voto. Delusi, disillusi, disgustati, schifati dalla politica che hanno riconosciuto nel suo «vaffa» un modo di esprimere quel che dettava loro il cuore”.

Zuckerberg in campo in difesa dei cervelli della Silicon Valley. Articolo di Gianni Riotta:

“Sarà un progetto bipartisan, con consulenti democratici e repubblicani, per rilanciare idee di altri leader industriali, dal fondatore di Aol, Case, al capo di Google, Schmidt, sulla riforma dei permessi di soggiorno e lavoro. Joe Green, ex presidente del sito NationBuilder e compagno di scuola di Zuckerberg, coprirà l’informazione online. Riaprire l’America alle «masse», elogiate nei versi sacri alla Statua della Libertà, è stato un fattore decisivo nelle elezioni 2012, con gli ispanici che hanno premiato Obama e punito i repubblicani. Zuckerberg però sa che in Congresso nessuna riforma potrà passare senza uno sforzo comune e recluta dunque lo stratega repubblicano Jon Lerner, vicino al conservatore Grover Norquist, e il consulente Rob Jesmer, di destra da sempre. Si parte con 20 milioni di dollari versati da Zuckerberg, (15 milioni e mezzo di euro), poi gli altri soci fondatori daranno la loro parte”.

Il Giornale: “Umiliato”. Editoriale di Vittorio Feltri:

“L’incontro ravvicinato con la politica fa venire i brividi. La realtà supera i resoconti dei giornalisti, sempre troppo buoni quando stendono le lo­ro cronache. I protagonisti del Palazzo non sono watussi, ma pigmei. Lo abbiamo scoperto grazie allo streaming, specchio della verità, che ieri ci ha consentito di seguire in diretta l’incontro storico fra Pier Luigi Bersani, nominato esploratore (non premier) da Giorgio Napolitano, e i due Ufo del Movimento 5 Stelle: Roberta Lombardi e Vito Crimi, capigruppo alla Camera e al Senato. Uno spettacolo inedito. Un conto è vedere il se­gretario del Pd che, sicuro di sé, incline alle meta­fore rurali, pronto alle battute salaci, carico di otti­mismo, arringa dalla tribuna il popolo ex comuni­sta; un altro conto è assistere alla sua esibizione da cagnolino bastonato davanti a due grillini esor­dienti parlamentari. Una differenza abissale, co­me dal giorno alla notte. Intento a convincere gli interlocutori della necessità del loro appoggio per varare il governo di sinistra, Bersani sembra­va Paolo Villaggio nei panni del ragionier Fantoz­zi”.

Il Fatto Quotidiano: “Bersani vicino alla resa. M5s: nomi fuori dai partiti”. Il troiellum. Editoriale di Marco Travaglio:

“L’ultima volta che i presidenti di Camera e Senato, a Parlamento unificato, tuonarono assieme contro qualcuno, fu per mettere in riga il pm Gherardo Colombo che si era permesso di definire la Bicamerale “figlia del ricatto”. Allora erano Violante e Mancino, preclare figure. Oggi sono Boldrini e Grasso a strillare come vergini violate contro Franco Battiato che ha avuto l’ardire di dichiarare: “Mi rallegro quando un essere non è così servo dei padroni, come queste troie in giro per il Parlamento che farebbero qualunque cosa, invece di aprirsi un casino”. Apriti cielo! Proteste unanimi da destra, centro e sinistra, mobilitazione generale, emergenza nazionale, manca soltanto la dichiarazione dello stato d’assedio con coprifuoco, cavalli di frisia e sacchi di sabbia alle finestre. Boldrini: “Respingo nel modo più fermo l’insulto alla dignità del Parlamento, stento a credere” ecc. Grasso: “Esprimeremo il nostro disagio al governatore della Sicilia per le frasi dell’assessore Battiato”. Sui cinquanta fra condannati, imputati e inquisiti che infestano il Parlamento, invece, nemmeno un monosillabo. Invece giù fiumi di parole e inchiostro contro il cantautore-assessore che osa chiamare troie le troie. Pronta la mossa conformista del governatore Crocetta, un tempo spiritoso e controcorrente specie sulle questioni di sesso, ora ridotto alla stregua dell’ultimo parruccone politically correct, che mette alla porta il fiore all’occhiello della sua giunta, financo equiparandolo a uno Zichichi qualunque. Si risente pure la Fornero, che è pure ministro delle Pari Opportunità (infatti s’è scordata solo 390 mila esodati)”.