Processo Mediaset, Berlusconi, Beirut: rassegna stampa e prime pagine

di Redazione Blitz
Pubblicato il 10 Luglio 2013 - 09:01 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – Il Pdl contro la Cassazione. Il Corriere della Sera: “Processo Mediaset: la Cassazione ha fissato al 30 luglio l’udienza sulle condanne a Silvio Berlusconi. Rivolta nel Pdl per la rapidità della decisione: ipotesi di non partecipare ai lavori delle Camere. Il premier: «Il governo terrà».”

Ma se Arnault fosse nato qui. L’editoriale a firma di Dario Di Vico:

“Archiviato il blitz Loro Piana con tutto il suo carico di sorpresa e di rimpianto, la domanda più interessante che faremmo bene a porci suona così: come si sarebbe comportato il sistema bancario italiano con un imprenditore edile, tipo Bernard Arnault, che avesse mostrato di aspirare a costruire un gruppo internazionale del lusso? La risposta non può che essere sconsolata. Non sarebbe andata come in Francia e il motivo purtroppo è semplice. Per condizionamenti, che per amor di patria definiamo ambientali, le banche italiane sono portate più a disegnare operazioni di sistema che a selezionare un numero sufficiente di imprenditori capaci e visionari. Quali siano state nel recente passato queste operazioni di sistema è fin troppo facile rammentarlo. Le banche italiane hanno sostenuto finanzieri-immobiliaristi incauti come Romain Zaleski oppure si sono dedicate al montaggio di cordate per l’Alitalia. In tutte queste vicende a formare il «merito di credito» ha contribuito il nome del cliente o il dividendo politico dell’operazione stessa, piuttosto che l’individuazione di un imprenditore di talento, la verifica delle intuizioni di business, l’accompagnamento delle sue mosse in una logica di cooperazione e consulenza. Al sistema delle medie aziende italiane finora è mancata proprio la possibilità di giocare il jolly, di far pesare nella competizione un’interlocuzione costante con il mondo del credito finalizzata ad aggregare i marchi italiani e a proiettarli nell’economia globale.”

Diritti tv subito in Cassazione. Il Pdl insorge. L’articolo a firma di Dino Martirano:

“La Corte di Cassazione ha fatto i suoi calcoli sulla prescrizione e ha impresso un’accelerazione imprevista al processo Mediaset in cui Silvio Berlusconi rischia una condanna definitiva per frode fiscale con la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. La notizia è arrivata dopo le 14. Solo allora si è saputo ufficialmente che la Suprema Corte discuterà il processo Mediaset già martedì 30 luglio con la prospettiva di andare a sentenza nell’arco della giornata. Invece, tutto il mondo della politica — e il Pdl in particolare — si era tarato su un calendario che fissava il processo decisivo per Berlusconi — ma anche per il governo delle larghe intese — tra novembre e dicembre. E nei palazzi della politica nessun aveva calcolato lo scrupolo della Cassazione che ha anticipato il processo Mediaset a fine mese dirottandolo sulla sezione feriale. Una scelta dovuta, dicono a piazza Cavour, perché la prescrizione intermedia di una parte dei reati addebitati all’ex premier scatta il 13 settembre mentre la prima data utile dopo la pausa estiva è quella del 16 settembre. Troppo tardi, dunque, per evitare che una parte del processo vada prescritto. Il 30 luglio sarà così il giorno decisivo per il Cavaliere la cui sorte processuale verrà presa in carico da un collegio feriale composto da giudici scelti (in base al criterio della disponibilità e dell’anzianità) in tutte le sezioni penali e civili della Corte.”

Le «minacce» alle larghe intese e quella finestra elettorale a ottobre. L’articolo a firma di Francesco Verderami:

“La trama insomma sembra svilupparsi senza variazioni, ripetitiva e dunque noiosa, se non fosse che l’evento potrebbe far collassare l’intero sistema, già in preda alle prime convulsioni. Con un partito, il Pdl, scosso e frastornato, che è accecato dall’ira verso le «toghe politicizzate» quasi quanto il suo capo, e medita ciò che medita da sempre, le manifestazioni di piazza, i girotondi attorno ai palazzi di giustizia e alla Cassazione, le dimissioni di massa dal Parlamento, la crisi di governo; denunciando quel che Berlusconi per ora non può denunciare, e cioè la manona internazionale, il golpe nazionale, i complotti editorial-giudiziari. Tutto già detto, tutto già previsto, come nel finale di una partita a scacchi: con la condanna del leader, il voto del Senato che lo dichiara decaduto, la sentenza che lo rende ineleggibile. Un atto di guerra a cui rispondere dichiarando anzitempo guerra, con la fine del governo e il disperato tentativo di arrivare alle urne prima dello scacco matto giudiziario. In effetti la finestra elettorale è formalmente ancora aperta, lo sarebbe anche a fine luglio quando è prevista la sentenza, consentendo il voto per metà ottobre. I calcoli sono stati fatti ieri a palazzo Grazioli, davanti a un Berlusconi a cui l’avvocato Coppi ha imposto il silenzio, esponendosi mediaticamente come mai aveva fatto nella sua carriera forense, proprio per evitare che il suo assistito si esponesse.”

Interdizione, rinvio o annullamento. I tre scenari. L’articolo a firma di Luigi Ferrarella:

“«Nei procedimenti per reati la cui prescrizione maturi durante la sospensione» dei termini feriali, «il giudice pronuncia, anche d’ufficio, ordinanza non impugnabile con la quale è specificamente motivata e dichiarata l’urgenza del processo». Questo terzo comma dell’articolo 2 della legge n.742 esiste per tutti i processi dal 7 ottobre 1969, e in base ad esso anche i giudici di Cassazione non possono farsi prescrivere in mano i procedimenti su reati che abbiano prescrizioni imminenti pur durante la pausa estiva. Di qui ieri, nel caso diritti tv Mediaset, la fissazione al 30 luglio davanti alla sezione feriale della Suprema Corte (presidente Antonio Esposito, relatore Amedeo Franco) del processo pervenuto in Cassazione da Milano nove giorni fa con i ricorsi difensivi depositati il 19 giugno.

Prescrizione evitata – Ieri il Corriere aveva calcolato che in un periodo compreso fra il 31 agosto e il 30 settembre, ma più probabilmente il 13 settembre, si sarebbe prescritta una delle due annate di frode fiscale (il 2002 per 4,9 milioni di euro asseritamente evasi, il doppio dei 2,6 milioni del 2003 destinati a prescriversi solo nell’estate 2014) per le quali i giudici di Tribunale il 26 ottobre 2012 e di Appello l’8 maggio 2013 avevano condannato il patron di Mediaset ed ex premier a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici. La conseguenza giuridica sarebbe stata che, anche in caso di condanna, una Corte di legittimità fissata in media dopo 7 mesi, e dunque a fine 2013/inizio 2014, avrebbe fatto passare in giudicato la colpevolezza di Berlusconi ma, non potendo operare apprezzamenti di merito sull’entità della pena, avrebbe dovuto demandare a un nuovo Appello milanese il ricalcolo della pena alla reclusione, dalla quale sarebbe dipesa (solo se ancora superiore a 3 anni) anche la permanenza o meno della pena accessoria di 5 anni di interdizione dai pubblici uffici.”

Rischi da Imu e Iva, S&P taglia Letta: sui conti sorvegliati speciali. L’articolo a firma di Ivo Caizzi:

“L’Ue ha appena liberato l’Italia dalla procedura per deficit eccessivo includendola tra i Paesi «virtuosi». Ma l’agenzia di rating Usa Standard & Poor’s ha declassato l’affidabilità finanziaria italiana da BBB+ a BBB, aggiungendo «prospettive negative» che potrebbero portare a ulteriori arretramenti. Il ministero dell’Economia ha respinto la valutazione dell’agenzia di New York, che ipotizza nel 2013 un aggravamento della recessione a -1,9% (rispetto al precedente -1,4%), perché «retrospettiva» e non «di prospettiva» in quanto non terrebbe conto delle azioni intraprese dal governo italiano. Il premier Enrico Letta ha condiviso la dura replica di Via XX Settembre, ma ha ammonito: «La situazione rimane complessa e complicata. Chi pensa che a livello internazionale tutto sia risolto sbaglia. L’Italia, con un debito pubblico così alto, rimane vigilato speciale». Il declassamento di Standard & Poor’s, che opera anche al servizio di investitori impegnati a speculare sui titoli degli Stati, potrebbe alzare il costo dell’indebitamento. In più evidenzia i contrasti sulla politica fiscale tra i partiti della maggioranza, sostenendo che «nel 2013 gli obiettivi di bilancio dell’Italia sono potenzialmente a rischio per il differente approccio» nella copertura del disavanzo «frutto della sospensione dell’Imu e del possibile ritardo del pianificato aumento dell’Iva». Poche ore prima, invece, il responsabile dell’Economia Fabrizio Saccomanni si era detto fiducioso di trovare un accordo nella «cabina di regia» della maggioranza proprio su Imu e Iva.”

Conti a rischio, Italia bocciata. La Stampa: “S&P ha tagliato il rating di lungo termine dell’Italia a BBB da BBB+. «Nel 2013 gli obiettivi di bilancio in Italia sono potenzialmente a rischio per il differente approccio nella coalizione di governo» per coprire un disavanzo «frutto della sospensione dell’Imu e del possibile ritardo del pianificato aumento dell’Iva». Letta: restiamo un Paese sorvegliato speciale.”

Grillo e Casaleggio salgono al Quirinale “Difenda le Camere”. L’articolo a firma di Andrea Malaguti:

“Va in scena un inedito. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio in tandem al Quirinale. Il Megafono di Genova e il Guru di Milano. Il Fondatore e il Cofondatore del Movimento Cinque Stelle, il Braccio e la Mente, il Creatore e l’Interprete. Questa mattina (salvo ripensamenti dell’imprevedibile Guru) alle 12 salgono al Colle per spiegare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano la propria visione del disastro Paese. «Ci rivolgiamo a Lei come ultimo referente possibile. Perché oltre Lei non resta più niente. Se le Camere lavorano così, tanto vale scioglierle». Questo gli diranno, considerandolo non solo Capo dello Stato, ma anche Capo del Governo. E lo faranno con amarezza, come se avessero lo stomaco pieno di aria acida respirata nel Palazzo, la scatola vuota – di tonno trasformatasi ormai in una semplice finzione. Il nulla democratico fattosi aula parlamentare. Perché ci vanno assieme? Una ragione di narrazione drammatica: nell’ora del bisogno (spostata di una settimana per non disturbare le spartane vacanze di Grillo in Costa Smeralda) si muovono i generali. Una ragione simbolica: Grillo e Casaleggio sono la stessa cosa e così anche quando il Megafono di Genova andrà in giro per il mondo con il suo spettacolo, nessuno si potrà stupire se ci sarà il Guru di Milano a fare le sue veci (messaggio da consegnare agli elettori e agli eletti). Una ragione pratica: Grillo parlerà della necessità di riportare un Parlamento ormai esautorato al centro della vita democratica, dell’eccesso di decretazione e delle intromissioni considerate inaccettabili del Consiglio di Difesa sugli F35. Casaleggio punterà sull’Economia, chiederà aiuti per le piccole e medie imprese e parlerà di Irap e di Ires. Dopo l’incontro (al quale saranno presenti anche i capogruppo alla Camera e al Senato, Riccardo Nuti e Nicola Morra) Grillo si sposterà a Palazzo Madama. Alle 13, nella Sala Nassirya, leggerà un documento e terrà una conferenza stampa.”

“L’Italia del lusso non sa crescere”. L’articolo a firma di Antonella Amapane:

“L’ennesimo passaggio di un marchio italiano sotto l’ala francese, come Loro Piana acquisito l’altro ieri da Lvmh, sottolinea come il nostro Paese non sappia trattenere le sue eccellenze. Viene da chiedersi perché il made in Italy fashion di lusso – stimato dalla società specializzata Pambianco con un fatturato annuale dai 15 ai 18 milardi di euro, spalmati su 3800 aziende d’abbigliamento e pelletteria – non abbia saputo costruire imperi come quelli transalpini, sulla falsariga di Lvmh, Kering di François Pinault e Richemont. L’abbiamo chiesto ad alcuni industriali e a Mario Boselli, presidente della Camera della Moda italiana: «Non sono certo contento che i nostri brand finiscano in mano ad altri, anche se non ho mai fatto barricate in nome dell’italianità. Sarebbe meglio se i nomi della nostra filiera restassero a casa. Anche se Lvmh e Kering hanno sempre avuto il massimo rispetto del made in Italy, della sua originalità e dei suoi industriali. Fino adesso nessuno si è mai lamentato, anzi».”

Beirut, autobomba contro Hezbollah. L’articolo a firma di Claudio Gallo:

“Puntualmente l’autobomba è arrivata, 40 chili di tritolo dentro un’auto nel parcheggio del centro commerciale della Cooperativa islamica a Bir al Abed, un sobborgo della Dahiya, la periferia sud di Beirut. La grande area controllata dal movimento sciita Hezbollah, ha dato il nome a una dottrina militare israeliana, «Dahiya doctrine» che in sostanza significa spianare i quartieri nemici, civili compresi, come qui accadde nel 2006. L’esplosione ha provocato un cratere di due metri ma miracolosamente non ha ucciso nessuno: i negozi infatti erano pieni di gente che faceva le provviste per il ramadan, cominciato tra ieri e oggi. Dei 53 feriti molti sono già stati dimessi dagli ospedali, 12 sono in condizioni più serie. Subito dopo l’esplosione ci sono state scene di panico, con alcuni volontari che cercavano di mandare via i curiosi nel timore che scoppiasse un altro ordigno.”

Paghi subito la multa? Arriva lo sconto del trenta per cento. L’articolo a firma di Flavia Amabile:

“Potrebbe arrivare entro l’estate la possibilità di ottenere uno sconto fino al 30% sulle multe se vengono pagate subito, o comunque entro cinque giorni. È stato il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi a rilanciare questa che finora è una proposta di legge. E nella formulazione del ministro aumenta anche la percentuale della riduzione: lo sconto finora previsto nelle misure in discussione alla Camera, infatti, è del 20%. «È un’iniziativa molto positiva quella di proporre la riduzione del 20% delle multe per chi paga entro cinque giorni e, anzi, l’ideale sarebbe ridurle del 30% se la proposta fosse condivisa da governo e Parlamento. Sarebbero risorse certe, eviterebbero i contenziosi, e sarebbe anche un segnale» ha detto Lupi in audizione alla commissione Trasporti della Camera. L’idea è: «Non hai rispettato le regole ma la multa può essere educativa se paghi e non un’inutile vessazione».”

Angelo d’oro. Ogbonna dal Toro alla Juve per 15 mln (3 legati ai bonus). L’articolo a firma di Gianluca Oddenino:

“Ci sono voluti quaranta giorni di trattative, cinque incontri a Milano (l’ultimo in programma oggi) e uno sforzo economico da top player, ma alla fine Juve e Toro hanno riscritto la storia dei derby. Almeno a livello di mercato. Angelo Ogbonna sveste il granata dopo 10 stagioni anni e la fascia di capitano per indossare il bianconero in un accordo che sembra soddisfare tutti: la Juve prende uno dei migliori difensori azzurri in circolazione, il giocatore ottiene la grande squadra che sognava da tempo e il Toro incassa 12 milioni di euro (più 3 legati ai bonus individuali). Non pochi, considerando che Ogbonna viene a costare più del cartellino di Tevez e una spesa del genere (complessivamente 15 milioni) per un difensore non è roba da tutti i giorni. Soprattutto in questo mercato, sempre più povero e deprezzato. La Juve, però, ha puntato con forza e da tempo il vice campione d’Europa nell’Italia di Prandelli e si è preso il 25enne di origini nigeriane prima dell’inizio dei ritiri. L’Angelo d’oro arriva come riserva di Chiellini nella migliore difesa d’Italia da due stagioni consecutive, ma può ritagliarsi spazi importanti in una squadra impegnata sul doppio fronte scudetto-Champions. E questo è l’augurio che si fa anche Cairo, visto che alle presenze di Ogbonna è legato il ricco bonus in palio.”