Prodi «rinuncia» al Colle. Ma è soltanto una finta, Massimiliano Scafi sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 25 Febbraio 2014 - 11:07 OLTRE 6 MESI FA
Prodi «rinuncia» al Colle. Ma è soltanto una finta, Massimiliano Scafi sul Giornale

Prodi «rinuncia» al Colle. Ma è soltanto una finta, Massimiliano Scafi sul Giornale

ROMA – Scrive Massimiliano Scafi sul Giornale: “Io? Sul Colle? Ma no, ma che, ma dai, ma non scher­ziamo nemmeno. «Come si dice, the game is over». No, non sarò io il prossimo presidente della Repubblica, giura Roma­no Prodi, non ci penso nean­che, quel treno l’ho perso e non ritorna più”.

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«La gara è finita, so­no tutti giovani, tutti nuovi, quindi uno deve capire quando è il proprio tempo e quando il proprio tempo è passato». Il solito ghigno, la solita smor­fia con la boccuccia, il Professo­re spunta in tv ad Agorà e smen­tisce di essere ancora in pista per il Quirinale. Anche perché non è ben chiaro quando la pol­trona sarà libererà: Giorgio Na­politano non finirà il mandato, lui stesso l’ha detto più volte.Pe­rò, salvo ripensamenti o im­provvisi cambi di scenario, pro­babilmente non si dimetterà prima di vedere stabilizzato il quadro politico e avviate le rifor­me. Prodi, comunque, sostiene di non essere interessato. Ci era arrivato davvero vicino, nel­l’aprile dell’anno scorso, pri­ma che i 101 franchi tiratori del Pd lo impallinassero, e forse è ancora scottato dal tradimento dei suoi. Però è singolare che, in un convegno di Nomisma, torni sull’argomento proprio nel giorno del debutto parla­mentare di Matteo Renzi. Vuo­le fargli ombra? Vuole metter­gli il cappello sopra? O vuole sol­tanto rimettersi in pista?
L’ex premier infatti non si na­sconde, anzi fa di tutto per met­tersi in mostra. Accarezza Ren­zi contropelo: «I leader miglio­ri? Non devono essere dei geni, ma aver coerenza e lungimiran­za. Devono saper fare squa­dra ». Spiega cosa dovrebbe fa­re il governo: «Deve far passare il messaggio che farà un lavoro serio e che dura nel tempo, che piano piano il Paese si norma­lizza. E non c’è bisogno di fret­ta, di farlo in un giorno». Difen­de la continuità, quasi rimpian­gendo Enrico Letta: «La costan­te rotazione politica è un enor­me handicap per l’Italia ». Forni­sce consigli non graditi su co­me ridurre il debito pubblico: «Se non si va verso la riduzione, avremo sempre uno zaino pe­sante sulle spalle. Ma se il gover­no fa la formichina, i mercati co­minceranno ad apprezzarlo». Dice la sua pure sull’Europa: «L’Ue ha paura di tutto. Il suo problema è sopravvivere».
Una ricerca di visibilità che sfocia quasi in una voglia di pro­tagonismo e riaccende così re­centi sospetti. L’ex presidente della Commissione, dopo lo smacco nella corsa al Quirina­le, ha avuto un lungo periodo di letargo ma da qualche settima­na ha ripreso ad esternare con continuità. Non sarà, hanno pensato in molti, che si è rimes­so sulla linea di partenza? Ma­gari si sarà fatto due calcoli: se Napolitano lascia, lui potrebbe essere eletto da Pd e Cinque stel­le, che in questo Parlamento hanno insieme una larghissi­ma maggioranza.
Da qui gli auguri interessati a Matteo di lunga durata: «Que­sto è un governo giovane e, con i progressi della medicina, i mi­nistri in carica possono durare anche un secolo». Bisogna ve­dere che ne pensa Renzi, capire se, dopo Napolitano, gradireb­be il peso di un capo dello Stato ingombrante e invadente co­me Prodi. E poi, il Professore ha fatto i conti senza l’oste del Col­le. «Sono state diverse e oppo­ste forze politiche», ha ricorda­to Napolitano a Capodanno, a chiedermi di restare ancora e a «rieleggermi con il 72 per cento dei voti». Quindi, ha precisato, «resterò presidente fino a quan­do la situazione del Paese e del­le istituzioni me lo farà ritenere necessario e possibile, e fino a quando le forze me lo consenti­ranno. Fino ad allora e non un giorno di più, e dunque di certo solo per un tempo non lungo». Da allora la linea non è cambia­ta.