Un pronostico e due consigli non richiesti per Renzi, Vittorio Feltri sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 26 Febbraio 2014 - 11:30 OLTRE 6 MESI FA
Un pronostico e due consigli non richiesti per Renzi, Vittorio Feltri sul Giornale

Un pronostico e due consigli non richiesti per Renzi, Vittorio Feltri sul Giornale

ROMA – “Un pronostico e due consigli non richiesti per Renzi” è il titolo dell’editoriale di Vittorio Feltri sul Giornale:

Siamo un po’ intontiti a causa degli eventi che, come il mondo, sono troppo veloci rispetto al nostro passo. Cosicché la realtà ci supera ed è as­sai diversa da come appare ai nostri occhi miopi. Ra­gioniamo ( si fa per dire)al­l’antica. Siamo ancora con­vinti, per esempio, che l’Italia abbia piena sovranità e possa decidere dei propri destini? È falso. Restiamo chiusi in un sistema internazionale nel quale entram­mo male e dal quale, ogni giorno che passa, è sempre più difficile, se non impossibile, uscire.

Il guaio è che i politici nazionali, forse in buona fede, forse per igno­ranza, forse per stupidità, collabora­no alacremente da anni con i loro carcerieri. Li ossequiano. Ne hanno soggezione, cercano di compiacerli nella speranza che li uccidano lenta­mente, magari per ultimi. Eccoci an­cora qui – io per primo – a confidare nella rivoluzione liberale, conside­randola a portata di mano e addirit­tura utile. Figuriamoci. Tanto per cominciare, quando Giulio Tre­monti- che non è un politico, ma un intellettuale troppo intelligente per essere apprezzato – tentò di realiz­zarla, fu fermato. Da chi? Dalle cor­porazioni, da vari poteri (che non sa­ranno stati forti ma che, nell’arte di distruggere, erano e sono formida­bili), dai partiti, compreso il suo, da un Parlamento che vorrebbe essere un santuario e che, invece, è una di­scarica infestata dai topi, capace di tutto e buono solo a rovinare- inqui­nandole – perfino le poche leggi de­centi sottoposte alla sua approva­zione. Vabbè, sorvoliamo.

E veniamo al dunque. La premes­sa serve a inquadrare i problemi che il nuovo premier, Matteo Renzi, si illude di risolvere, ritenendosi un fenomeno. Intendiamoci, fenome­no lo è. Un incantatore di serpenti e di lucertole. Su questo non ci sono dubbi. Basta guardarlo. Ha un lin­guaggio totalmente diverso dai tromboni della politica ed è in gra­do, senza fatica, di piacere al popo­lo sul quale le sue parole agiscono quali endorfine, producendo effetti euforizzanti. Egli dice una bischera­ta qualsiasi? Viene bevuta come ro­solio. A forza di mandar giù rosolio, però, la gente si sbronza e si persua­de che il guru di Pontassieve sia l’uo­mo della provvidenza. Il quale, nel discorso pronunciato alle Camere allo scopo di ottenerne la fiducia, ha promesso mille cose senza, tutta­via, precisare dove andrà a prende­re i soldi per realizzarle.
Ha detto che punterà sulla scuola, modernizzandola anche sotto il pro­filo edilizio. Teoricamente ha ragio­ne, perché essa fa ribrezzo. Ma se si è ridotta tanto male è perché è stata sottoposta a decine di riforme: chiunque arrivasse al ministero del­l’-Istruzione, ne avviava una che peg­giorava la situazione esistente. Ven­ti ministri (salvo solo Mariastella Gelmini), venti peggioramenti. Mai nessun responsabile di quel dicaste­ro è stato capace di porre la scuola al servizio della produzione, del lavo­ro, dell’industria. L’università ha sempre schifato le fabbriche, gli uffi­ci, perfino il terziario, figuriamoci il commercio.
L’accademia: un pianeta separa­to dalla volgarità della vita quotidia­na. Ovvio che, attualmente, i laurea­ti (non tutti, ma quasi) siano disoc­cupati: non sanno fare nulla se non chiacchierare. Esattamente come Renzi. Il quale sogna di risollevare le sorti dei compatrioti aggiustan­do i tetti degli edifici scolastici. Ma questa è ancora un’inezia.Il Vange­lo secondo Matteo è una bella lettu­ra,una favola rassicurante. Recupe­rare risorse aumentando l’aliquota Irpef dal 43 al 45 per cento sui reddi­ti oltre i 120mila euro lordi: scusi, dottor premier, ma quanto denaro suppone di recuperare con questa geniale trovata? Una miseria, dato che coloro i quali denunciano simi­le reddito sono un’esigua minoran­za.
Andiamo avanti. Si è accorto o no che abbiamo a che fare non con il ca­pitalismo, bensì con la degenerazio­ne del capitalismo, e che pertanto dobbiamo diffidarne? In Inghilter­ra le banche sono state statalizzate perché quelle private avevano dato pessime prove (come in Italia e nel­l’intero Occidente), puntando su derivati e altre schifezze che hanno ridotto la finanza a gioco delle tre ta­volette, un imbroglio mostruoso. Le porcherie in economia sono pa­ragonabili al veleno versato negli ac­quedotti. Gli istituti di credito di mezzo globo terracqueo sono mar­ci, e i nostri non fanno eccezione. Le dice nulla il nome Monte dei Paschi di Siena? Non osi sospettare che sia l’unico a sprofondare nel guano.
In sostanza, caro Renzi, le racco­mando di non sognare. Enrico Letta era un presidente inerte e ossequio­so nei confronti dell’Europa; lei sa­rà magari un presidente dinamico, ma- è inevitabile- egualmente osse­quioso verso i padroni del vapore comunitario. Sarà obbligato a ingi­nocchiarsi davanti alle autorità di Bruxelles, che tengono gli Stati membri, specialmente i più deboli, per le palle, notoriamente di vellu­to e non d’acciaio come il povero Letta affermava di avere.
E siamo al punto. Non le venga l’idea di picchiare i pugni sul tavolo di Angela Merkel. La signora è dota­ta di un cazzotto da ko. Pericoloso affrontarla sul ring. Non le venga in mente di fuggire dall’euro. Non ce l’ha fatta la Grecia a scappare, che era a pezzi, perché lei dovrebbe es­sere all’altezza di portare a compi­mento tale ambizioso progetto? Suvvia, Renzi, si rassegni: non c’è trippa per gatti. Romano Prodi ci ha inchiavardato alla moneta unica, che rappresenta tante economie di­seguali. La Cina e l’Asia in genere si sono impossessate di mercati che erano nostri, le ricchezze che aveva­mo si stanno riducendo al lumici­no, cresce l’importo delle bollette e diminuiscono gli stipendi, l’Euro­pa è stata una fregatura che si ag­giunge ad altre fregature. E lei, presi­dente, ci parla di risorgimento ita­liano che deve iniziare dalla conqui­sta di un posto d’onore nella Ue?
Ma si dia una regolata, cessi di concionare ore e ore e si impegni a salvare il salvabile. Avrà la nostra ri­conoscenza. Non ne possiamo più di udire la sua voce querula e am­morbante. Stia zitto, e faccia qualco­sa di concreto. Siamo stanchi di pro­clami, ma siamo pronti a organizza­re dei reclami. Non è un avvertimen­to: è una minaccia.