Così Putin spiava l’Europa, Beppe Grillo, Travaglio e Renzi: prime pagine e rassegna stampa

di Redazione Blitz
Pubblicato il 29 Ottobre 2013 - 08:36 OLTRE 6 MESI FA

Il Corriere della Sera: “Il dossier sulla guerra delle spie”. L’uso improprio del fallimento. Editoriale di Massimo Fracaro e Nicola Sauditi:

“In questi quattro mesi può accadere (e si è verificato spesso) che l’azienda passi a un livello successivo, il cosiddetto «concordato in continuità». Risultato: ai fornitori sono stati rimborsati non più del 20% dei loro crediti e l’azienda è ripartita, sotto altre vesti, senza pesi. Accade così che i più piccoli, più fragili da un punto di vista strutturale, spesso finiscono con il finanziare (forzatamente) i più grandi. Che con la formula della continuità aziendale, di fatto, si rigenerano sempre nello stesso settore, lasciandosi alle spalle l’eredità più pesante.
E c’è anche un evidente profilo di concorrenza sleale: chi cerca di mantenere i propri impegni con i fornitori, con le banche, e fa di tutto per resistere, può ritrovarsi, in una gara per un appalto pubblico, a competere con chi si è semplificato la vita cancellando il passato. Non appare un’esagerazione definirli i furbetti del concordato. Ma che cosa si può fare? Valutare gli effetti della legge e, se necessario, introdurre correttivi. Si potrebbe ad esempio prevedere una soglia minima di rimborso dei fornitori per evitare abusi, garantire la massima trasparenza delle informazioni”.

Così Putin voleva spiare l’Europa. Scrive Fiorenza Sarzanini:

“Nella guerra di spie esplosa con il Datagate, adesso tutti sono contro tutti. E l’ultimo attacco lo sferra l’Unione Europea. Bersaglio: la Russia di Vladimir Putin. L’accusa è pesantissima: durante l’ultimo G20 che si è svolto nel settembre scorso a San Pietroburgo, ai capi di Stato e di governo sono stati consegnati gadget che in realtà erano strumenti di intrusione per computer e telefonini. L’allertamento per tutti i servizi segreti dei Paesi partecipanti è stato tramesso direttamente dal Consiglio europeo e immediate sono scattate le ulteriori verifiche a livello nazionale. È l’ultimo capitolo di una vicenda che rischia di creare fratture gravissime nelle relazioni diplomatiche. Durante i contatti di questi giorni, gli Stati Uniti hanno continuato ad escludere di aver mai intercettato esponenti delle istituzioni italiane e questa mattina tornerà di fronte al comitato parlamentare di controllo il direttore del Dis Giampiero Massolo. Il capo dell’intelligence ribadirà che «non ci sono evidenze su controlli illegali» e consegnerà l’esito delle indagini effettuate nelle ultime settimane anche con la collaborazione degli 007 «collegati». Una relazione per ricostruire quanto accaduto dopo le rivelazioni di Edward Snowden, il tecnico informatico che ha violato i segreti dell’Nsa, la National Security Agency americana”.

Alfano: mai documenti anti Berlusconi Marina esclude la discesa in campo. Articolo di Paola Di Caro:

“Si avvicina il momento della verità per la sorte del Pdl, di Forza Italia e probabilmente della legislatura. Con l’accelerazione del voto sulla decadenza, previsto in Senato tra una decina di giorni o poco più, è partita l’offensiva di Silvio Berlusconi per riconquistare i voti perduti a Palazzo Madama sulla fiducia (sono tra i 25 e i 30 i senatori «governativi» fedeli ad Angelino Alfano, una quindicina quelli da riprendere ad ogni costo).
L’ex premier, raccontano, è apparso nelle ultime ore sempre più deciso a sferrare il colpo finale alle larghe intese se venisse alla fine decretata la sua espulsione dalla politica da «quelli con cui governiamo: proseguire assieme ai carnefici sarebbe impossibile». Voci di Transatlantico lo darebbero perfino favorevole al voto palese, pur di arrivare ad acclarare la spaccatura che giustificherebbe la richiesta di elezioni. E non ci sono per ora inviti alla cautela che riescano a convincerlo, sicuro com’è che se una chance di salvezza esiste per lui è nel chiedere una nuova investitura agli italiani. Con Marina o senza lo si capirà solo alla fine, ieri è stato il giorno della smentita secca e totale sia della primogenita che di Barbara rispetto a un eventuale impegno in politica. Ma la sua convinzione è che «io ci sarò, e un candidato premier alla fine lo troveremo». Tanto che si lavora ad una grande manifestazione-girotondo attorno a palazzo Madama, con migliaia di persone, da tenere il giorno del voto sulla decadenza”.

E Grillo fa da sponda a tutti gli avversari delle “larghe intese”. La nota politica di Massimo Franco:

“Bisogna chiedersi come mai Beppe Grillo abbia deciso di colpo di piombare a Roma e di occupare simbolicamente le aule del Parlamento. È chiaro che lo ritiene il palcoscenico in grado, oggi, di garantirgli il massimo di visibilità; forse non solo agli occhi dell’opinione pubblica ma anche degli eletti del Movimento 5 Stelle che ultimamente lo hanno contestato. Oltre che una campagna di aggressione contro Giorgio Napolitano, quella di Beppe Grillo somiglia a un’intimidazione a tavolino nei confronti dei dissidenti interni. Il suo è un tentativo di riprendersi gruppi parlamentari indocili; e di rilanciare la strategia dello sfascio, esaltando il proprio ruolo antisistema.
Lo fa nonostante, o forse proprio per bilanciare, i risultati elettorali deludenti raggiunti nelle recenti elezioni in Trentino Alto Adige. Ipotizzare messe in stato d’accusa del presidente della Repubblica e voto anticipato è solo un modo per polarizzare l’attenzione e chiamare a raccolta i fautori della fine della legislatura. Grillo, che si definisce “un ex comico populista”, sembra offrirsi agli avversari del governo delle “larghe intese” come testa d’ariete.
Si ritaglia il ruolo di grande destabilizzatore, puntando a delegittimare l’istituzione che appare come l’unica in grado di arginare una deriva elettorale: il Quirinale, appunto. Eppure, sa benissimo di non avere nessuna possibilità di trasformare Napolitano in un imputato che ha attentato alla Costituzione. La sua pretesa «è assurda», lo rimbecca il premier, Enrico Letta. Ma a Grillo non importa, anzi. Essere additato come l’anti-Quirinale, così come l’anti-governativo e l’anti-europeo è il suo biglietto da visita per mobilitare l’universo degli scontenti”.

Trento-Bolzano, tonfo di Pdl e M5S Avanzano i movimenti autonomisti. Dall’inviato Emanuele Buzzi:

“Centrodestra polverizzato, Cinque Stelle in drastico calo e Sudtiroler Volkspartei sempre padrona a Bolzano, ma non più da sola. L’esito del voto in Trentino Alto Adige apre nuovi scenari anche a livello nazionale, specie per Forza Italia, al primo vero test dopo il ritorno a nome e logo delle origini. In frantumi, il centrodestra italiano in entrambe le province (a Trento la coalizione nel 2008 aveva ottenuto il 36,5, ndr). Particolarmente deludente il partito di Silvio Berlusconi: a Trento passa dal 12,2% del Popolo della libertà di cinque anni fa, al 15% di febbraio al 4,4% di ieri. A Bolzano, invece, insieme alla Lega Nord, ottiene il 2,5% (era all’8,3% nel 2008 e al 6,6 alle Politiche). Forza Italia — sostiene Michaela Biancofiore, che regge le fila degli azzurri in Regione — «paga le divisioni interne». In netto calo il Movimento, che solo pochi mesi fa in Trentino aveva oltrepassato il muro del 20% e che, ieri, invece, si è fermato al 5,8%. Cifre ancora più basse a Bolzano, dove i pentastellati arrivano al 2,5%. Nonostante tutto, però, Beppe Grillo si mostra ottimista. «Siamo entrati in Alto Adige dove mi hanno salutato come Grillo ma detto con la K — ha detto ieri il leader a Roma in Senato —. Abbiamo messo dentro uno che è una meraviglia, è stato il più grande successo da quando esistiamo, un successo stratosferico». La nuova era della Regione, quella che segna la fine dei regni di Lorenzo Dellai — in carica a Trento per 14 anni — e Luis Durnwalder — a Bolzano per 25 — si apre seguendo il copione, i sondaggi della vigilia. A trionfare alle elezioni sono, come previsto, la Sudtiroler Volkspartei in Alto Adige e il centrosinistra capeggiato dal nuovo governatore Ugo Rossi in Trentino. Ma questa tornata elettorale vede soprattutto la vittoria dei partiti legati al territorio”.

La prima pagina di Repubblica: “Prima casa, tornano le detrazioni”.

Il Fatto Quotidiano: “Ora Grillo si gioca tutto: al voto, e se perdo mollo”.

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La Stampa: “Così i russi spiavano al G20”. La guerra senza regole degli 007. Editoriale di Maurizio Molinari:

“Se il sistema americano «Prism» ha monitorato negli ultimi anni le comunicazioni elettroniche nel Pianeta e le antenne della «National Security Agency» hanno intercettato i leader alleati di Washington, in occasione dell’ultimo summit del G20 gli organizzatori russi avrebbero consegnato ad alcuni dei Capi di Stato e di governo ospiti una chiavetta Usb capace di spiarli.

Le rivelazioni sullo spionaggio elettronico che finora hanno bersagliato gli Stati Uniti sembrano così estendersi alla Russia, lasciando intendere l’intensificazione di una guerra di spie innescata dalla fuga ad Hong Kong di Edward Snowden, l’ex analista della «Nsa» scappato dalle Hawaii con i segreti più preziosi dell’arsenale digitale del Pentagono ed ora esiliato in Russia, dove a proteggerlo sono i discendenti dell’ex Kgb. Durante la visita svolta in giugno a Berlino, era stato il presidente americano Barack Obama a dire a chiare lettere che «non siamo i soli a usare lo spionaggio elettronico sebbene siamo gli unici a doverne rispondere pubblicamente» e nelle settimane seguenti è tornato sull’argomento, lasciando trapelare l’irritazione di Washington per il perdurante silenzio sulle analoghe attività dei più agguerriti concorrenti strategici: Pechino e Mosca anzitutto.
I sospetti che ora si indirizzano sulla Russia di Vladimir Putin per le chiavette-spia del G20 si accompagnano all’ipotesi che qualcosa sia saltato nei delicati equilibri che regolano la convivenza fra servizi segreti, innescando un domino di rivelazioni che – a prescindere dalla loro fondatezza – sono destinate a moltiplicare le fibrillazioni internazionali. Ciò che viene meno è una delle regole più antiche delle relazioni fra potenze: ci si spia senza dirlo e le guerre di intelligence avvengono lontano dai riflettori. Se il crollo del Muro di Berlino ha portato ad un mondo multipolare dove ogni nazione può ambire ad essere decisiva, le rivelazioni di Snowden hanno rotto il tacito equilibrio fra i maggiori servizi di intelligence dando vita ad una sorta di Far West delle spie che si consuma in maniera plateale sulle prime pagine di siti Internet e quotidiani”.

Il Giornale: “Brogli nelle urne del Pd”. Il vizietto antico dei compagni. Editoriale di Paolo Guzzanti:

Per carità, la storia della Repubblica è piena di brogli nelle urne e nei congres­si, traffici di tessere e traffici di schede, preferenze rubate, voti rubati, comprati e ven­duti, questa (anche) in fondo è democrazia, baby. E in questi traffici si sono distinti quasi tutti nel passato: democristiani, socialisti, so­cialdemocratici e cani sciolti, specialmente nella prima Repubblica erano specialisti, mentre tutt’altra storia riguardava – e riguar­da- l’apparato del vecchio Pci,poi Pds,poi Ds, eccetera (c’era anche un Ulivo di mezzo?) fi­no ad arrivare ai tempi nostri del Pd. Perché tutt’altra storia? Perché quella che viene dal Partito comunista è una disciplina che fa parte-anche se oggi se ne è persa un po’ la memoria- della tecnica della presa del pote­re. Nel Dna dei comunisti europei c’è la storia della Rivoluzione russa e della presa del Palaz­zo d’Inverno. No, state tranquilli, oggi il Palaz­zo d’Inverno non c’entra, ma lo spirito della conquista con la baionetta del centro nemico da conquistare, è rimasto vivo anche se in sor­dina. Quindi ci sono brogli volgari e brogli sofisti­cati: questi ultimi sono considerati in quel­l’area come necessità illegittime, ma nobilita­te dall’idea di vittoria: se nei partiti rubano tut­ti, o molti, fra chi ruba si distinguerà chi ruba per il partito da chi ruba per le proprie tasche. L’etica è a geometria variabile e in quest’area politica è gestita secondo una tradizione mici­diale”.