“Renzi blocchi gli sbarchi o avrà fallito”, Vittorio Feltri sul Giornale

di Redazione Blitz
Pubblicato il 2 Luglio 2014 - 09:23 OLTRE 6 MESI FA
"Renzi blocchi gli sbarchi o avrà fallito", Vittorio Feltri sul Giornale

Sbarchi di migranti a Porto Empedocle (LaPresse)

ROMA – “Renzi blocchi gli sbarchi o avrà fallito” è il titolo dell’articolo a firma di Vittorio Feltri sulle pagine de Il Giornale di mercoledì 2 luglio:

Non si contano più le imbarcazioni stracariche di disperati in cui molti di essi trovano la morte, soffocati da altri corpi ammonticchiati, gettati in mare da scafisti senza pietà, sfiniti dagli stenti. E ogni volta che un battello affonda o si trasforma in trappola esiziale, si accendono discussioni acide sulle capacità italiane di soccorrere adeguatamente chi è in pericolo. Si fanno sempre gli stessi discorsi, si tirano in ballo i soliti argomenti. La Lega sostiene che i popoli affamati vanno aiutati nei luoghi di nascita e dove soffrono (come se fosse semplice farlo: con quali soldi?). I governi di sinistra hanno voluto cancellare il reato di clandestinità, evitando con cura di proporre una soluzione alternativa. I negoziati tra Italia e Libia, che ai tempi di Gheddafi prevedevano un controllo delle partenze dall’Africa, sono stati azzerati, cosicché i migranti seguitano a giungere numerosi sulle nostre coste; e noi con gli scarsi mezzi di cui disponiamo siamo obbligati ad ospitarli (inadeguatamente) dopo averli tratti in salvo.

Malta se ne infischia e non si cura di chi crepa in mare o sulle carrette – si fa per dire – galleggianti. Gli spagnoli attuano il sistema dei respingimenti violenti, le immagini dei quali sono state trasmesse dalla televisione. In sintesi. Nessuno si occupa dei poveri cristi che abbandonano l’Africa attratti dall’illusione di conquistare un mondo migliore. La stessa Europa, di cui il nostro Paese è la propaggine meridionale (la più vicina al Continente nero), dimostra una gelida insensibilità verso i poveri del Sud. E ci ordina: arrangiatevi e cercate di comportarvi umanamente nei loro confronti, altrimenti vi condanniamo. E ci condanna anche quando abbiamo agito al massimo delle nostre potenzialità.
In pratica nel Mediterraneo siamo impegnati soltanto noi nel gravoso compito di prevenire tragedie o almeno di ridurne la portata. La Ue non ci dà una mano, non ci dà un euro: scarica su di noi ogni onere ed è sempre pronta a tirarci le orecchie qualora non tutto vada per il verso giusto. Finora abbiamo bevuto centinaia di amari calici senza reagire, rassegnati a recitare il ruolo degli ultimi della classe, ai quali per giunta addossare la responsabilità di non essere all’altezza dell’emergenza.

Non siamo stati in grado di pretendere dai nostri partner nemmeno un finanziamento da utilizzarsi per realizzare le strutture necessarie ad accogliere decentemente i disgraziati provenienti dall’infelice mondo della fame e del disagio. Oltre a pagare il conto dei salvataggi (salato), dobbiamo anche sopportare il dileggio di chi verso di noi, nel Vecchio continente, usa atteggiarsi a maestro di civiltà. È una situazione a dir poco grottesca che ci vede cornuti e mazziati. Non può durare a lungo.

È arrivato il momento in cui l’Italia è chiamata a presiedere il vertice delle istituzioni europee. Sarà Matteo Renzi a sedersi sullo scranno più alto e a esercitare una serie di poteri non certo di secondo piano. Lo aspettiamo al varco non con intento minaccioso, ma col desiderio di capire se egli c’è o ci fa. Confidiamo in lui. Verificheremo se ha la personalità per imporre alla Ue di comportarsi in modo solidale, come si conviene a una comunità di Stati, con un Paese quale il nostro alle prese con il dramma dell’immigrazione selvaggia. O Renzi avrà la forza di ottenere l’appoggio di tutte le nazioni che costituiscono questa specie di Europa o questa specie di Europa chiuderà per fallimento.
È impensabile che l’Italia, in solitudine mica tanto beata, sia attrezzata a disciplinare l’invasione barbarica da parte dei miserabili della Terra. Non è materialmente possibile. E se il premier alzerà bandiera bianca, dichiarando di aver toppato, ciò vorrà dire due cose: che egli non vale niente come statista internazionale e che l’Europa vale ancor meno come agglomerato di Paesi tenuti insieme da un comune denominatore. Quale denominatore comune? Quello che non è mai esistito né mai esisterà finché i «soci» non godranno di pari dignità (…)