Renzi stravince le primarie. Ma adesso il nodo è il rapporto con il governo Gentiloni

di redazione Blitz
Pubblicato il 1 Maggio 2017 - 10:33 OLTRE 6 MESI FA
Renzi stravince le primarie. Ma adesso il nodo è il rapporto con il governo Gentiloni

Renzi stravince le primarie. Ma adesso il nodo è il rapporto con il governo Gentiloni (Foto Ansa)

ROMA – Le primarie hanno confermato Matteo Renzi alla guida del Partito democratico per i prossimi quattro anni. Ma adesso bisognerà vedere i rapporti del Pd renziano con il governo del presidente del Consiglio Paolo Gentiloni. Il rischio che corre l’Italia con un Renzi rafforzato è che destabilizzi l’esecutivo fino a portare ad una crisi. L’allarme è sottolineato da un articolo del Sole 24 Ore a firma di Emilia Patta, che scrive:

Il primo dato di queste primarie democratiche è che il temuto o auspicato flop dell’affluenza non c’èstato. (…). Certo c’è un calo rispetto ai 2.800.000 del 2013, ma è innegabile che la fase politica è diversa e che il risultato della vittoria di Matteo Renzi, dato per scontato fin dall’inizio del percorso congressuale non ha richiamato gli elettori meno impegnati.

Il secondo dato è che una percentuale di voti in favore del segretario uscente oltre il 70%, superiore anche al buon successo tra gli iscritti (66,73%), danno al nuovo mandato di Renzi una legittimazione popolare forte e indiscutibile fino al 2021, 

scrive Patta, anche se in realtà quello di Renzi non è un successo popolare tout court, bensì un successo nel partito, tra gli iscritti e i simpatizzanti del Pd che hanno votato alle primarie. Adesso la domanda è

una volta ricevuta la forte reinvestitura democratica che ha cercato fin dalla sera della sconfitta referendaria del 4 dicembre scorso (come si ricorderà Renzi avrebbe voluto indire subito il congresso anticipato per pareggiare i conti con l’allora minoranza interna), che cosa farà da domani il segretario del Pd?

Il primo nodo è il rapporto con il governo presieduto dal renziano Paolo Gentiloni e composto da quasi tutti ministri che erano già tali con il governo Renzi: è nota la convinzione dell’ex premier che la legislatura è di fatto finita il giorno del referendum costituzionale e che trascinarla dovendo per di più prendere decisioni difficili con la prossima legge di bilancio è un suicidio per il Pd. Ma lo stesso segretario sa che, una volta chiusasi la finestra per votare a giugno, le elezioni in autunno sono altamente improbabili viste le scadenze della legge di bilancio (va presentata a Bruxelles entro il 15 ottobre e approvata dal Parlamento entro fine anno). E che una collaborazione fattiva con il “suo” governo è obbligata.

La prima mossa di Renzi, come da lui stesso anticipato, sarà una proposta per risolvere la crisi di Alitalia.

Poi c’è la partita della prossima legge di bilancio, la cui trattativa è già stata avviata con Bruxelles dal ministro Pier Carlo Padoan attorno all’ipotesi di un forte taglio al cuneo fiscale sul lavoro da finanziare con una stretta sull’evasione dell’Iva. Proprio mentre Renzi sta pensando a un forte taglio dell’Irpef sulle famiglie e per incentivare il lavoro femminile da proporre per la prossima legislatura. Al di là delle divergenze sugli obiettivi, il problema riguarda la fiducia reciproca. Questo governo – si chiede e chiede Renzi – ha la sufficiente forza politica per trattare davvero con Bruxelles la flessibilità necessaria? Dal suo punto di vista è una domanda retorica. Quello che tuttavia non può permettersi il Paese, e di riflesso il Pd renziano, è una continua fibrillazione politica che finirebbe solo per indebolire il governo e rendere ancora più complicata la partita con Bruxelles. Anche perché la probabile vittoria di Emmanuel Macron alle presidenziali francesi del 7 maggio finirà per rafforzare l’asse franco-tedesco su una linea sì di riforma dell’Unione, ma sempre tenendo dritta la barra del rigore sui conti pubblici.