Roma: ospedale San Camillo, certificati facili. “Mille esonerati dal lavoro”

di redazione Blitz
Pubblicato il 19 Gennaio 2014 - 11:44 OLTRE 6 MESI FA

ambulanzaROMA – All’ospedale San Camillo, uno dei più grossi e importanti di Roma, su 4.800 dipendenti ce ne sono 912 che possono lavorare meno, poco o nulla.

Se non è questo uno scandalo è difficile dire cosa rientri nella definizione, e infatti Repubblica, che lancia la denuncia, titola “San Camillo, lo scandalo dei certificati facili. Mille esonerati dal lavoro”. L’articolo di Mauro Favale in cronaca di Roma a leggerlo dà i brividi e vampate di ira impotente. Mauro Favale attacca così:

“C’è l’addetto alla manutenzione che si deve fermare per 10 minuti ogni 45 minuti di “lavoro continuativo al videoterminale”. Ce n’è un altro, invece, che riesce a lavorare un’ora e mezzo consecutivamente prima di una pausa, per legge, di 10 minuti. In cardiologia, invece, c’è un caposala che ha un esonero «da reparti a forte impatto emotivo» e un altro che è esonerato «da compiti di assistenza che richiedono gestione di emergenze».

L’elenco è lunghissimo e, a contare tutte le esenzioni, si arriva a 912. Tanti sono i dipendenti dell’ospedale San Camillo, […] ad avere limitazioni e minori aggravi nelle loro mansioni sul lavoro. […] 606 sono gli “idonei con limitazione” e 306 gli “inidonei per rischi non attuali”, per problemi pregressi che si trascinano da anni”.

“Troppi, secondo la Regione Lazio che ha portato il caso fino al tavolo col governo e col ministero delle Finanze, facendo presente che il personale complessivo del San Camillo conta 4.800 persone e, con queste cifre, 1 su 5, il 20%, ha un certificato che lo esenta da determinati lavori. Altrove, la media per queste situazioni arriva a malapena al 10%, esattamente la metà”.

Quest’ultima considerazione rassegnata dà un’idea di come stanno le cose in Italia e certamente nella sua Capitale. Se poi le cose non funzionano negli ospedali pubblici non vi lamentate, questo non è uno Stato sociale, è uno Stato assistenziale. I dettagli del San Camillo sono impressionanti. Spiega Mauro Favale:

“Tutti lavorano e percepiscono il loro stipendio con specifici esoneri. Come un infermiere a pneumologia che è esentato sia dal lavoro notturno sia dalla «movimentazione manuale di pazienti non autosufficienti in assenza di mezzi di ausilio o la coadiuvazione di un collega». Oppure come quell’altro infermiere in angiologia che ha una doppia e permanente inidoneità: «Esonero dalla prolungata stazione eretta e da mansioni che comportino prolungata deambulazione» e «esonero da mansioni ad alto rischio di movimentazione dei carichi: movimentazione abituale e ripetuta di pazienti non autosufficienti ». La maggior parte delle richieste riguardano proprio l’impossibilità a sollevare carichi o a svolgere il lavoro notturno. […] “Nella guerra ai “furbetti in corsia”, dunque, la Regione ha deciso di stilare un protocollo con l’Inps piuttosto che rivolgersi alla Asl territoriale, la Roma D che in passato ha emesso i certificati che attestano gli esoneri”.

Anna Rita Cillis, sempre per Repubblica, ha intervistato Aldo Morrone, direttore generale dell’ospedale, che conferma:

“Al San Camillo abbiamo 606 dipendenti, in gran parte del ruolo sanitario, con gravi limitazioni soprattutto legate all’esonero dal lavoro notturno, dal rapporto con pazienti non autosufficienti e dall’impossibilità di sollevare pesi, su un totale di 3266 lavoratori del ruolo sanitario: per noi si tratta di un problema grave visto che l’ospedale ha un’operatività H24. Poi ci sono altri 306 che non possono svolgere alcune funzioni. A molti abbiamo trovato una collocazione in altri settori. Ma il 90% ha un ruolo in ambito sanitario, ed è una situazione difficile di cui più volte abbiamo parlato in Regione: il San Camillo aveva nel 2010 5.090 lavoratori, oggi sono 4.121, quasi mille in meno mai sostituiti per il blocco del turnover. La situazione è grave”.

Domanda spontanea: lei ha una soluzione?

“Si potrebbe procedere a una mobilità di questi lavoratori prima volontaria e solo dopo d’ufficio verso le aziende territoriali di residenza. Diverse misure, poi, potrebbero essere adottate per acquisire nuove risorse, pur nell’attuale situazione di blocco del tun-over come la legge 189/2012 e la148/2011, per trasformare il costo delle prestazioni aggiuntive e degli straordinari in numero di posti equivalenti in deroga al blocco del turn-over. E bisognerebbe ridisegnare un piano regolatore socio-sanitario. Ad esempio spostando 600 persone su 912 il risparmio sarebbe di 35 milioni. Però ci tengo a dire che molti infermieri e medici lavorano nonostante le malattie di cui soffrono per passione”.