Roma. Politica e malaffare. Né Marino né Zingaretti sembrano scalfiti, anche se i giornali…

di Redazione Blitz
Pubblicato il 4 Dicembre 2014 - 12:57 OLTRE 6 MESI FA
Nicola Zingaretti

Nicola Zingaretti

ROMA – Mentre il Movimento 5 stelle chiede di “sciogliere il Comune di Roma per mafia”, Giovanna Vitale su Repubblica estende l’inchiesta alla campagna elettorale del sindaco attuale Ignazio Marino e sul Corriere della Sera Alessandro Capponi e Rinaldo Frignani avvertono che “anche la Regione è nel mirino” degli investigatori. Sotto sotto si leggono gli alti e bassi della guerra nemmeno tanto nascosta tra Nicola Zingaretti e Ignazio Marino, col sospetto in molti osservatori che la poltrona di Sindaco di Roma sia più appetibile di quella di Presidente del Lazio.

L’impressione è però che sia Ignazio Marino sia Nicola Zingaretti siano o tanto Forrest Gump o tanto santi da risultare impermeabili alla corruzione e al malaffare. Intorno a loro, nel loro stesso partito, il Pd, la musica è un po’ diversa.

Alessandro Capponi e Rinaldo Frignani, scrivono: “L’inchiesta, ovviamente, in queste ore sta esaminando tutto il mondo politico, e i rapporti tra il sodalizio criminale di Massimo Carminati e le istituzioni, inclusa la Regione (dove siedono i consiglieri indagati Luca Gramazio, Pdl, ed Eugenio Patané, Pd).  In merito alle riunioni ed «elaborazioni strategiche del gruppo criminale in tema di appalti pubblici», nell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Roma Flavia Costantini, viene citata, così si legge nelle carte, «una non meglio precisata gara da 60 milioni». Buzzi, poi, dice di avere «un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti» e di pagarlo «2.500 euro al mese».

Il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, ribatte: «Se avevano bisogno di qualcuno per avere contatti con me, è perché forse sapevano che con me non potevano averli. Ma non ho mai avuto una percezione di questo tipo e quindi ben venga l’indagine per chiarire se ci sono responsabilità». Da Bruxelles, Zingaretti dice anche che «stiamo facendo di tutto perché l’istituzione sia trasparente e pulita. Quindi non solo cento occhi aperti, ma centomila occhi, orecchie, e massima vigilanza e intransigenza nei confronti di questi rischi, perché su queste cose non si scherza.  Ringraziamo la magistratura. Contro tutto questo dobbiamo fare una battaglia per la legalità con più trasparenza ed una mobilitazione che rifiuti la cultura del ricatto così come è emersa»”.

Per il momento al centro dell’uragano giudiziario e politico c’è soprattutto il Comune di Roma. Riferiscono Alessandro Capponi e Rinaldo Frignani: “La richiesta della delegazione di parlamentari e consiglieri comunali è arrivata al prefetto della città, Giuseppe Pecoraro, nel primo pomeriggio. In mattinata, lo stesso Pecoraro era stato a colloquio con il capo della Procura, Giuseppe Pignatone”. Il prefetto, ha passato le ultime ore a studiare l’ordinanza di Mondo di Mezzo: “Presto incontrerò il ministro Angelino Alfano [e intanto sta] leggendo le carte dell’inchiesta, e la procedura prevede che io mi confronti con il ministro dell’Interno, il quale potrebbe poi portare la questione al Consiglio dei ministri per l’eventuale scioglimento del Comune”. Il rischio, adesso, è reale, scrivono Alessandro Capponi e Rinaldo Frignani: “Perché se è vero, come dice Pecoraro, che questo provvedimento si prende «solo di fronte a fatti gravissimi», è anche vero che «l’inchiesta prende in considerazione precedenti amministrazioni e quella attuale, con il presidente del Consiglio comunale, un assessore, il responsabile della Trasparenza…». “Al termine dell’incontro con il prefetto il capogruppo alla Camera del M5S, Andrea Cecconi, pare non escludere quella che, ai più, oggi, sembra un’ipotesi difficilmente realizzabile: «Il Prefetto ha bisogno di valutare insieme al governo. Quindi non è corretto dire che andrà nella direzione dello scioglimento ma sa benissimo che la situazione è molto grave e che potrebbero esserci i presupposti. E, se ci sono, ha detto che non si tirerà indietro».  Gli interrogatori vanno avanti: l’unico a parlare con i magistrati è stato Franco Panzironi, che ha negato tutto”.

Su Repubblica, Giovanna Vitale, antemarcia fra quanti non hanno creduto al mito di Ignazio Marino ma anche un po’ troppo allineata sulla agiografia di san Nicola Zingaretti, scrive:

“Non solo i finanziamenti a Gianni Alemanno, sindaco uscente a caccia del bis e perciò propenso ad accettare le elargizioni della Cupola. In quella tarda primavera del 2013, vigilia elettorale, il sodalizio criminale guidato dal Nero e dal Rosso, l’ex Nar Massimo Carminati e il “compagno” Salvatore Buzzi, aveva pensato bene di “coprirsi” pure con lo sfidante, sovvenzionandone la campagna elettorale.
Dal rendiconto sulle spese e i contributi ricevuti in campagna elettorale — depositato per legge in Campidoglio, alla Corte dei Conti e presso la corte d’Appello di Roma — il candidato Ignazio Roberto Maria Marino risulta aver preso soldi dalle coop guidate dall’ex detenuto che volle farsi imprenditore. Due i versamenti intestati al candidato sindaco del centrosinistra a ridosso delle elezioni: uno da 10mila euro effettuato dalla “29 giugno”, un altro da 20mila bonificato dal “Consorzio Eriches 29”. Tutti soldi provenienti dalle tasche di Buzzi, dunque”.

Una settimana prima del voto, riferisce Giovanna Vitale, Buzzi, parlando al telefono con Carminati teorizzava:

«Tu devi essere bravo perché la cooperativa campa di politica, perché il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, cene, manifesti. Lunedì c’ho una cena da ventimila euro, pensa… Questo è il momento che paghi di più perché stanno le comunali, poi per cinque anni… Noi spendiamo un sacco di soldi sul Comune».

Il problema per la banda, nota Giovanna Vitale, “è che avvicinare Ignazio Marino non è facile, l’unico contatto concreto è il suo capo segreteria Mattia Stella, «che dobbiamo valorizzare e legà di più a noi», dice non a caso Buzzi. Arrivando addirittura a vagheggiare un’imboscata del Pdl sulla manovra di Bilancio per farlo cadere.  Ma il “destro” Carminati lo riporta alla realtà: «No, loro stanno facendo un’operazione direttamente con Zingaretti per sistemarsi Berti (avvocato nominato da Alemanno nel cda di Ama, ndr), questi qua, pe sistemasse… perché de Zingaretti se fidano, de Marino non se fida nessuno»”.