“Saccomanni vuole vendere Banca d’Italia alla Merkel”, Francesco Forte sul Giornale
Pubblicato il 8 Dicembre 2013 - 10:28 OLTRE 6 MESI FA
ROMA – Con un decreto il governo Letta apre all’ingresso di soci europei e obbliga le banche italiane a cedere parte delle quote. Coi tedeschi pronti a comprare.
Scrive Francesco Forte, economista, ex ministro, ex vice presidete dell’Eni sul Giornale:
Stiamo svendendo la Banca d’Italia alla Germania? Stiamo quindi svendendo a Berlino la nostra riserva aurea di 92 miliardi di euro e 66 miliardi di valute pregiate e la nostra quota del 18% nella Banca Centrale Europea, quella del 3,24% nel Fondo Monetario e il controllo sui 145 miliardi di euro di circolazione monetaria in Italia? Il drammatico interrogativo si pone leggendo nella Gazzetta Ufficiale del 30 novembre 2013 n. 133, il titolo II, riguardante la Banca d’Italia che la autorizza ad aumentare il proprio capitale a 7,5 miliardi e dispone anche che nessuno dei suoi azionisti può avere più del 5% del capitale sociale. Gli azionisti possono essere banche e assicurazioni non solo italiane ma anche estere, se hanno sede legale e amministrazione centrale in uno Stato dell’Unione Europea.
Il passaggio di Banca d’Italia al controllo estero, con queste norme, non è una ipotesi irreale. Infatti, in base alla regola del 5%, il 43,8%
delle quote attuali di banche italiane dovrà essere venduto. Intesa San Paolo dovrà cedere il 25,3%, Unicredit il 17,3% e la Cassa di Bologna l’1,2%. Totale 43,8%. Inoltre ci sono già tre soggetti finanziari esteri che possiedono quote di Banca d’Italia. Due, ossia Bnl posseduta da Bnp-Paribas e Allianz, non hanno la sede e l’amministrazione centrale in Italia ma in Francia e Germania. Assicurazioni Generali, pur avendo sede e direzione centrale in Italia, non ha una maggioranza di controllo interamente italiana. Bnl ha il 2,8%, Allianz l’1,3 e Generali il 6,3. In totale soggetti esteri di diritto o di fatto già hanno il 10,4% del capitale di Bankitalia. Sommato al 43,8 di soggetti italiani, che va ceduto, fa il 54,2% (…)
C’è un’altra obiezione:il decreto legge consente agli attuali detentori di quote di Bankitalia in eccesso al 5% di tenerle nel proprio patrimonio in parcheggio, senza diritto di voto e senza utili. Una tale partecipazione è accettata dal collegio sindacale di una banca o di un’assicurazione solo in attesa di vendita a un prezzo soddisfacente. Diversamente si tratta di un cespite che è scorretto mantenere, avendo ogni società per azioni, come fine, il profitto. E ciò soprattutto quando si stia discutendo di riserve patrimoniali obbligatorie.
Con una maggioranza estera della Banca d’Italia avremmo le mani e i piedi legati entro l’euro perché non conteremmo più nulla in sede Bce e in sede di istituzioni bancarie, come l’Unione bancaria europea, sorvegliata dalla Bce. Non potremmo uscire dall’euro, se lo volessimo, perché le nostre riserve auree valutarie sarebbero nel controllo di banche estere che potrebbero rifiutare di emettere euro-lire, garantite da tali riserve.
Perché mai il ministro dell’Economia Saccomanni ha fatto una norma che crea gravosi rischi di perdita di autonomia alla nostra economia? Pare che il ministro sia a Berlino per una riunione riservata col presidente della Bundesbank e il ministro tedesco dell’Economia Schaueble, in cui potrebbe esser discussa l’Unione bancaria europea. Di ciò però si sa ben poco (…)